EN

Quando l'amore lenisce e cura

16/05/2005

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“E io, cosa posso fare per aiutarla?”. Questa la domanda che molto mariti o compagni, molti più di quanti si pensi, mi fanno quando accompagnano la moglie o la fidanzata alla visita medica. Mi illumino, quando me lo chiedono: perché è un segno straordinario di unione “nella buona e nella cattiva sorte”. Perché non è vero che gli uomini pensano solo ai fatti loro, come troppo spesso si sostiene, ormai per slogan. E perché questo sincero desiderio di aiutare è un potentissimo fattore di miglioramento e guarigione, specialmente se questa disponibilità viene opportunamente valorizzata, anche dal medico curante. Da semplice “autista”, che spesso accompagna la donna alla visita medica, restando in genere nella sala d’attesa, l’uomo può diventare parte attiva della consulenza e, soprattutto, parte attiva del cambiamento e della cura. Io credo molto all’“amore che cura”. E credo che questa sia una risorsa poco utilizzata, almeno consapevolmente, nella coppia come nella famiglia. Crediamo sempre più nella tecnologia e sempre meno in quelle potentissime forze di guarigione (o di malattia, quando usate male) che si muovono grazie ai nostri affetti.
In questo periodo, sto studiando molto la neurobiologia e l’interazione tra fattori psichici e risposte immunitarie. Ed è sorprendente quanto la ricerca stia oggi dando corpo – ed evidenza scientifica – a intuizioni millenarie: lo stress, per esempio, causa malattia non solo in modo generico, ma perché attiva precisi meccanismi biologici. Per esempio, aumenta la liberazione nei tessuti delle sostanze chimiche che attivano l’infiammazione, stimolando direttamente per via nervosa i mastociti, ossia le cellule che producono queste sostanze. Ecco perché, quando siamo stressati, peggiorano le reazioni allergiche come l’asma; peggiorano le malattie autoimmuni (tantissimo!); peggiorano le malattie dermatologiche su base allergica, come le atopie.
Si pensi che il mastocita, questa incredibile cellula, non solo produce e libera nel tessuto le sostanze dell’infiammazione, ma lo fa anche in modo differenziato sia per tipo di sostanza, sia per polarità di produzione e liberazione. Nel bambino che ha una dermatite atopica, il mastocita con la parte anteriore produce proteasi, che scavano letteralmente un tunnel nel derma, consentendo a questa cellula di muoversi verso la superficie della cute (dove non dovrebbe stare). Contemporaneamente, nella parte posteriore, il mastocita produce e libera nel tessuto fattori angiogenetici, che fanno crescere nuovi vasi sanguigni: si garantisce così i rifornimenti, ma perpetua anche il problema dell’infiammazione cutanea. E più il piccolo è stressato, più il mastocita lavora creando nuove lesioni.
E allora, che cosa può fare l’uomo, il compagno affettuoso che voglia aiutare la propria donna (ma anche il proprio bambino)? Siccome gli uomini amano fare (e detestano le chiacchiere inutili), vediamo come possono aiutare, in modo solido e pragmatico, indirettamente e direttamente. Innanzitutto, possono aiutare in casa e educare i figli a farlo in parallelo. Per esempio, aiutando a preparare la cena o a spreparare la tavola dopo cena, a televisione spenta: utilizzando questo tempo prezioso per conversare sulle piccole o grandi cose della vita. Se si hanno due figli, uno può aiutare nel preparare, l’altro nel rigovernare: grande lezione di vita e di solidarietà familiare. E’ inutile dire alla propria moglie: “Ma quanto sei stressata, calmati!”, se non la si aiuta quotidianamente, specialmente se anche lei lavora fuori casa e non ha un aiuto domestico. Ed è saggio non fare dei figli dei viziatissimi piccoli tiranni, ma educarli fin da piccoli ad aver cura delle proprie cose, a tenere ordinata la propria stanza, a non lasciare il bagno come se fosse passato il Settimo Cavalleggeri, a rispettare i sentimenti degli altri, con atteggiamenti e parole appropriate, ad assumersi una piccola parte di responsabilità anche nella cura della casa, che è poi la tana di tutti. E più il padre dà il buon esempio, oltre alle regole, più è probabile che i figli seguano. E’ un preziosissimo antistress fare sport assieme: dal girare in bicicletta il sabato o la domenica mattina, o fare passeggiate in campagna o nei boschi, invece che code furibonde in auto.
Accanto all’aiuto concreto, che pragmaticamente dice la voglia di impegnarsi, ecco l’aiuto diretto, e prezioso,  per stare meglio: l’ascolto attento; l’abbraccio affettuoso, che non sia necessariamente una ouverture per fare sesso; la carezza inattesa che dice, con un sorriso negli occhi: “Come stai? Va meglio, oggi?”. L’attenzione alle terapie, e a stare più vicini e disponibili, quando gli effetti collaterali delle cure sono più pesanti, invece di “scappare” (simbolicamente) nel lavoro o negli hobby. Il pensierino in un giorno qualsiasi, dall’SMS a un piccolo fiore, al messaggio lasciato sul cuscino, prima di uscire. Il riscoprire quel piccolo tenero corteggiarsi (reciproco: il discorso vale al 100 per cento anche per le donne!), di solito arrugginito nella coppia stabile, che riscopriamo solo quando un innamoramento nuovo irrompe nella nostra vita. Quei piccoli gesti che dicono all’altra, con lieve intensità: “Ti sto pensando. Ci tengo che tu stia bene perché sei preziosa per me”. L’amore che cura, nella coppia stabile, ma anche nella famiglia o con i genitori anziani, vive e si nutre di piccole attenzioni quotidiane. Con queste è capace di rompere il muro di solitudine che ogni malattia porta con sé, alleviando lo stress che nasce dal dolore, dalla paura, dallo scoraggiamento: per questo ha una straordinaria potenza terapeutica, da valorizzare consapevolmente.

Amore e relazioni affettive Malattia Rapporto di coppia

Iscriviti alla newsletter

Rimani aggiornato su questo e altri temi di salute e benessere con la nostra newsletter quindicinale

Iscriviti alla newsletter