Vittorio L.
Perché questo accade?
Il fattore che tende a separare anche due persone profondamente affiatate è proprio la sensazione che il modo che ha l’altro di vivere il lutto non sia quello che noi riteniamo “giusto”. Non sia abbastanza profondo, o sincero, o intenso. O, al contrario, che lo sia troppo, che duri troppo a lungo e in modo disturbante. E’ questa differenza nel modo di vivere il dolore di fronte a una perdita comune, come è quella di un figlio, che può creare fratture anche gravi nella coppia.
E’ invece importante capire e rispettare la “differenza” dell’altro, e al tempo stesso chiedere e ottenere che sia rispettata la propria.
Che cosa accade in chi non riesce a superare il trauma?
Ma a nostro figlio non dispiacerebbe?
E' normale che dopo un lutto scompaia anche il desiderio?
Dal punto di vista neurobiologico, la depressione:
- riduce i livelli di testosterone, l’ormone che anche nella donna accende il desiderio e aiuta l’eccitazione;
- aumenta gli ormoni dello stress, cortisolo e prolattina, che sono nemici giurati della sessualità;
- deprime i livelli di dopamina, il neurotrasmettitore cerebrale che media tutti i comportamenti “appetitivi”, ossia legati al desiderio di cibo, affetto, sesso, affermazione, potere;
- abbassa i livelli di serotonina, il neurotrasmettitore che regola il tono dell’umore.
Dal punto di vista nervoso, quindi, c’è una “frenata” generale di tutte le sostanze che regolano il nostro rapporto con il mondo e la nostra capacità di provare piacere anche in attività che prima ci davano gioia.
A questo corrisponde – sul piano psichico – la tendenza a chiudersi in se stessi, a non vedere più nessuno, a smarrire la voglia di fare e la progettualità per il futuro.
Che cosa si può fare per risolvere questa situazione?
Una psicoterapia ben fatta, dando parole al dolore, aiuta a esprimere la nostalgia, la malinconia, e a integrare il ricordo della persona amata come “presenza” interiore che ci accompagna nella vita quotidiana. L’aspetto più interessante, e anche meno noto, è che questo processo non agevola solo il recupero di un ragionevole livello di benessere psicologico, ma arriva a modificare persino l’attività biochimica delle cellule nervose, favorendo una maggiore comprensione degli eventi che ci hanno fatto soffrire e una migliore capacità di affrontare le difficoltà della vita.
Contemporaneamente, riequilibrando con i giusti farmaci il livello dei neurotrasmettitori e degli ormoni di cui abbiamo parlato, si migliorano nettamente l’energia vitale e il tono dell’umore, e si riducono l’ansia, la tristezza, la malinconia, la negatività, la tendenza al catastrofismo.
In altre parole, psicoterapia e farmaci non vanno intesi in modo alternativo, ma integrato.
Ma prendere dei farmaci non equivale a "barare" rispetto al dolore che proviamo?
L’effetto delle cure e della psicoterapia può poi essere potenziato da corretti stili di vita, in particolare dal movimento fisico praticato con regolarità: da una passeggiata di un’oretta all’aria aperta a un’attività più completa in palestra o in piscina.
Per quale motivo?
E sul piano della nostra relazione, cosa possiamo fare?
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