24/09/2008 Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Per la scienza è una solida verità: l'obesità favorisce il diabete. Che può colpire in maniera silenziosa.
“Tutti i miei familiari (genitori e nonni) sono obesi e diabetici. Da quando ero piccola li ho sempre visti tutti grassi. Hanno la pressione molto alta. Io per il momento ho solo qualche chilo in più, soprattutto sulla pancia. La mia glicemia è normale. Il diabete è un destino, se i genitori sono grassi? Diventerò anch’io diabetica? Che cosa posso fare per evitarlo?”. Francesca D. (Caserta)
Questa sua domanda è davvero centrale, gentile Francesca: l’obesità predispone al diabete? Sì, assolutamente sì. Il sovrappeso è il primo indicatore di rischio. Ma oggi sappiamo qualche cosa di molto più preciso, che è bene condividere. Il diabete interessa infatti il 2-6% della popolazione dei Paesi ad alto reddito. Tuttavia si stima che circa il 30-50% delle donne abbia una glicemia elevata non riconosciuta, e quindi un diabete già presente, anche se ancora silenzioso. Purtroppo molte donne non si fanno dei check-up periodici, nemmeno nelle famiglie a rischio, ossia con consanguinei affetti da diabete. Altrettanto spesso, molti sintomi e segni, come il grasso addominale, vengono sottovalutati, finché il quadro clinico non diventi conclamato. Inoltre, il diabete ha sì una forte componente ereditaria, che tuttavia viene amplificata o ridotta dagli stili di vita e dalle loro conseguenze. Ecco perché avere stili di vita sani, e mantenerli con costanza nell’arco della vita, è fondamentale.
È il sovrappeso da solo che conta?
No. Il grasso non è tutto eguale. Il danno alla salute dipende da dove il grasso si colloca nel corpo. Quello tipico delle donne (grasso gluteo-femorale, al bacino e alle cosce, ossia l’obesità “ginoide” ) non fa male al metabolismo, ma addirittura può avere un effetto protettivo. È invece il grasso addominale (quello nei visceri e nella pancia, l’obesità “androide”) quello che danneggia gravemente il nostro metabolismo, perché: a) mette in circolo facilmente grandi quantità di lipidi e trigliceridi; b) danneggia gli endoteli, le cellule che rivestono i vasi sanguigni; c) causa resistenza all’insulina; d) predispone al diabete e all’aterosclerosi. Nelle donne il grasso addominale più frequentemente si accumula solo dopo la menopausa. E infatti è allora che cominciano anche quelle complicanze cardiovascolari che affliggono gli uomini, ma molto prima, visto che i maschi il grasso sulla pancia lo mettono fin da giovani!
Come si fa a sapere quando il grasso è davvero troppo?
La prima cosa è misurare il “girovita”. La circonferenza vita è un indicatore affidabile del grasso addominale ed è facile da misurare. I numeri “soglia” sono 102 cm negli uomini e 88 nelle donne. Recentemente è stato proposto di abbassarli rispettivamente a 94 e 80 cm per l’etnia europea. La misura della circonferenza vita è di grande utilità sia a scopo diagnostico (valutare lo stato attuale di salute del soggetto) che a scopo prognostico (valutare il livello di rischio di patologia metabolica e cardiovascolare nei prossimi anni). In caso di sovrappeso e di girovita aumentato, bisogna chiedere al medico di famiglia di far eseguire un esame della glicemia a digiuno (basta un semplice prelievo di sangue). Se il valore è tra i 110 e i 125 mg/dl, bisogna correre ai ripari con un drastico cambiamento negli stili di vita. Se è superiore a 126 mg/dl, il rischio di complicanze cardiovascolari è in agguato.
Ci sono altri rischi?
Sì. Il grasso addominale si associa infatti frequentemente a tre altre alterazioni, quali: la pressione alta, l’aumento dei grassi circolanti, l’aumento della glicemia. Si viene a formare così un temibile aggregato (detto anche “quartetto mortale”) che va sotto il nome di “sindrome metabolica”. Ecco perché la misurazione della circonferenza vita è importantissima. È facile, non ha costi, ed è una “spia” di rischio molto affidabile.
Quante persone con grasso addominale diventano diabetiche?
Molte! Uno studio condotto in 36 centri diabetologici italiani, su quasi 1.400 pazienti con diabete alimentare (tipo 2), ha dimostrato che: a) quasi metà dei pazienti erano obesi; b) ben il 68,6% aveva una obesità addominale; c) quattro pazienti su cinque avevano la sindrome metabolica. In positivo, chi ha un buon compenso nel diabete ha anche un giro vita normale o di poco elevato.
Quali sono gli indicatori di rischio?
Sono i soci del già citato “quartetto mortale”: la circonferenza vita, la pressione arteriosa, il livello dei lipidi e la glicemia. Quando uno dei quattro è presente bisogna sempre ricercare e curare anche gli altri, se già alterati. Solo così è possibile evitare che una malattia multigenica ereditaria, come il diabete, che in sé “predispone” (ma non obbliga) alla malattia, diventi un destino di serio disturbo metabolico, con complicanze che peggiorano con l’età e la durata della malattia. Si tenga in forma!
Prevenire e curare – Come evitare l'obesità addominale e il "quartetto mortale"
a) Mantenere il peso forma fin da bambini: l’obesità infantile è un fortissimo fattore predittivo di sindrome metabolica nell’adulto. b) Fare movimento fisico quotidiano, fin da piccini. Tuttavia, non è mai troppo tardi per cominciare: i benefici del movimento fisico nei confronti del metabolismo compaiono anche per chi comincia – con gradualità – dopo i cinquant’anni. c) Limitare lo stress e dormire con regolarità 7-8 ore per notte. La carenza di sonno aumenta l’appetito per cibi ipercalorici, quali zuccheri e grassi. d) Limitare zuccheri semplici e grassi, preferire una dieta bilanciata ma lievemente ipocalorica rispetto ai consumi, e mantenere un peso corporeo ottimale, senza pancia! Non solo per estetica, ma soprattutto per restare in buona salute, minimizzando l’effetto di un’ereditarietà sfavorevole o potenziando i benefici di una buona genetica.
ATTENZIONE: Ogni terapia va individualizzata e monitorata in ciascuna paziente dal medico specialista esperto nel campo. Queste schede informative non possono in alcun modo sostituirsi al rapporto medico-paziente, né essere utilizzate senza esplicito parere medico.