Roma, sabato scorso. Sono in taxi, di corsa, rischio di perdere il treno. Tra Valle Giulia e il parco di Villa Borghese, qualcuno sta pulendo i prati. Sacchi di cartacce, sacchetti, barattoli già raccolti, allineati a bordo della strada. Dove hanno già lavorato, i prati sono così lisci e puliti che perfino i pini sorridono, increduli e commossi. Da decenni non vedevano una cura simile. Chiedo al tassista di rallentare, per favore, per vedere meglio. Quasi non ci credo: non sono operatori ecologici del Comune. No, sono ragazzi dai volti belli e dallo sguardo limpido. Chiedo al taxista di fermarsi: «Ma, signora, perde il treno!». «Grazie, pazienza, ma questo è più importante! M’è passata la fretta! Prenderò il treno dopo…». «Buongiorno, chi siete?». «Siamo di Retake Roma», mi dicono. «Siamo un’associazione di volontari, che credono nel fare in prima persona, per cambiare le cose. Cominciando dalle cose semplici e anche umili: pulire lo sporco lasciato dagli altri». Quasi non ci credo: «Bravi! Grazie! Grazie di cuore». Lo dico con un tale entusiasmo che mi sorridono sorpresi e felici, lo sguardo che brilla.
Bello se qualcuno si accorge di quello che fai. Bello se si ferma e sofferma, lo apprezza e magari ti dice anche un grazie sincero. Ripartiamo e anche il taxista si è appassionato. «Se Roma è ridotta così, è colpa nostra, signora, della nostra generazione. Questi ragazzi ci stanno dando ‘na bella lezione», aggiunge serio. «Coi fatti, non con le chiacchiere come ‘sti sciagurati de politici che c’abbiamo qua. E quelli de prima uguali». Ai semafori, anche il taxista cerca Retake sul cellulare. «Ma è ‘na roba seria! Stanno già in quaranta città, c’è scritto». Scopriamo che Retake Roma è “un movimento spontaneo di cittadini, no-profit e apartitico, impegnato nella lotta contro il degrado, nella valorizzazione dei beni pubblici e nella diffusione del senso civico sul territorio. Promuovono il decoro urbano, l’orgoglio civico, il volontariato, l’educazione e l’arte legittima”.
Che meraviglia, un sogno che si sta già realizzando. La parte più sana e vitale di questo Paese che si rimbocca le maniche e si dà da fare, e lavora gratuitamente – senza assegni di cittadinanza – partendo dalle piccole cose: ripulire, lottare insieme contro il degrado, sentirsi utili alla comunità in cui si vive, ogni giorno, concretamente. Ma allora c’è speranza! Alla stazione, il taxista mi dà il trolley e mi tende la mano. «Grazie signora, questa corsa ne vale cento. Mi ha fatto vedere er core bono de Roma. Non mi ero accorto mai, prima, che c’erano. Non ce speravo più». E’ commosso. Un ultimo sguardo intenso. Mai perdere un treno mi ha dato più gusto. Sono proprio contenta. E’ una bellissima giornata di marzo. Questa ventata di impegno concreto, vedere questi ragazzi pulire sul serio, con le proprie mani, metro dopo metro, i prati coperti di inveterata lordura mi ha dato un’impennata di buonumore e di energia.
«Nulla è più profondo di ciò che appare superficiale», diceva il filosofo Georg Hegel. Se questo fare con le proprie mani, se questo prendersi cura della Terra nella realtà, e non nelle dichiarazioni d’intenti, cresce, se raggiunge il punto critico e dilaga, allora possiamo sperare nel bene. Sì, il punto critico. Quel punto misterioso, così ben descritto da Malcolm Gladwell nel suo “The tipping point: how little things can make a big difference”, Little Brown Publishing, 2000)” (Il punto critico, come le piccole cose possono fare una grande differenza, Mondadori) in cui piccole persone – si veda la piccola Greta Thunberg – e piccoli gesti come questo di Retake possono cambiare il mondo.
