Che ruolo ha oggi la famiglia nella gestione dei conflitti? Si riducono separazioni e divorzi: che qualcosa stia migliorando? No, semplicemente anche separarsi costa. E mantenere due famiglie, o comunque due abitazioni con annessi e connessi, può essere al di sopra delle possibilità. Si sta insieme in mancanza di meglio. Il prezzo è la convivenza con conflitti e tensioni, con tutti i costi in salute fisica e psicoemotiva che questo comporta. Famiglia dunque come parafulmine. Oppure come galera. Ma c’è una terza possibilità, in crescita silenziosa. Famiglia come oasi, scelta o ritrovata, anche da chi, di necessità, opta per vivere da separati in casa. Con molta educazione e civiltà. Perfino più sereni di quando la coppia era tale, di nome e di fatto. Qualcuno c’è riuscito.
L’esperienza può essere interessante e meritevole di condivisione. Intanto, la motivazione: la coppia che chiude con la parte sessuale/amorosa del matrimonio, può decidere di continuare a coabitare per necessità, per ragioni difensive rispetto a scelte molto più costose, in denaro e non. Oppure per scelta costruttiva ed espressiva di un progetto di vita che considera alcune priorità ed è disposto a mediare sui mezzi per realizzarlo. La prima ragione sono i figli piccoli. Per molti genitori, per fortuna, i figli sono ancora un valore assoluto. La coppia può decidere di restare insieme, soprattutto se, a passione spenta, restano stima, amicizia, affetto, sintonia di sguardo sulla vita e sull’educazione dei piccoli. Ognuno fa con civiltà la propria vita amorosa, mentre viene gestita in assoluta parità e con rispetto la vita comune. Come si farebbe con un amico di qualità o un collega cui si tiene. Linguaggio adeguato, comportamenti coerenti, puntualità e rispetto degli impegni. Cassa comune, in proporzione al reddito, per la gestione di casa e figli, il resto ognuno se lo spende o risparmia come crede. Nuovi partner? Sì, ma fuori casa, almeno finché i figli non arrivano all’adolescenza. Week-end liberi alternati: ossigeno per tutti. Il tutto è più facile se uno dei due vive in parte in un’altra città per lavoro.
I vantaggi? A sentire le coppie che sono riuscite in questa originale ed efficace gestione, molti. Più serenità per tutti. Con ruoli più chiari, e meno turbati dal rumore di fondo del disaccordo affettivo/erotico, la coabitazione diventa più facile, mi dicono. Dal punto di vista economico, molto meglio del disastro, soprattutto per gli uomini, di pagare per due case. Niente avvocati e niente guerre di separazione, spesso più sanguinose e violente delle guerre vere. Figli che restano figli e non vengono usati come proiettili. Rapporti civili con le famiglie di origine, potendo continuare a contare sul loro aiuto, che con i piccoli è preziosissimo.
Tutto facile? No, certamente. E’ un progetto dinamico che prevede grande disponibilità reciproca. Che può attivare gelosie, soprattutto se uno dei due dà chiari segnali di essere innamorato: sensibilità e riservatezza sono fondamentali. Perché anche se si è dichiarato, reciprocamente, che ognuno dei due può avere una sua vita affettiva, le vecchie braci possono riaccendersi. I nuovi partner possono non gradire un embargo progettuale di alcuni anni. Anche se a termine, questo tipo di civilissima transizione ha meriti notevoli. Le coppie che l’hanno scelta ne sono un esempio convincente. Consente di costruire un percorso di evoluzione della coppia/famiglia che mantiene saldi i principi costitutivi. Salva dalla distruzione, e anzi valorizza, le parti migliori di sé e dell’altro/a. Educa i figli, con l’esempio, a comprendere che la passione può finire, ma si può stare insieme ancora, mantenendo intatte le parti più vitali della relazione, senza guerre, senza urli, senza insulti, senza aggressioni più o meno feroci. Che ci si può lasciare, restando amici e mantenendo condiviso e affettuoso l’impegno educativo verso i figli.
Dalla crisi, dalle difficoltà, può nascere un progetto di famiglia più fluido, ma che sa tenere il vento e il mare forte della fatica di vivere.
L’esperienza può essere interessante e meritevole di condivisione. Intanto, la motivazione: la coppia che chiude con la parte sessuale/amorosa del matrimonio, può decidere di continuare a coabitare per necessità, per ragioni difensive rispetto a scelte molto più costose, in denaro e non. Oppure per scelta costruttiva ed espressiva di un progetto di vita che considera alcune priorità ed è disposto a mediare sui mezzi per realizzarlo. La prima ragione sono i figli piccoli. Per molti genitori, per fortuna, i figli sono ancora un valore assoluto. La coppia può decidere di restare insieme, soprattutto se, a passione spenta, restano stima, amicizia, affetto, sintonia di sguardo sulla vita e sull’educazione dei piccoli. Ognuno fa con civiltà la propria vita amorosa, mentre viene gestita in assoluta parità e con rispetto la vita comune. Come si farebbe con un amico di qualità o un collega cui si tiene. Linguaggio adeguato, comportamenti coerenti, puntualità e rispetto degli impegni. Cassa comune, in proporzione al reddito, per la gestione di casa e figli, il resto ognuno se lo spende o risparmia come crede. Nuovi partner? Sì, ma fuori casa, almeno finché i figli non arrivano all’adolescenza. Week-end liberi alternati: ossigeno per tutti. Il tutto è più facile se uno dei due vive in parte in un’altra città per lavoro.
I vantaggi? A sentire le coppie che sono riuscite in questa originale ed efficace gestione, molti. Più serenità per tutti. Con ruoli più chiari, e meno turbati dal rumore di fondo del disaccordo affettivo/erotico, la coabitazione diventa più facile, mi dicono. Dal punto di vista economico, molto meglio del disastro, soprattutto per gli uomini, di pagare per due case. Niente avvocati e niente guerre di separazione, spesso più sanguinose e violente delle guerre vere. Figli che restano figli e non vengono usati come proiettili. Rapporti civili con le famiglie di origine, potendo continuare a contare sul loro aiuto, che con i piccoli è preziosissimo.
Tutto facile? No, certamente. E’ un progetto dinamico che prevede grande disponibilità reciproca. Che può attivare gelosie, soprattutto se uno dei due dà chiari segnali di essere innamorato: sensibilità e riservatezza sono fondamentali. Perché anche se si è dichiarato, reciprocamente, che ognuno dei due può avere una sua vita affettiva, le vecchie braci possono riaccendersi. I nuovi partner possono non gradire un embargo progettuale di alcuni anni. Anche se a termine, questo tipo di civilissima transizione ha meriti notevoli. Le coppie che l’hanno scelta ne sono un esempio convincente. Consente di costruire un percorso di evoluzione della coppia/famiglia che mantiene saldi i principi costitutivi. Salva dalla distruzione, e anzi valorizza, le parti migliori di sé e dell’altro/a. Educa i figli, con l’esempio, a comprendere che la passione può finire, ma si può stare insieme ancora, mantenendo intatte le parti più vitali della relazione, senza guerre, senza urli, senza insulti, senza aggressioni più o meno feroci. Che ci si può lasciare, restando amici e mantenendo condiviso e affettuoso l’impegno educativo verso i figli.
Dalla crisi, dalle difficoltà, può nascere un progetto di famiglia più fluido, ma che sa tenere il vento e il mare forte della fatica di vivere.
Crisi economica Famiglia e rapporti familiari Rapporto di coppia Riflessioni di vita Separazione e divorzio