Sono più di 70.000 ogni anno, un esodo di cervelli, di entusiasmo, di talenti, di preparazione competitiva. Numericamente secondo solo alla Turchia. Tanti fatti in pochi numeri. Perché gli Italiani sono assunti di più? L’Italia ha licei mediamente migliori rispetto al resto dell’Europa (nonostante la decadenza degli ultimi anni), con maggiore capacità di integrare materie umanistiche (“humanities”) e scientifiche. I ragazzi italiani appaiono mediamente più colti, anche grazie alle famiglie. Sono emotivamente più solidi. Quelli svegli e ben seguiti, anche in casa (quanto conta l’ambiente affettivo e la serenità che riesce a dare!) studiano di più e coltivano sogni più grandi. Mi dà gusto dirlo. E soprattutto parlare con tante ragazze sveglie e preparate che all’estero trovano un futuro luminoso. Un dialogo immediato, perché una ginecologa di cui si ha fiducia diventa negli anni un’amica e un po’ anche un coach dei sogni di realizzazione. Un aspetto bellissimo del mio lavoro. E perché siamo secondi solo alla Turchia? Perché le opportunità concrete di lavoro qualitativo che offriamo sono altrettanto minime. E allora è meglio volare via, cittadini del mondo.
Che cosa resta uguale al passato? Innanzitutto, il senso di responsabilità verso la propria vita. Chi si sente al timone del proprio destino non lo butta via. Anzi lo dirige con accortezza e duttilità, e non lo abbandona mai né all’alcol né alle droghe. Secondo, la qualità dell’amore vissuto in famiglia, la forza delle radici. Stiamo certamente parlando di élites affettive e cognitive, ma di sicuro un grande fattore di realizzazione nella vita sta nella qualità della famiglia e della capacità dei genitori (o dei nonni!) di essere autorevoli, oltre che affettuosi. Tutte le ragazze in gamba che conosco, e che stanno già volando altissime, hanno un rapporto molto positivo con almeno uno dei genitori, spesso con entrambi, anche se separati. Una peculiarità italiana non adeguatamente apprezzata. Il primo fattore maieutico dei talenti di un figlio è la certezza di essere amato (non viziato, che è una distorsione perniciosa dell’idea di amore). Metto per primi senso di responsabilità e certezza di affetti perché la qualità della persona viene prima del livello culturale. Terzo, il valore dello studio e della competenza, soprattutto se si vuol seguire la strada della meritocrazia. Che all’estero sembra funzionare di più rispetto all’Italia. Valore doppio: «Se so di essere preparato – pensa il ragazzo – punto più in alto. Non ho paura di confrontarmi con il mondo. Anzi, la sfida mi esalta: perché mi porterà a prepararmi di più, a migliorare, a scommettere su di me e sul futuro». Quando la fiducia in sé, emotiva, e l’autostima, cognitiva, sono ben nutrite, non c’è difficoltà che impedisca il volo. Anzi, “per aspera, ad astra”. Attraverso le difficoltà si arriva alle stelle.
Che cosa c’è di più recente? Primo, l’importanza accelerativa, per le carriere all’estero, della conoscenza delle lingue straniere. Lo studio delle lingue dovrebbe cominciare fin da piccoli, anche guardando film e cartoon in un’altra lingua, magari sottotitolati. I bambini imparano alla velocità della luce. Basta divertirli nel senso più bello del termine. Qui il livello culturale della famiglia fa la differenza. Ma se i genitori, indipendentemente dal reddito, stimolano i figli a studiare bene, oltre all’italiano (da molti trascurato), anche una o due altre lingue, il futuro è rosa. Magari guardando insieme i film sottotitolati. Secondo, l’importanza di studiare all’estero anche al liceo, idealmente almeno per un anno, o durante i mesi estivi. Distacchi difficili per i genitori italiani, ma indispensabili. Quando le radici sono solide e forti, i figli volano benissimo in alto e lontano. Perché sanno bene dove sta la casa. Dove sarebbe bello tornare, se le opportunità di lavoro fossero degne dello standard acquisito. Qui sta la vergogna italiana. Dove raccomandazioni, cognomi e clientelismi contano ancora, e purtroppo, più del merito. Riusciremo a cambiare le cose?
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