La grande sala della casa di riposo è gremita. Ci sono vecchiette chiacchierine, in prima fila. Vecchi dagli occhi spenti e le mani tremanti. Vecchi che si lamentano, per un dolore sordo. Vecchi che sospirano. Un brusio, un rumore di fondo di vecchiaia sola e sconsolata. Nelle prime file, tuttavia, serpeggia l’attesa. Ci sarà un concerto, oggi. Una novità, nel grigiore ripetitivo dei giorni. Entrano due ragazzi: lei suona il flauto traverso, lui la chitarra classica. Diplomati al conservatorio, appassionati di musica, con la frustrazione di dover fare altri lavori per vivere. Qualche esibizione, con un pubblico compunto e sottilmente annoiato. E poi l’idea. “Perché non facciamo qualcosa di diverso? Almeno cambiamo, con qualcosa di buono”. Detto fatto: ed ecco la proposta, subito accolta, di un concerto gratuito nella casa di riposo.
Si siedono, i due ragazzi, un po’ emozionati. Un pubblico così non l’hanno mai avuto. Né immaginato. Il programma è ben pensato: musiche d’opera molto note, per cominciare.
Iniziano con un’aria dell’Aida. Cala il silenzio, un silenzio assorto quale non hanno mai avuto. Tacciono le vecchine chiacchierine. Si raddrizzano i vecchi sulla schiena, tendono le orecchie e lo sguardo. I lamenti si acquietano. Cresce il silenzio e la musica diventa più limpida. Tutti fermi e assorti. Sono i ragazzi ad avere la pelle d’oca per l’emozione. Perché un ascolto così intenso non l’hanno mai avuto. E nemmeno sognato. Si rilassano i volti delle vecchine. Riaffiora un sorriso lontano. Torna un profumo di vita, di giovinezza, di altri giorni e altri ricordi. Lo scrigno dei ricordi si apre d’improvviso. Ciascuno si tuffa nel suo. E’ così bello quello scrigno che non c’è malinconia. Solo l’incanto dell’attimo, inatteso e felice. L’intensità dei ricordi corre nell’aria, la fa densa di emozioni. I due ragazzi rabbrividiscono. Continuano con un’aria della Norma. Poi la Traviata. E la Carmen. L’incanto sale lungo le scale, esce dalle finestre, corre sui muri. Ed ecco che si calmano, e tacciono e ascoltano anche i malati dei piani superiori – così diranno poi le suore – che non si potevano spostare. Sorridono le vecchiette, e i vecchi tremanti e i malati. Sorridono i ragazzi e la musica non è mai stata così piena di luce. Un’aria dopo l’altra, nell’atmosfera sempre più calda e affettuosa, un applauso infinito, dopo la prima parte.
Per la seconda parte, via alle musiche di vecchi canti popolari. Ed ecco che, dal fondo, un vecchio che da ragazzo suonava nella banda comincia a cantare. Una bella voce da basso, che da anni non vibrava più. Risponde la vecchina che da ragazza cantava nel coro della chiesa anche lei. Pian piano si uniscono gli altri, più timidi prima, pian piano più convinti. Molti occhi si chiudono, cantando, e i corpi dondolano piano. E sono altri ricordi, e altri cori, e altre feste che ritornano alla mente, accendendo altri volti.
Sono i ragazzi ad avere le lacrime agli occhi per la commozione. Per un pomeriggio indimenticabile: dove l’essere generosi, di sé, del proprio tempo, del proprio amore per la musica, è stato ricambiato con un’emozione impareggiabile. “Quando tornate?”.
Si può essere giovani e saggi, ardenti e generosi. Capaci di trasformare una frustrazione – la passione per la musica che non trova sbocco in un lavoro – in un’opportunità di gioia per sé e per gli altri.
Sì, si può regalare felicità e pace, in un pomeriggio di musica, di luce e di canti antichi, riaccesi nel profondo della memoria. Si può creare un’attesa, un appuntamento, un’aspettativa con un piccolo incontro che segni il tempo. E trasformi un lento giorno qualsiasi in un pomeriggio indimenticabile, pieno di emozioni e di ricordi, per tanti vecchi soli.
Si siedono, i due ragazzi, un po’ emozionati. Un pubblico così non l’hanno mai avuto. Né immaginato. Il programma è ben pensato: musiche d’opera molto note, per cominciare.
Iniziano con un’aria dell’Aida. Cala il silenzio, un silenzio assorto quale non hanno mai avuto. Tacciono le vecchine chiacchierine. Si raddrizzano i vecchi sulla schiena, tendono le orecchie e lo sguardo. I lamenti si acquietano. Cresce il silenzio e la musica diventa più limpida. Tutti fermi e assorti. Sono i ragazzi ad avere la pelle d’oca per l’emozione. Perché un ascolto così intenso non l’hanno mai avuto. E nemmeno sognato. Si rilassano i volti delle vecchine. Riaffiora un sorriso lontano. Torna un profumo di vita, di giovinezza, di altri giorni e altri ricordi. Lo scrigno dei ricordi si apre d’improvviso. Ciascuno si tuffa nel suo. E’ così bello quello scrigno che non c’è malinconia. Solo l’incanto dell’attimo, inatteso e felice. L’intensità dei ricordi corre nell’aria, la fa densa di emozioni. I due ragazzi rabbrividiscono. Continuano con un’aria della Norma. Poi la Traviata. E la Carmen. L’incanto sale lungo le scale, esce dalle finestre, corre sui muri. Ed ecco che si calmano, e tacciono e ascoltano anche i malati dei piani superiori – così diranno poi le suore – che non si potevano spostare. Sorridono le vecchiette, e i vecchi tremanti e i malati. Sorridono i ragazzi e la musica non è mai stata così piena di luce. Un’aria dopo l’altra, nell’atmosfera sempre più calda e affettuosa, un applauso infinito, dopo la prima parte.
Per la seconda parte, via alle musiche di vecchi canti popolari. Ed ecco che, dal fondo, un vecchio che da ragazzo suonava nella banda comincia a cantare. Una bella voce da basso, che da anni non vibrava più. Risponde la vecchina che da ragazza cantava nel coro della chiesa anche lei. Pian piano si uniscono gli altri, più timidi prima, pian piano più convinti. Molti occhi si chiudono, cantando, e i corpi dondolano piano. E sono altri ricordi, e altri cori, e altre feste che ritornano alla mente, accendendo altri volti.
Sono i ragazzi ad avere le lacrime agli occhi per la commozione. Per un pomeriggio indimenticabile: dove l’essere generosi, di sé, del proprio tempo, del proprio amore per la musica, è stato ricambiato con un’emozione impareggiabile. “Quando tornate?”.
Si può essere giovani e saggi, ardenti e generosi. Capaci di trasformare una frustrazione – la passione per la musica che non trova sbocco in un lavoro – in un’opportunità di gioia per sé e per gli altri.
Sì, si può regalare felicità e pace, in un pomeriggio di musica, di luce e di canti antichi, riaccesi nel profondo della memoria. Si può creare un’attesa, un appuntamento, un’aspettativa con un piccolo incontro che segni il tempo. E trasformi un lento giorno qualsiasi in un pomeriggio indimenticabile, pieno di emozioni e di ricordi, per tanti vecchi soli.
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