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Sport: l’antidoto contro pigrizia, ansia e depressione

Sport: l’antidoto contro pigrizia, ansia e depressione
28/02/2022

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Olimpiadi estive, paralimpiadi e olimpiadi invernali: gli atleti italiani hanno brillato, nonostante covid, lockdown e restrizioni. Non si sono fatti un alibi delle difficoltà feroci che hanno interferito con la loro preparazione atletica e il loro equilibrio psicoemotivo. Né sembrano aver sofferto gli atleti stranieri, arrivati a competere in strepitosa forma fisica ed emotiva. I nostri atleti ci hanno ridato l’entusiasmo e l’orgoglio di essere italiani. Ci hanno commossi, dopo le cadute, nell’ammirare resurrezioni volute con coraggio indomabile, disciplina portentosa e immenso cuore. Certo, gli atleti vincenti rappresentano eccellenze dal punto di vista fisico e mentale: del carattere, della personalità, della capacità di resistere a frustrazioni, fallimenti e infortuni, senza arrendersi. Anzi, con una capacità di resilienza straordinaria che li porta a risorgere e centrare l’obiettivo di una vita proprio dopo il periodo più nero. Sono le punte di diamante di una generazione che è invece in grossa difficoltà.
Un’accurata meta-analisi condotta su oltre 80.000 adolescenti, pubblicata sul Journal of American Medical Association (JAMA Pediatrics), ha dimostrato che i casi di depressione tra i giovani sono più che raddoppiati nel mondo, in questi anni di Covid, ormai al terzo inverno. Ne soffre un adolescente italiano su quattro, oltre il 25%, anche secondo gli ultimi dati presentati al congresso della Società Italiana di Neuro-Psico-Farmacologia (SINPF), lo scorso gennaio. In ogni classe, un quarto degli studenti ha una depressione clinicamente rilevante, che li emargina dallo studio e dalla vita. Con mesi e anni buttati, ritardi di apprendimento, vite impigrite, lacerate o deviate sui binari morti dell’alcol e della cannabis, come dimostrano altri studi epidemiologici. La chiusura in casa, la scuola in DAD, la perdita della vita sociale hanno comportato una riduzione dell’attività fisica, ludica e sportiva, con un pesante costo in salute.
Che cosa possiamo apprendere dai nostri sportivi? L’evidenza è lampante: l’attività fisica quotidiana è il primo fattore di riequilibrio energetico e di salute a tutte le età. Giocare, saltare, nuotare, ballare, correre in bicicletta entusiasmano corpo e cervello e scacciano la pigrizia, soprattutto se praticati all’aria aperta insieme agli amici. Riducono depressione e ansia, aumentano le endorfine, che sono le molecole della gioia, premiano e motivano grazie all’allegria e alla felicità fisica che regalano. Migliorano il fisico, rendendolo più scattante, tonico, atletico. Migliorano la percezione di sé, l’immagine corporea, l’autostima, la sensazione di esistere e di farlo con gusto. Se lo sport è agonistico, l’atleta affina e migliora la capacità di disciplina, autoregolazione e autonomia vera. Molti atleti riescono anche a combinare bene l’impegno sportivo con quello scolastico. Di converso, l’inattività fisica porta mente e corpo a essere ingorgati di emozioni negative e tossiche. L’overdose di social media impoverisce il cervello. L’uso minimalista del linguaggio, a colpi di parole sincopate ed emoticon, riduce l’attivazione di molte aree cerebrali, mina la capacità di concentrazione, decapita l’elaborazione raffinata del pensiero e delle emozioni.
Il panico che molti studenti hanno avuto all’idea di dover fare il compito scritto di italiano alla maturità dà la misura di quanto si sentano impreparati a fare la cosa più elementare del mondo, dopo ben tredici anni di scuola: scrivere pensieri compiuti in un italiano decente. Qualcuno ha ipotizzato di eliminare la prova scritta, proposta ora rientrata, come se eliminare gli ostacoli aiutasse a crescere. E’ vero il contrario: la frustrazione “ottimale” è un fattore cardinale di formazione e irrobustimento del carattere. Di converso, lo spianare sempre la vita ai figli, iperproteggendoli, li impigrisce e li svilisce, invece di rafforzarli. L’eccesso di vita virtuale, a scapito di quella reale, impoverisce l’esperienza diretta della vita che è la base di ogni sano percorso di crescita.
Animati dall’entusiasmo acceso dall’anno d’oro dell’Italia sportiva, incoraggiamo i nostri figli di ogni età a iniziare o riprendere uno sport per il quale sentano attrazione, voglia di provarsi e continuare. Pratichiamolo noi stessi, perché è il primo fattore di salute. In parallelo, il Governo rifletta (anche) sull’importanza di riportare seriamente lo sport a scuola e di incentivarlo in modo capillare nei quartieri e nelle città. Sarebbe il modo più sano e lungimirante per riaccendere la voglia di vivere in molti dei nostri spaesati ragazzi. Prima che si perdano, senza più bussola interiore né futuro. Perduti per sé e per il Paese.

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