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Per crescere bene: accettare la sfida di superare gli ostacoli da soli

24/10/2016

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Mi piace fare cose non da tutti». Così dice Elisa Balsamo, 18 anni, vincitrice del Mondiale juniores di ciclismo in Qatar, venerdì 14 ottobre. Solo bici? No: frequenta il liceo classico, ama il greco e il latino, ha la media dell’8 abbondante. E’ una ragazza dotata, certo. Ha avuto la fortuna di avere genitori e un allenatore capaci di far sbocciare e crescere i suoi molti talenti. E il merito di avere metodo e disciplina interiore nell’organizzarsi tempo ed energie per superare gli ostacoli di una carriera sportiva sulla vetta del mondo, riuscendo in parallelo ad andare benissimo a scuola.
Sul fronte opposto dal punto di vista dei talenti, ma sulla stessa ammirevole linea del “fare cose non da tutti”, sta Giovanni, 7 anni, nato con la mancanza di un frammento del cromosoma 4. Lesione misteriosa, chiamata sindrome di Wolf-Hirshorn, che impedisce qualsiasi apprendimento: a tre anni il bambino non parlava e nemmeno gattonava. I genitori non si sono arresi a diagnosi mediche pessimistiche, anzi terribili. «Come si può aver fiducia nelle cure, se neanche i medici ce l’hanno?», dice la mamma Camilla. Lei, unita al marito, non si è arresa. Cercano nuove cure per mesi e anni. Ed ecco la rivoluzione copernicana: un’équipe israeliana, guidata da Shai Silberbush, usa un metodo peculiare per stimolare il cervello di bambini con deficit gravi di apprendimento: porli davanti ad ostacoli, studiati per essere una sfida difficile, ma superabile, adeguata al livello intellettivo e motorio di quel dato bambino.
Nel 2012, la prima volta che i genitori portano Giovanni in Israele, l’esperienza è traumatica: il bambino viene lasciato solo sul pavimento con intorno cuscini alti per lui. Piange, si dispera, i genitori a guardarlo dietro ai vetri della stanza, con le lacrime agli occhi e il cuore a pezzi: vederlo disperarsi e non poterlo aiutare. Ma che cura è?! Eppure, quel cuscino messo davanti al bambino fa scattare nella sua mente il click impossibile: superarlo! Da allora, dopo quel cuscino superato gattonando per la prima volta, Giovanni ha fatto progressi superiori alla più rosea delle aspettative mediche: parla, cammina, corre. Ieri per la prima volta è riuscito ad andare in bicicletta, con una risata di soddisfazione che la mamma non gli aveva mai sentito. Ecco il punto: il genitore facilita il click, e aiuta ogni bambino a crescere, se di fronte all’ostacolo, o alla difficoltà, gli/le dà il tempo e il modo per cercare di superarli, invece che toglierglieli di mezzo, come oggi fanno purtroppo moltissimi genitori, seppur in buona fede o per malinteso amore.
Perché questa strategia della “frustrazione ottimale” è terapeutica, e vincente anche nella vita di ogni bambino normodotato? Perché la soddisfazione (“principio di ricompensa”) che ognuno di noi prova quando supera un ostacolo è un potentissimo fattore di piacere e di motivazione a rimettersi alla prova di nuovo. Il gusto della sfida, del riprovarci, di sentire crescere la capacità e l’abilità, fisica, motoria, emotiva, intellettiva, artistica o musicale che sia, stimola le cellule nervose, la “neuroplasticità”, il primo fattore di potenziamento di ogni talento.
Ecco il punto: per crescere bene, quanto è importante essere stimolati a superare da soli gli ostacoli, piccoli e grandi, che la vita presenta? Quanti bambini e adolescenti dotati finiscono nella frustrazione dell’inerzia e dello spreco di sé? Se il bambino, peraltro sanissimo, di sei anni dice all’ossequiosa tata «Mettimi le scarpe», qualcosa non va. Se, di fronte all’ospite basito, dice serafico, e un po’ compiaciuto: «Vedi, il mio problema è la pigrizia!», qualcosa di sostanziale non va. Se il bambino va male a scuola, e i genitori dicono che è sempre colpa degli insegnanti, qualcosa non va. Se il bambino imperversa anche in pubblico e fa quello che vuole, mentre i genitori lo assecondano, definendolo “il piccolo tiranno”, invece di educarlo a dare il meglio di sé rispettando le regole della convivenza civile, qualcosa non va. «Che male c’è a viziarlo un po’?». Un male grande, perché rischia di diventare un rachitico nella vita.
Ogni bambino ha le sue sfide: rispettiamo il bisogno essenziale di ogni piccolo di impegnarsi a superarle, all’interno di alcune regole di sicurezza. “Fargli trovare la pappa pronta”, facilitargli/le la vita in tutto, «tanto poi le difficoltà se le troverà più avanti», è un regalo avvelenato: quel bambino incapace di risolvere i problemi perché non motivato a farlo (cliccare sui social come un matto non è un segno di intelligenza, né di abilità speciali) diventerà un adolescente fragile. E frustrato perché da solo sa fare ben poco. «Più ostacoli ti mettono davanti, più impari a superarli e ad andar forte», mi dicevano da piccola: «Tutto allenamento!». Com’è vero. E con che gusto!

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