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Passione, competenza, carisma: i tre requisiti perché l'insegnare sia capace di lasciare il segno

Passione, competenza, carisma: i tre requisiti perché l'insegnare sia capace di lasciare il segno
24/06/2024

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Che segno ho lasciato quest’anno nei miei allievi?»: questo dovrebbe chiedersi in coscienza ogni insegnante al termine dell’anno scolastico. Dovrebbe chiederselo a ogni livello, dalle materne ai corsi di specializzazione post universitari. “In-signare”, dall’etimologia latina, significa infatti imprimere segni, lasciare segni nella mente, e, aggiungo, nel cuore.
Quali segni? Le nozioni pertinenti alla materia di insegnamento sono il primo livello di insegnamento. Crescita in grammatica e sintassi, appropriatezza e ricchezza del linguaggio, se si insegna italiano, e attenzione affinché la scelta delle parole, e la qualità della scrittura, oggi così trascurata, vestano in modo sempre più profondo e pertinente i pensieri dell’allievo. Crescita in matematica, senza demandare tutto alla calcolatrice dello smartphone. Crescita nella conoscenza del mondo biologico, che è alla base della vita, in tutti i suoi livelli di bellezza, di complessità, di sorpresa meraviglia, e di sottile inquietudine. Crescita nella conoscenza della storia, perché siamo gli eredi di un lungo passato e la “cancel culture” è una delle aberrazioni più perverse e distruttive del “politically correct” contemporaneo. Crescita nella conoscenza della geografia, che prepari a una sensibilità civile e a un viaggiare più curioso e consapevole. Crescita nella conoscenza delle lingue straniere, per comprendere culture diverse, per comunicare, per gustare la letteratura straniera in lingua originale, almeno in un’altra lingua. Crescita nelle competenze informatiche. E, salendo, nel livello di studi, crescita nella competenza professionale.
Che segno ho lasciato? Me lo chiedo in verità dopo ogni lezione ai miei specializzandi o ai corsi di master universitario. Una domanda che include autocritica costruttiva, per migliorare i contenuti, sempre aggiornati, e il metodo di insegnamento. Con acuta attenzione ai feedback emotivi e cognitivi, alle domande, a volte sorprendenti, che mi indicano con gusto l’attivazione di un pensiero laterale, profondo e risonante, in almeno alcuni allievi. In quanti ho lasciato il segno? Il segno, o i segni, pertinenti alla medicina, perché mi rivolgo ad allievi che stanno crescendo nelle professioni sanitarie, hanno un’incisività diversa, a seconda di quale sia il livello di preparazione culturale, generale e clinica, con cui si arrivi alla laurea e alle specializzazioni. Livello purtroppo in netto calo negli ultimi anni.
La grande sfida, sulla possibilità e la capacità di lasciare il segno, si gioca poi su un terreno più profondo, emotivo e motivazionale. Se ripenso agli insegnanti che più hanno lasciato il segno nella mia vita, ritrovo alcuni denominatori comuni, su cui ogni docente dovrebbe interrogarsi per migliorare. La passione, il gusto profondo per l’insegnamento, è il primo requisito. Senza passione per questo magnifico ed esigente lavoro, il quotidiano è arido, deprimente – per insegnanti e allievi – e raramente lascia un segno significativo.
La competenza nella materia che si insegna è il secondo requisito. Maggiore è la competenza, e più intenso il piacere di trasmetterla, maggiore è la probabilità di attivare i meccanismi di ricompensa che potentemente riverberano nella relazione fra docente e allievo. Perché aumentano nell’uno la motivazione a insegnare in modo sempre più efficace e nell’altro il gusto di apprendere, di studiare, di approfondire, di mettersi in discussione per crescere ai livelli più alti di competenza, nelle conoscenze e poi nella professione.
La terza qualità è il carisma, quella misteriosa capacità personale di risvegliare, di coinvolgere, di emozionare, di motivare. Maggiore è il carisma, maggiore è la probabilità che l’insegnare attivi in modo vibrante il trascurato gemello dell’insegnare: l’educare, che di nuovo nell’etimo antico indica “ex-ducere”, il portare fuori, il far emergere ed esprimere i migliori talenti dell’allievo, Quell’arte maieutica di cui ben parlava Socrate.
Che segno ho dunque lasciato, quest’anno? E in quanti allievi e quante allieve sono riuscito, o riuscita, a far nascere o brillare talenti ancora nascosti nell’ombra dei silenzi educativi? La sfida è grande, e i giorni di sconforto, o disincanto, si alternano ai giorni di luce in tutte le declinazioni dell’insegnamento. Da un lato, quando è forte la delusione per la sensazione di seminare sul cemento; dall’altro, quando è intensa la gioia nel vedere occhi e sorrisi scintillanti, e sentire che quei semi hanno trovato un terreno fertilissimo, che meritava di essere arato e curato con amore, come il più fecondo dei giardini della mente e dell’anima.
Che segno ho lasciato oggi? Questo dovrebbero chiedersi anche ogni genitore e ogni adulto che dialoghino con bambini e adolescenti. Quanto, e in che dimensione, sono riuscito a educare le menti e i cuori?

Adolescenti e giovani Apprendimento Autorealizzazione Carisma e potere Competenza e incompetenza Riflessioni di vita Scuola e università

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