E’ necessaria una riflessione condivisa sull’uso improprio dell’equivalenza tra “frequente” e “normale”, che può essere pertinente dal punto di vista statistico, non dal punto di vista fisiopatologico. Se “tutti” abbiamo la lebbra, allora non è più una malattia terribile? Perché sul fronte della salute, ma anche dei comportamenti collegati alla salute, l’equivalenza insidiosissima tra frequente e normale è molto pericolosa e foriera di guai? In sé, il criterio di definizione della normalità, secondo la curva di Gauss, è statistico: ci dice che un parametro è “normale” quando interessa la maggioranza della popolazione esaminata, con percentuali specificamente diverse a seconda delle variabili e delle aree considerate. Tuttavia la normalità statistica di un parametro patologico, non significa che quella popolazione è sana in riferimento a quel parametro, ma che la maggioranza è malata!
In effetti, se una proporzione così ampia della popolazione, soprattutto in certe fasce d’età, ha una malattia, questo si traduce in un enorme problema: di patologie serie, dolore e comorbilità, per le persone che ne soffrono, di carichi accuditivi per la famiglia, e di altissimi costi per la società. Per esempio, l’osteoporosi è un killer silenzioso, come molte altre malattie, tra cui le cardiovascolari. Dà segno di sé tardi, quando è già avanzata, con fratture e dolore, oltre che con la riduzione d’altezza. La frattura di femore, poi, causa spesso morte per la trombosi che complica la degenza a letto. Certo, è frequente che ci sia questa complicanza. Ma è “normale” morire a seguito di una frattura di femore, per un’osteoporosi che poteva essere ben curata?
Il dolore mestruale, se intenso, è un fattore che predice l’endometriosi, malattia seria e grave perché causa infiammazione persistente, peggioramento dei dolori mestruali fino al dolore pelvico cronico, infertilità e altre patologie. Purtroppo il ritardo diagnostico tra comparsa dei dolori mestruali e diagnosi corretta di endometriosi è di ben 9 anni, proprio perché con la storia che quel dolore è “normale” si perdono anni e intanto la malattia causa disastri. Con l’endometriosi è frequente avere poi molte difficoltà ad avere figli. Ma è “normale” diventare sterili solo perché un sintomo è diffuso e quindi non lo si ascolta e cura?
Il fatto che problemi gravi come l’osteoporosi o il dolore mestruale, vengano “normalizzati” significa banalizzare il valore di una diagnosi seria e, di conseguenza, non mettere in atto terapie adeguate per limitarne la progressione. Nel caso dell’osteoporosi, se possibile, invertendone il peggioramento, ricostruendo osso sano, almeno nelle persone più giovani. Nel dolore mestruale, diagnosticando un’endometriosi curabilissima alle prime battute.
«Tutti abbiamo la vitamina D bassa, è normale!». E allora non dobbiamo assumerla per riportarla a valori adeguati? La questione è seria, perché la vitamina D è un formidabile alleato della salute: tra l’altro, a tutte le età stimola i nostri operai, gli osteoblasti, a costruire osso, contrastando osteopenia e osteoporosi; stimola i muscoli a costruire proteine contrattili, contrastando la tendenza alla perdita di muscolo (sarcopenia), che facilita cadute e fratture; migliora la competenza immunitaria, rallentando la comparsa e la progressione di molte malattie autoimmuni, tra cui la sclerosi multipla; e, non ultimo, riduce il rischio sia di tumori, sia di recidive. Ma allora è logico o no assumerla, fin da bambini e adolescenti, quando sia bassa, per migliorare salute, benessere e autoprotezione a lungo termine?
Lo stesso ragionamento vale per i comportamenti a rischio. Questa deriva percettiva, ma anche educativa, per cui ciò che è frequente diventa “normale”, sta portando a un degrado, anche morale, che si allarga a macchia d’olio. «Tutti rubano, nelle pubbliche amministrazioni»: e allora è normale?! Una sana distinzione tra frequente e normale dovrebbe aiutarci a tenere saldi i confini tra salute e malattia; tra condizioni carenziali e terapie necessarie; tra comportamenti a rischio e conseguenze prevenibili. Tra una moralità alla deriva e un senso etico solido anche nei tempi odierni, turbati da turbolenze e maremoti spirituali e comportamentali.
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