E se cominciassimo anche noi adulti e anziani a pulire in prima persona, metro dopo metro, il Paese in cui viviamo? Tutta salute per corpo e mente. Tutta vita reale, fatica e sudore, e soddisfazione concreta del fare, con un prima e un dopo, nettamente demarcati, chiari per la vista e per l’umore. Chiarissimi per maturare un’idea di sé positiva, pragmatica, che sa agire e cambiare le cose, passo dopo passo, nel mondo vero e visibile, e non quello virtuale. «Questa generazione non ha passioni», si diceva generalizzando. I cortei per il pianeta della settimana scorsa, e, ancor più, questa assunzione concreta di responsabilità dimostrano che ci sono giovani capaci di appassionarsi, di credere, di unirsi per cambiare l’orizzonte quotidiano. E anche adulti di ogni età, ho poi visto, uniti dalla voglia di condividere un progetto di grande respiro etico: far ripartire il senso civico. Il Dio delle piccole cose sorride, felice.
Bello se qualcuno si accorge di quello che fai. Bello se si ferma e sofferma, lo apprezza e magari ti dice anche un grazie sincero. Ripartiamo e anche il taxista si è appassionato. «Se Roma è ridotta così, è colpa nostra, signora, della nostra generazione. Questi ragazzi ci stanno dando ‘na bella lezione», aggiunge serio. «Coi fatti, non con le chiacchiere come ‘sti sciagurati de politici che c’abbiamo qua. E quelli de prima uguali». Ai semafori, anche il taxista cerca Retake sul cellulare. «Ma è ‘na roba seria! Stanno già in quaranta città, c’è scritto». Scopriamo che Retake Roma è “un movimento spontaneo di cittadini, no-profit e apartitico, impegnato nella lotta contro il degrado, nella valorizzazione dei beni pubblici e nella diffusione del senso civico sul territorio. Promuovono il decoro urbano, l’orgoglio civico, il volontariato, l’educazione e l’arte legittima”.
Che meraviglia, un sogno che si sta già realizzando. La parte più sana e vitale di questo Paese che si rimbocca le maniche e si dà da fare, e lavora gratuitamente – senza assegni di cittadinanza – partendo dalle piccole cose: ripulire, lottare insieme contro il degrado, sentirsi utili alla comunità in cui si vive, ogni giorno, concretamente. Ma allora c’è speranza! Alla stazione, il taxista mi dà il trolley e mi tende la mano. «Grazie signora, questa corsa ne vale cento. Mi ha fatto vedere er core bono de Roma. Non mi ero accorto mai, prima, che c’erano. Non ce speravo più». E’ commosso. Un ultimo sguardo intenso. Mai perdere un treno mi ha dato più gusto. Sono proprio contenta. E’ una bellissima giornata di marzo. Questa ventata di impegno concreto, vedere questi ragazzi pulire sul serio, con le proprie mani, metro dopo metro, i prati coperti di inveterata lordura mi ha dato un’impennata di buonumore e di energia.
«Nulla è più profondo di ciò che appare superficiale», diceva il filosofo Georg Hegel. Se questo fare con le proprie mani, se questo prendersi cura della Terra nella realtà, e non nelle dichiarazioni d’intenti, cresce, se raggiunge il punto critico e dilaga, allora possiamo sperare nel bene. Sì, il punto critico. Quel punto misterioso, così ben descritto da Malcolm Gladwell nel suo “The tipping point: how little things can make a big difference”, Little Brown Publishing, 2000)” (Il punto critico, come le piccole cose possono fare una grande differenza, Mondadori) in cui piccole persone – si veda la piccola Greta Thunberg – e piccoli gesti come questo di Retake possono cambiare il mondo.
E se cominciassimo anche noi adulti e anziani a pulire in prima persona, metro dopo metro, il Paese in cui viviamo? Tutta salute per corpo e mente. Tutta vita reale, fatica e sudore, e soddisfazione concreta del fare, con un prima e un dopo, nettamente demarcati, chiari per la vista e per l’umore. Chiarissimi per maturare un’idea di sé positiva, pragmatica, che sa agire e cambiare le cose, passo dopo passo, nel mondo vero e visibile, e non quello virtuale. «Questa generazione non ha passioni», si diceva generalizzando. I cortei per il pianeta della settimana scorsa, e, ancor più, questa assunzione concreta di responsabilità dimostrano che ci sono giovani capaci di appassionarsi, di credere, di unirsi per cambiare l’orizzonte quotidiano. E anche adulti di ogni età, ho poi visto, uniti dalla voglia di condividere un progetto di grande respiro etico: far ripartire il senso civico. Il Dio delle piccole cose sorride, felice.
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