Il primo spunto di riflessione riguarda le basi neurobiologiche del desiderio per il cibo e per il sesso. Entrambi questi comportamenti sono sottesi dalla stessa via neurobiologica – la via “appetitiva”- che usa come neurotrasmettitore la dopamina. Entrambi sono modulati dalla collera, dall’ansia, dall’angoscia di solitudine e di abbandono, e dalla depressione. Quante volte si fa sesso non per desiderio, ma per rabbia (lui), mentre lei se è irritata si arrocca su un “no” senza appello? Quante volte l’ansia paralizza il desiderio: sessuale, se è ansia da prestazione; l’appetito alimentare, se è un’ansia più diffusa che blocca lo stomaco in una morsa? Quante volte, specie nella donna, la paura dell’abbandono o la vera angoscia di essere lasciate – o di essere sole – portano a mangiare senza appetito fino ad abbuffarsi (“bulimia nervosa”), oppure ad accettare rapporti sessuali senza desiderio, fino alla promiscuità (“bulimia sessuale”), senza che ci sia una reale motivazione erotica? In entrambi i casi, la donna, meno spesso l’uomo, agisce questi comportamenti solo per tacitare compulsivamente – e per breve tempo – un’angoscia che non riesce ad affrontare sul terreno psicoemotivo.
Il secondo spunto riguarda il ruolo potenzialmente antisessuale dell’alimentazione. In acuto, un pasto abbondante, ricco di grassi e proteine, può rallentare la risposta sessuale fisica fino a bloccarla, perché causa una vera e propria dispepsia acuta da sovraccarico alimentare, che “sequestra” molto più sangue a livello intestinale, per la digestione appesantita, sottraendolo al circuito sessuale. Per non parlare della cefalea, della nausea o dell’alitosi che spesso si accompagnano all’eccesso acuto di cibo, allontanando in quest’ultimo caso anche il/la partner. Effetti ancora più negativi si possono avere con le intolleranze alimentari: queste determinano un vero e proprio stato infiammatorio della mucosa intestinale, con incremento dell’attività di una potente cellula, il mastocita, favorendo la comparsa o il peggiorare della cosiddetta sindrome dell’intestino irritabile (IBS, Irritable Bowel Syndrome). Studi recenti indicano che questo disturbo si associa ad aumentato dolore gastrointestinale e pelvico, che si associa, nelle donne, ad aumentato dolore nei rapporti sessuali, e, nei maschi, a più frequenti prostatiti, antisessuali anche per lui: un rapporto tra cibo e infiammazioni intestinali e genitali impensato e non studiato fino a pochi anni fa. Un terzo aspetto, rilevante, riguarda il ruolo dei cibi conservati: contengono sostanze che aumentano nel cervello gli aminoacidi eccitatori, contribuendo all’irritabilità e all’aggressività, che certamente non facilitano il clima disteso ottimale per un incontro sessuale intimo e gratificante.
L’eccesso di alimentazione, se protratto, porta non solo al sovrappeso fino alla franca obesità, con tutti i problemi associati di immagine corporea, con crollo dell’autostima e crescente depressione, potenti nemici del desiderio, ma anche alla cosiddetta “sindrome metabolica” il cui primo segnale d’allarme è dato proprio dall’accumulo di grasso a livello addominale (la “pancia”). Ad essa si associano un maggior rischio di diabete, di ipercolesterolemia, con zolle di grassi che si depositano lungo le pareti vascolari ostruendole, con microangiopatia e neuropatia diabetica: responsabili del deficit di erezione, nell’uomo, e di difficoltà di lubrificazione, nella donna, cui conseguono difficoltà orgasmiche e caduta ulteriore del desiderio. Problemi aggravati se all’abuso alimentare si associa l’eccesso cronico di alcolici.
Naturalmente, può frenare le basi biologiche della sessualità anche il problema opposto, la malnutrizione, sia essa involontaria, dovuta a povertà, oppure volontaria e associata a disturbi del comportamento alimentare di tipo restrittivo, fino all’anoressia. Uno studio recentissimo, di Pinheiro e collaboratori, appena pubblicato sull’International Journal of Eating Disorders (2009), dimostra che le disfunzioni sessuali sono presenti in ben il 75% delle donne con anoressia nervosa e nel 39% di quelle affette da bulimia nervosa; che il desiderio sessuale crolla nel 66,9% di queste signore, mentre l’ansia sessuale è presente nel 59,2% delle donne con questi disturbi del comportamento alimentare (contro l’11% delle donne con un appetito normale). Quante volte lo scarso desiderio sessuale di una donna si associa a un disturbo, più o meno evidente, del rapporto con il cibo, anche insidiosamente, come nelle “monomanie alimentari”, in cui gradualmente la donna si limita a mangiare due o tre cibi (per esempio insalata, o carote, e mozzarella), con progressive carenze nutrizionali anche gravi, per esempio anemie da carenza di ferro, più probabili se soffre anche di cicli abbondanti? Allora, davvero, desiderio addio.
E’ possibile ridurre questi problemi, magari valorizzando anche una scelta contraccettiva su misura?
Certo, il primo passo è comprendere e modificare le cause – spesso emotive o relazionali – del disturbo del comportamento alimentare. Se poi il disturbo ha caratteristiche specifiche, come la fame ossessiva per cibi dolci o salati nella settimana premestruale, il cosiddetto “craving”, questo può essere più che dimezzato dalla pillola con drospirenone, recentemente approvata negli USA per la cura della sindrome premestruale grave, di cui le crisi di fame ossessiva sono un sintomo specifico, come è stato dimostrato dallo studio di Pearlstein e collaboratori, pubblicato su Contraception. Di converso, se il problema è la restrizione alimentare, con anemia aggravata da flussi abbondanti, la risposta contraccettiva di prima scelta è la nuova pillola con estradiolo naturale e dienogest che ha dimostrato di ridurre significativamente la quantità e la durata del flusso, oltre che il dolore mestruale, anche rispetto a una pillola tradizionale. Con il rapido vantaggio di migliorare i livelli del ferro (“sideremia”), emoglobina e globuli rossi, nonché l’energia fisica e mentale, amica del desiderio e del benessere.
Attenzione dunque al cibo e all’alcol, se vogliamo essere in forma, anche per l’amore. Infine, e sempre più, una buona ginecologia deve tener conto degli stili di vita e delle vulnerabilità, anche alimentari, della donna, così da dare da un lato una valutazione clinica appropriata e, dall’altro, una terapia contraccettiva su misura, amica della salute e della sessualità.
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