Continua Monnier: “Passata la crisi, le persone che nel momento dell’anarchia e della rottura erano pronte a cambiamenti inauditi, non solo non ne accettano più alcuno, ma difendono con le unghie o a colpi di cannone ogni millimetro di terreno, ogni privilegio. Fate attenzione alla crisi, non sprecatela. E’ il vostro tesoro. E’ la vostra possibilità. Non sprecatela”.
La ricerca del piacere a tutti i costi, che è la cifra di riferimento di questo nostro tempo occidentale, fa rifuggire dalle crisi che vengono zittite, narcotizzate, affondate, con alcol, cocaina, marijuana, con il denaro vissuto come droga onnipotente, o con il sesso ossessivo, quasi una bulimia sessuale. Spaventati alla sola idea di essere in crisi, non solo ne fuggiamo personalmente, ma tendiamo anche a iperproteggere i nostri figli durante le inevitabili ed essenziali crisi di crescita dei diversi momenti di passaggio. Senza crisi non si matura, non ci si mette alla prova, non si scoprono e non si affinano le nostre qualità migliori, il coraggio, in primis. Coraggio che è forza d’animo, capacità di mettersi in discussione fino in fondo, di fare un’autocritica davvero attenta a errori e responsabilità personali. Capacità anche di ripensarsi fuori dagli schemi. Di combattere e impegnarsi e (ri)credere nella vita, se la crisi è accesa da una malattia, ma anche da un’ingiustizia. Di appassionarsi a un progetto, a un sogno in un cassetto, con la voglia di ripartire, dopo avere rivoluzionato la propria esistenza, sia essa professionale, affettiva, logistica. Quello che tempra, nella crisi, è la capacità di affrontarla con costanza. Accettando anche lunghi periodi in cui tutto sembra nero, in cui tutto sembra crollare intorno, in cui le certezze di ieri diventano le insidie di oggi, in cui gli amici di ieri diventano estranei, se non nemici. In cui ciò che fino a ieri sembrava importante si azzera, e ciò che davamo per scontato, per esempio la salute, o la certezza professionale, o la tranquillità familiare, si perde in un giorno.
“La crisi ci spoglia, ci fa andare a fondo, abbatte le immagini manufatte e idealizzate di noi [... ]. La crisi è sempre una crisi d’identità” aggiunge Luciano Manicardi nel libro sopra citato, da meditare per profondità di riflessioni e capacità di incoraggiare una rilettura fruttuosa del dolore che in vario modo penetra nella nostra vita.
La crisi è un’iniziazione, un incipit, un’opportunità di trasformare la propria esistenza, di risintonizzarla ad un livello più alto, per vibrazioni, per audacia, anche, e per intelligenza, nel senso antico di capacità di leggere dentro le cose e le situazioni. Bisogna entrarci a testa alta, nella crisi, senza pensieri di autocompatimento, senza perdita di energia nel tormentone “Perché proprio a me?”, senza voltarsi indietro. Accettando di avere notti senza luna e senza sonno, inquietudini, solitudini, smarrimenti. Eppure è solo con forza interiore e coraggio che è possibile fare della crisi il vero momento di svolta, di lancio, di (ri)qualifica della propria vita.
Ascoltando tante pazienti che hanno attraversato crisi profonde, nella salute, negli affetti e nel lavoro, ho visto nelle crisi più dolorose, nelle malattie più minacciose, i fattori più potenti che hanno formato il carattere delle più giovani, accresciuto la forza e l’energia vitale nelle donne dell’età di mezzo, e nelle più anziane (ri)acceso il gusto di assaporare ogni dettaglio, ogni piccola gioia. Il che è un modo saggio di vivere appassionatamente. “Mi sono fratturata cinque volte in due anni, per questa osteoporosi gravissima. Mi sono vista morire. Perdere la mia autonomia, essere dipendente, io che ero una donna sempre attiva, mi ha precipitato nella depressione, mi ha fatto sentire sull’orlo dell’ultimo baratro. Poi, una mattina, il settembre scorso, ho visto raccogliere l’uva nei vigneti dietro la mia casa. Qualcuno cantava, come si usava tanti anni fa. Mi sono venute le lacrime e un’emozione forte dentro al cuore. Una nostalgia di vita, ancora. Una sferzata. Ho ritrovato la donna forte che ero e che avevo perduto. Mi sono detta: la vita è troppo bella per lasciarla ora! E il mio autunno è ancora lungo. Ho cercato un medico che credesse nella riabilitazione, ho ricominciato un programma intenso di fisioterapia, ho fatto le cure in modo perfetto. In tre mesi mi sono rimessa in piedi. Adesso posso anche correre dietro al tram. A quasi ottant’anni, e con tutto quello che ho passato, questa per me è la felicità”.