Si tratta di una sostanza del tutto diversa, il mifepristone, nota come RU-486. Si differenzia dalla pillola del giorno dopo sia per i tempi di assunzione, sia per il meccanismo di azione. L’RU-486 interferisce con i recettori per il progesterone, bloccandoli: impedendo l’azione di questo ormone protettivo della gravidanza, induce un aborto chimico. Inibisce infatti lo sviluppo dell’embrione e favorisce il distacco della mucosa interna dell’utero (l’endometrio) su cui l’embrione si radica, con un meccanismo simile alla mestruazione. Viene somministrata entro la 7a settimana di gravidanza. Rispetto ai metodi aborti tradizionali (il “raschiamento” e/o la “aspirazione con la cannula”) non richiede l’ospedalizzazione della donna, né anestesia o intervento chirurgico. Per questo si ritiene che provochi minor trauma fisico e psichico, oltre a minori costi per il Sistema Sanitario. Dal punto di vista etico, però, non cambia nulla, perché, chirurgico o chimico che sia, sempre di aborto si tratta. L'azione del mifepristone viene completata in un secondo tempo, circa due giorni dopo la prima somministrazione, con l’assunzione di un’altra sostanza, una prostaglandina (di solito il misoprostol) che provoca contrazioni uterine necessarie a favorire l'eliminazione della mucosa e dell'embrione, entro mezza giornata. Usata correttamente funziona nel 95% dei casi. Altrimenti si deve poi ricorrere al raschiamento tradizionale. Può causare emorragie, nausea, vomito, crampi uterini. Le controindicazioni sono allergia nota al mifepristone, gravidanza oltre le 7 settimane, gravidanza extrauterina, oppure controindicazioni comuni alle prostaglandine, come ipertensione arteriosa o aritmie. In Italia l’RU486 non è ancora stata approvata per l’uso pubblico. Come vede, gentile Simona, si tratta di due pillole radicalmente diverse. Per non avere più esperienze così negative, l’ideale è utilizzare un contraccettivo preventivo davvero sicuro, insieme al profilattico!