“Gentile Professoressa, probabilmente Lei ha già trattato il quesito che Le pongo, ma per me sarebbe di grande aiuto un Suo consiglio. Si tratta del problema contrario all’eiaculazione precoce – su cui ho visto molti Suoi articoli in questo sito – e cioè dell’ejaculazione difficile... Ho 49 anni, sono in buona salute e da quattro anni frequento una donna, Stefania, un po’ più giovane di me. Quando abbiamo rapporti, io ho un’erezione prolungata, anche di ore, e raggiungo l’orgasmo solo raramente. Il problema è che io e Stefania vediamo la cosa in modo completamente differente. A me pare di gratificarla molto, grazie alla mia resistenza. Lei, invece, si sente frustrata perché – dice – in questo modo “manca la condivisione del piacere” e i nostri momenti più belli finiscono per trasformarsi in una “maratona sessuale”. Non è che me faccia una colpa: anzi, affronta sempre l’argomento con molta delicatezza. Però sostiene che magari la causa è psicologica, che forse in passato ho avuto delle esperienze che hanno frenato la mia capacità di abbandonarmi. Lei che cosa ne dice? Io sto bene così, ma vorrei anche andare incontro alle esigenze della mia compagna...”.
Marino (Roma)
Marino (Roma)
Gentile signor Marino, il primo ostacolo è proprio la diversa percezione del problema che si coglie da quanto lei racconta. Per la sua compagna, secondo le sue stesse parole, si tratta di un impedimento a un piacere condiviso, che concluda il rapporto non solo dal punto di vista temporale, ma anche e soprattutto sotto il profilo della soddisfazione reciproca, data e ricevuta. Forse Stefania si sente anche messa in discussione, come donna e come amante, perché non riesce a regalarle il piacere che vorrebbe. Per lei, invece, il “problema” non sembra neppure essere tale, ma un modo per sentirsi più sicuro di sé e della sua mascolinità. Se le cose stanno davvero così, se lei è davvero contento, il presupposto per il cambiamento non c’è: a meno che il suo dichiararsi soddisfatto non sia una difesa per non mettersi in discussione e non accettare l’idea di avere un problema sessuale.
Da cosa dipende l'ejaculazione ritardata?
Il tempo medio di durata dell’erezione, dall’inizio della penetrazione all’ejaculazione, è una caratteristica condizionata geneticamente. Può essere brevissimo, oppure lungo fino all’impossibilità ejaculatoria. Oggi però, più che il dato grezzo del tempo, si preferisce valutare la possibilità di ejaculare “quando l’uomo lo desideri”. In questo modo si riconosce che ciò che conta davvero, dal punto di vista della salute sessuale, è la capacità e flessibilità del controllo, che può variare dall’accelerazione appassionata di un rapporto breve e rapinoso, ma desiderato e appagante per entrambi, all’eccellenza del gioco erotico prolungato per ore. La patologia viene quindi più riconosciuta nell’“obbligatorietà” psicofisica dei tempi fissi e nella mancanza di controllo modulatorio, invece che sul tempo inteso in senso assoluto.
A parte la genetica, quali altri fattori possono ritardare o inibire l'ejaculazione?
Innanzitutto l’educazione, specialmente quando associa il liquido seminale allo sporco. E poi il vero e proprio lavaggio del cervello che in alcune famiglie viene fatto sul “non mettere incinta la ragazza”, con la perfida variante del “non farti incastrare”. In questo modo si può creare un’attenzione ossessiva al controllo, che a sua volta stabilisce dei meccanismi di inibizione tendenti ad automantenersi.
I farmaci possono contribuire al disturbo?
Certamente. Alcuni antidepressivi, sia di vecchia generazione (come i triciclici) sia di nuova concezione (come gli inibitori della ricaptazione della serotonina) hanno la capacità di rallentare l’ejaculazione. Si tratta di un effetto apprezzato dagli ejaculatori precoci, fastidioso nei soggetti “normali”, e addirittura pesante se arriva a bloccare l’orgasmo, come succede con il crescere dei dosaggi. Lei, nella sua lettera, non parla di farmaci: usa per caso degli antidepressivi? Ricordi che, nel caso decidesse di farsi vedere da un andrologo, è indispensabile fornire indicazioni precise su tutte le eventuali terapie farmacologiche in corso. Infine anche la farmacoerezione, ossia l’iniezione nel pene di sostanze che promuovono l’erezione, può a volte dare un’erezione meccanica prolungata senza l’eccitazione mentale sufficiente per scatenare l’orgasmo.
Esiste la possibilità di una terapia non farmacologica?
Sì. Ma come le dicevo all’inizio, il vero nocciolo della questione è il diverso significato che l’ejaculazione ritardata ha per ciascuno di voi: per Stefania, quasi l’obbligo ad una “maratona”, e ammetterà che non è necessariamente una sensazione gradevole; per lei, una conferma di virilità e, forse, una rassicurazione sulla sua capacità di amante. Provi a guardare dentro a se stesso e a valutare le sue motivazioni: e visto che le esigenze della sua compagna le stanno a cuore, prenda in considerazione la possibilità di una terapia comportamentale breve, con un terapeuta davvero esperto in questo campo. Sempre tenendo presente, però, che senza una sua motivazione personale alla cura, per definizione non c’è terapia.