In compenso, i maschi adolescenti hanno già passato davanti ai videogame 15.000 ore, contro le 5.000 passate in media dalle ragazze, che nella vita reale fanno più sport e più attività ricreative, rispetto ai coetanei sempre più chiusi in casa a vivere sul fronte virtuale.
Il corpo viene negato e/o intossicato da alcol e droghe, perdendo il valore formativo straordinario del gioco attivo nella vita reale e dello sport condiviso. Maschi “barboncini”, li definiscono in USA. Sono adolescenti in crisi anche sul fronte della sessualità: a furia di vivere il sesso sul fronte pornografico virtuale, non sanno più nemmeno l’abc del corteggiamento, della seduzione, dell’arte di amare e di condividere il gusto e il piacere di scoprire un’intimità fisica progressiva ed esaltante.
«Se un ragazzo guarda in media due ore di sesso hard alla settimana, avrà visto circa 1400 video porno prima di sperimentare lui stesso il sesso nella vita reale», continua Zimbardo. Quale immagine di maschio e di rapporto tra i sessi ha interiorizzato questo ragazzo? Quale ideale dell’Io ha in testa? Come si pone nei confronti del corteggiamento e dell’intimità reale? Analfabeti in amore, così come sul fronte linguistico, questi ragazzi finiscono per avere paura dell’intimità, vittime di un’ansia divorante. Nella fascia tra i1 6 e i 19 anni, un ragazzo su tre non mostra alcun interesse per il sesso: il triplo rispetto a dieci anni fa, secondo un’altra indagine condotta in Giappone.
Fallimento scolastico, analfabetismo emotivo, sociale ed erotico scatenano frustrazione, disistima, perdita di fiducia, apatia, fino a una vera depressione, con due risvolti espressivi. Da un alto l’emarginazione dal gruppo, con ruoli di gregari e poi di perdenti, tristi, frustrati, chiusi in casa con l’identità del fallito sociale. Dall’altro l’esaltazione violenta, in cui sentirsi forti e maschi solo perché aggressivi e bulli. In comune, il fallimento esistenziale come destino.
Tra le cause, la mancanza di un rapporto vero col padre. In media, negli Usa un figlio maschio trascorre col padre, faccia a faccia, una misera mezz’ora ogni 44 ore (!) passate davanti a uno schermo. Sul fronte affettivo, emotivo e cognitivo, l’identità di un bambino si costruisce con due modalità: identificazione con il genitore del proprio sesso e complementazione con quello del sesso opposto. Oggi a casa e a scuola dominano i codici femminili, perché le mamme sono sempre più presenti dei papà e perché l’educazione scolastica è in mano quasi esclusivamente a insegnanti femmine. I ragazzi hanno sempre meno possibilità di identificarsi in una figura maschile da amare, da imitare, con cui confrontarsi e apprendere l’arte di vivere da maschio variamente realizzato.
Per prevenire e rimediare è indispensabile che i padri trascorrano più tempo con i piccoli maschi di famiglia. Giocare, fare i compiti insieme, condividere sport attivi o altre passioni, dai viaggi alla musica, dal cinema al giardinaggio, sono l’abc dell’alfabeto della vita imparato attraverso (anche) un codice sensoriale, comunicativo, culturale ed emotivo/affettivo di tipo maschile. Al di fuori della famiglia, sempre più sgretolata e femminilizzata, è indispensabile avere più insegnanti maschi. Ci salvano gli allenatori: è essenziale incoraggiare i figli a fare sport, possibilmente di gruppo, per apprendere codici di identità e di comportamento maschili, insieme con il rispetto delle regole, mentre si sperimenta il piacere e il gusto di vivere che il proprio corpo può dare nella vita reale. Rivalorizziamo il sapere e l’importanza di studiare e apprendere: invece di aggredire sempre gli insegnanti, preoccupiamoci di dare ai figli il gusto di imparare e conversare argomentando in modo persuasivo.
Due milioni di adolescenti italiani, in maggioranza maschi, che non studiano e non lavorano, disoccupati e inoccupabili, impongono un’autocritica trasversale sul fallimento educativo che sta aprendo voragini sul futuro (maschile!) di questo Paese.
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