Questa osservazione di Arthur Negus, a fine Ottocento, ha ispirato un ricercatore tra i più innovativi del Novecento, Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra francese. «Perché le uccelline canterine cinguettano mentre covano?», si è chiesto. Che informazioni danno ai loro piccoli? Che cosa si perde se manca questo prezioso “imprinting” prenatale? E che cosa succede fra la mamma e il suo bambino in utero? Che cosa sente il bambino? Quanto sente? A che cosa gli serve sentire, quando è ancora dentro il suo piccolo paradiso? Quesiti preziosi per capire meglio il ruolo della musica sia nella crescita dei bambini, sia in tutta la nostra vita.
L’orecchio ha tre funzioni: energetica, perché attraverso il suono si attivano miliardi di neuroni che risvegliano tutta la corteccia cerebrale: ecco perché leggere a voce alta, cantare e suonare sono potenti attivatori del cervello a tutte le età; uditiva, che decodifica i suoni ma anche la loro tonalità emozionale; equilibrante, attraverso i nuclei vestibolari, che regolano la statica e la cinetica del corpo. Il feto in utero ascolta. Fin dal quinto mese sente rumori, suoni e voci lontane, ovattate dalla parete uterina e dal liquido amniotico. Ascolta. E il suo cervello apprende. Impara i fondamenti della musica delle parole, la “prosodia” del linguaggio: l’intonazione, il ritmo, la durata e l’accento. Il feto viene già coccolato in utero, se gli giungono suoni dolci, parole dette con tono gentile, musica classica, o moderna ma a volumi contenuti. Viene stressato se in famiglia si urla, si insulta, si impreca. Lo stress che arriva al bambino è allora doppio: gli arriva direttamente, attraverso le vibrazioni negative delle voci irate, e indirettamente, dallo stress della mamma. L’aumento di adrenalina e cortisolo fa contrarre la parete dell’utero, riduce il flusso sanguigno. Il battito accelerato del cuore della mamma stressa il bambino, che si calma invece al battito lento e tranquillo del cuore di lei, quando è serena. I bambini piccoli amano stare in braccio non solo per il profumo di mamma e per l’effetto delle braccia avvolgenti che ridanno loro il senso di protezione che davano le pareti dell’utero, ma perché si tranquillizzano nell’ascolto dei battiti quieti del cuore.
I sensi che maturano per primi in utero sono il tatto e l’udito: una prima implicazione pratica per tutti noi è che il bimbo è già presenza viva, che ascolta e crea i primi legami d’amore con la propria famiglia attraverso i suoni, le voci, la musica che gli arriva. I bambini figli di musicisti hanno una prima scuola straordinaria quando sono ancora in utero, sentendo la mamma o il papà suonare. In parallelo, è quello che succede agli uccellini ancora nell’uovo quando la mamma canterina cinguetta e canta. L’epigenetica è proprio la modificazione della genetica attraverso influssi ambientali, fra cui musica e voci sono essenziali. Subito dopo la nascita, leggere fiabe a voce alta, con la voce lenta, bassa e profonda, crea un bagno di dolci parole che plasma e allena il cervello del piccolo in molte aree dell’intelligenza e della creatività. «Ma non capisce niente», si dice. Errore! Il bambino apprende le emozioni con cui vestiamo le nostre parole, la tenerezza nella lettura, la musica delle frasi, la pronuncia corretta delle sillabe, le intonazioni. Apprende le note con cui poi imparare a esprimersi sempre meglio. Benissimo le ninnenanne, canticchiate sottovoce; cantare canzoncine alla scuola materna e poi all’asilo, cantare a scuola. Benissimo imparare a suonare uno strumento, attività purtroppo trascurata in Italia, e a cui dovremmo tornare. Per valorizzare le potenzialità di gioia che la musica e il canto possono darci fin da piccini: tanto prima, tanto meglio. Preziosi per formare meglio il carattere, per ottimizzare la capacità di attenzione e apprendimento ed educare al controllo degli impulsi.
Vi ispirerà leggere “Udite, udite!” di Gian Carlo Di Renzo e Manuela Marchi (Franco Angeli Edizioni): testo affascinante, per ripensare il nostro rapporto con la musica e i suoni. Sentire col cuore e con la mente, per far crescere l’anima: questo è un altro regalo della musica. Il sentire dello spirito.
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