“Non ho più desiderio”. “Mi sento a terra”. “Non ho più energia”. “Mi sento come una Ferrari senza benzina”. Questo dicono molte donne dopo l’intervento di asportazione bilaterale delle ovaie (“ovariectomia”), spesso associato all’asportazione dell’utero (“isterectomia”). Un intervento che causa una menopausa precoce o prematura. “E’ tutto un problema di testa”, era la risposta, oppure: “E’ depressa”. C’è del vero in entrambe le affermazioni, ma non nel senso puramente psichico, come si pensava. Oggi sappiamo infatti che la perdita delle ovaie, quando stanno ancora funzionando, ossia in età fertile, ha nette ripercussioni sulla biologia del cervello, sull’umore, sull’ansia, sulla capacità di desiderare e di appassionarci, sulla stessa memoria. Un problema raro? Non proprio: interessa il 3-4% delle donne prima dei 40 anni e il 10-15% delle donne prima dei 45: quando ci si sente ancora ragazze e il corpo però subisce di colpo una perdita di vitalità, generale e sessuale. Con la menopausa chirurgica, la donna perde in un solo istante tre importanti ormoni prodotti dall’ovaio: tutto l’estradiolo, tutto il progesterone e più del 50% del testosterone totale prodotto dal corpo femminile. Si tratta dunque di una perdita secca della linfa ormonale più importante della nostra femminilità: è il bisturi, in questo caso, che ha tolto energia biologica alla passione, a meno che non venga restituito al corpo tutto quello che ha perduto: per tipo di ormoni e per quantità. Ecco perché nelle donne di età inferiore ai 50 anni è indispensabile ridare al corpo la sua armonia: gli ormoni bioidentici – ossia perfettamente uguali a quelli prodotti dalle ovaie funzionanti fino all’intervento – a meno che non esistano controindicazioni maggiori. Affermazione su cui, lo ricordo, concordano le tre maggiori Società Scientifiche Internazionali per la Menopausa. Finora avevamo gli estrogeni e il progesterone: tra pochissimo, anche in Italia, avremo anche il testosterone: ecco la grande novità. Un ormone amico delle donne, e non solo degli uomini, ora approvato in Europa per la terapia della menopausa chirurgica.
E l’amore? E’ tutto biologico? E’ tutta chimica? Da che cosa dipende allora la nostra capacità di appassionarci, in amore come nella vita? Da un trio fondamentale: psichico e relazionale, certo, ma anche biologico. Nessuno nega l’importanza delle emozioni, che hanno tuttavia una base biologica molto più forte di quanto si pensasse. E perfino l’attitudine romantica, con i suoi slanci appassionati e i suoi tonfi di umore, ha fortissimi correlati nel parallelo terremoto di neurotrasmettitori e ormoni. L’importanza della relazione è evidente ex se: ci si innamora di qualcuno, in senso fisico ma anche simbolico, quando l’oggetto d’amore sia un progetto, un lavoro, o la conquista di un territorio, geografico o professionale. L’appassionarci a qualcuno o a qualcosa attiva in noi tutti i comportamenti desideranti e appetitivi. Ci proietta insomma in avanti: nei sogni, nella fantasia, nei gesti, nei movimenti. Attiva la parte più vitale del nostro io, soprattutto se abbiamo l’intuizione che quel desiderio possa essere corrisposto e realizzarsi. Questa capacità di passione abbisogna, tuttavia, di un carburante biologico fondamentale: il testosterone. E’ quest’ormone a stimolare i neurotrasmettitori che alimentano e sottendono le nostre emozioni e la voglia fisica di conquistare, amare, gustare e possedere, di nuovo in senso affettivo e sensuale, oltre che progettuale.
E’ lui, il testosterone, l’ormone principe del desiderio, in uomini e donne. A ben pensarci, non dovremmo più chiamarlo “ormone maschile”: in realtà è presente in entrambi i sessi e svolge le stesse funzioni, sia sul cervello, sia sulla salute in generale. Due sono le differenze, tra maschi e femmine: la quantità (negli uomini il testosterone è mediamente dieci volte più elevato, rispetto alle donne) e la precocità di esposizione (in utero il feto maschio è esposto all’azione mascolinizzante del testosterone fin dal quarto mese di gravidanza, mentre questo non avviene nella femmina).
In entrambi il testosterone aiuta l’osso, combattendo l’osteoporosi; nutre muscoli e articolazioni, mantenendo un miglior tono e una maggiore duttilità articolare; aiuta gli organi di senso; protegge il sistema cardiovascolare e urogenitale; contribuisce anche all’attrattività fisica olfattiva, ossia alla secrezione dei feromoni così importanti nel modulare la desiderabilità profonda. In particolare gli ormoni sessuali prodotti dalle ovaie – estrogeni e testosterone – sono essenziali per il benessere di tre sistemi cerebrali da cui dipendono il tono dell’umore, l’energia vitale e il desiderio, ma anche la vivacità della memoria e dell’intelligenza. Il primo, detto “serotoninergico”, utilizza la serotonina; il secondo, detto “dopaminergico” utilizza la dopamina; il terzo, detto “colinergico” utilizza l’acetilcolina. Questi neurotrasmettitori si riducono nel cervello se mancano gli ormoni sessuali: ed ecco spiegati la tristezza, la malinconia, fino alla depressione franca, sintomi dovuti alla carenza di serotonina; la perdita di desiderio sessuale, di energia vitale, di assertività, di voglia e gioia di vivere, sintomi dovuti alla parallela riduzione della dopamina; e, non meno importante, la perdita di memoria e di lucidità “mentale”, dovuti alla perdita di acetilcolina. Certo, l’impatto varia da donna a donna, anche per ragioni relative alla storia personale e all’ambiente in cui vive. Tuttavia resta vera una maggiore vulnerabilità di tutto il cervello. In altre parole, i sintomi non sono solo dovuti all’effetto “psicologico” dell’intervento che la donna ha subito, ma hanno una causa precisa di tipo neurobiologico, strettamente fisico. La perdita degli ormoni ovarici, non solo gli estrogeni e il progesterone, ma anche il prezioso testosterone, colpisce dunque al cuore la donna nella sua femminilità, nella sua funzione sessuale e nella sua relazione di coppia.
