In una persona normale, senza specifiche patologie, il tono muscolare dipende dall’attività fisica, dall’impegno, dalla passione e dalla costanza personali. Tutti i bambini dovrebbero praticare almeno un’attività fisica amata. La scuola dovrebbe essere in prima linea per promuoverla, per avvicinare allo sport quel numero enorme di bambini che per condizioni familiari non potrebbero farlo. I fattori più forti nel predire che un bambino faccia sport sono infatti il reddito e il livello di scolarità dei genitori: più sono alti più i bambini possono sperimentare più sport e attività. Questo aumenta la probabilità che crescano alti, dritti, ben formati e con posture appropriate, fattori che condizionano il linguaggio non verbale, le dinamiche sociali e il “rango” di leader, di gregario o di emarginato che abbiamo in un gruppo, a parità di titolo di studio. In più, bambini e adolescenti fisicamente attivi hanno molti più stimoli fisici e mentali, più disciplina interiore, e orizzonti di vita più ampi e variati, rispetto ai bambini che non praticano sport e stanno a ingolfarsi di tv, social e cibo spazzatura, narcotizzando il cervello e sviluppando corpi tristi che li emargineranno dal gioco della vita. Perché obesi, perché lenti, perché soli e isolati, perché goffi, perché tristi se non francamente depressi. Esposti a una “crescita naturale” informe, che è l’opposto della “concerted cultivation”, educazione ricca di stimoli che va di pari passo con estrazione familiare, reddito e cultura, ci piaccia o no.
Ministri dello sport, della salute, dell’istruzione e Coni (che fa magnifiche dichiarazioni d’impegno) dovrebbero porre in prima linea la possibilità di sport gratuito per tutti i bambini e gli adolescenti italiani e immigrati, in un progetto di salute integrato attento ai fondamentali della gioia di vivere e della crescita responsabile. Riusciranno a collaborare in un progetto concreto che diventi realtà capillare? La maggiore età vede poi il crollo dell’attività sportiva fra coloro che la praticavano, soprattutto nelle giovani donne, con una forbice che si accentua con l’età. Perché è sulle donne che pesa di più il carico familiare, in aggiunta all’impiego. Dopo i cinquanta le abitudini sedentarie diventano per molti/e una trappola fatale. «The chains of habits are too weak to be felt, until they’re too strong to be broken», recita un detto inglese. E’ vero: le catene delle abitudini ci inchiodano a un quotidiano confinato a spazi fisici e mentali ristretti e monotoni, che asfissiano la capacità di pensare e di vivere con pienezza di energia e di gioia. Non bastano i farmaci, ci vuole impegno personale! Dico sempre alle mie pazienti: «Signora, le dò tutti gli ingredienti per la torta che si chiama osso-muscolo. Ma se lei non li impasta tutti i giorni con la giusta attività fisica, finiscono nel cestino della spazzatura!». Impegnarsi in un’attività fisica quotidiana e variata aumenta la gioia di vivere e di invecchiare in “autonomia, dignità e grazia”, come diceva mia mamma. Realizza un progetto di salute che ci rende allegri e leggeri. Ed è un grande atto d’amore verso figli e nipoti, alleggeriti di un faticoso carico di assistenza e di responsabilità, per decenni a venire.
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