Ritrovando l’equilibrio ormonale perduto, con l’opportuna terapia con ormoni bioidentici (estradiolo e testosterone, nonché progesterone, se l’utero fosse rimasto intatto) la donna ritroverà la condizione biologica necessaria per appassionarsi ancora: la premessa fisica per riemozionarsi a fondo. Potrà di nuovo correre con energia ed entusiasmo sui sentieri della passione, sicura che il suo corpo potrà rispondere bene, come prima. Con chi e dove? Questo invece resta nella magia misteriosa dell’amore.
E l’amore? E’ tutto biologico? E’ tutta chimica? Da che cosa dipende allora la nostra capacità di appassionarci, in amore come nella vita? Da un trio fondamentale: psichico e relazionale, certo, ma anche biologico. Nessuno nega l’importanza delle emozioni, che hanno tuttavia una base biologica molto più forte di quanto si pensasse. E perfino l’attitudine romantica, con i suoi slanci appassionati e i suoi tonfi di umore, ha fortissimi correlati nel parallelo terremoto di neurotrasmettitori e ormoni. L’importanza della relazione è evidente ex se: ci si innamora di qualcuno, in senso fisico ma anche simbolico, quando l’oggetto d’amore sia un progetto, un lavoro, o la conquista di un territorio, geografico o professionale. L’appassionarci a qualcuno o a qualcosa attiva in noi tutti i comportamenti desideranti e appetitivi. Ci proietta insomma in avanti: nei sogni, nella fantasia, nei gesti, nei movimenti. Attiva la parte più vitale del nostro io, soprattutto se abbiamo l’intuizione che quel desiderio possa essere corrisposto e realizzarsi. Questa capacità di passione abbisogna, tuttavia, di un carburante biologico fondamentale: il testosterone. E’ quest’ormone a stimolare i neurotrasmettitori che alimentano e sottendono le nostre emozioni e la voglia fisica di conquistare, amare, gustare e possedere, di nuovo in senso affettivo e sensuale, oltre che progettuale.
E’ lui, il testosterone, l’ormone principe del desiderio, in uomini e donne. A ben pensarci, non dovremmo più chiamarlo “ormone maschile”: in realtà è presente in entrambi i sessi e svolge le stesse funzioni, sia sul cervello, sia sulla salute in generale. Due sono le differenze, tra maschi e femmine: la quantità (negli uomini il testosterone è mediamente dieci volte più elevato, rispetto alle donne) e la precocità di esposizione (in utero il feto maschio è esposto all’azione mascolinizzante del testosterone fin dal quarto mese di gravidanza, mentre questo non avviene nella femmina).
In entrambi il testosterone aiuta l’osso, combattendo l’osteoporosi; nutre muscoli e articolazioni, mantenendo un miglior tono e una maggiore duttilità articolare; aiuta gli organi di senso; protegge il sistema cardiovascolare e urogenitale; contribuisce anche all’attrattività fisica olfattiva, ossia alla secrezione dei feromoni così importanti nel modulare la desiderabilità profonda. In particolare gli ormoni sessuali prodotti dalle ovaie – estrogeni e testosterone – sono essenziali per il benessere di tre sistemi cerebrali da cui dipendono il tono dell’umore, l’energia vitale e il desiderio, ma anche la vivacità della memoria e dell’intelligenza. Il primo, detto “serotoninergico”, utilizza la serotonina; il secondo, detto “dopaminergico” utilizza la dopamina; il terzo, detto “colinergico” utilizza l’acetilcolina. Questi neurotrasmettitori si riducono nel cervello se mancano gli ormoni sessuali: ed ecco spiegati la tristezza, la malinconia, fino alla depressione franca, sintomi dovuti alla carenza di serotonina; la perdita di desiderio sessuale, di energia vitale, di assertività, di voglia e gioia di vivere, sintomi dovuti alla parallela riduzione della dopamina; e, non meno importante, la perdita di memoria e di lucidità “mentale”, dovuti alla perdita di acetilcolina. Certo, l’impatto varia da donna a donna, anche per ragioni relative alla storia personale e all’ambiente in cui vive. Tuttavia resta vera una maggiore vulnerabilità di tutto il cervello. In altre parole, i sintomi non sono solo dovuti all’effetto “psicologico” dell’intervento che la donna ha subito, ma hanno una causa precisa di tipo neurobiologico, strettamente fisico. La perdita degli ormoni ovarici, non solo gli estrogeni e il progesterone, ma anche il prezioso testosterone, colpisce dunque al cuore la donna nella sua femminilità, nella sua funzione sessuale e nella sua relazione di coppia.
Ritrovando l’equilibrio ormonale perduto, con l’opportuna terapia con ormoni bioidentici (estradiolo e testosterone, nonché progesterone, se l’utero fosse rimasto intatto) la donna ritroverà la condizione biologica necessaria per appassionarsi ancora: la premessa fisica per riemozionarsi a fondo. Potrà di nuovo correre con energia ed entusiasmo sui sentieri della passione, sicura che il suo corpo potrà rispondere bene, come prima. Con chi e dove? Questo invece resta nella magia misteriosa dell’amore.