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Tempo di tradimenti, anche verso se stessi

07/08/2006

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Si parla molto di tradimenti estivi. Sono sempre più frequenti, per uomini e donne, con la complicità delle stelle, del mare, delle notti lunghe e musicali, dell’ebbrezza dell’alcool o di altre droghe. Nascono sull’onda di un crescente bisogno di piacere fisico, di trasgressioni e di emozioni. Sbocciano spesso casuali, quasi da uno stordimento dei sensi, per l’urgenza di sentirsi (ancora) vivi, come se solo il tradimento fosse capace di superare quel senso di ottundimento, di grigiore, di vita in narcosi, estraniata da sé, che per tanti è la cifra dell’esistenza quotidiana.
Per molti, l’emozione del tradimento è appagante: perché regala giorni a colori, tuffi al cuore, ed emozioni da ricordare, quando l’autunno trascolora e il lungo inverno, con i suoi giorni sostanzialmente uguali, tornerà ad affacciarsi con freddezza alle porte delle nostre case. Per altri, tuttavia, l’emozione diventa dolceamara: perché la promessa di felicità dell’attesa, dei primi slanci di desiderio (che magari dormiva da anni), di struggimento della pelle e del cuore, di sogni ad occhi aperti e chiusi, si frattura contro la realtà. La realtà di un amore non corrisposto, di uno slancio che sembrava passione ed è un’avventura di una notte di cui l’altro, di te, non ricorda nemmeno il nome. La realtà della delusione, perché l’intuizione di un’intesa, anche sessuale, affonda nell’insoddisfazione, nel silenzio del corpo, nella verità delusa di un onesto “E’ poi tutto qui?”, quando la lucidità del mattino toglie pagliuzze dorate e lustrini agli incanti della notte. La realtà del pericolo, perché il sesso entusiasta, ma senza protezione, può portare con sé il regalo avvelenato di una malattia sessualmente trasmessa. La realtà della rottura della relazione principale, perché il tradimento scoperto crea una lacerazione irreparabile, una collera sorda, un confronto impietoso, un’urgenza di cambiamento che non è più disposta a mediazioni e riflessioni.
In questo vortice di amori e di illusioni, di sogni e di trasgressioni, tuttavia, il tradimento più insidioso che si consuma ogni estate è quello verso sé stessi. Perché l’inquietudine, l’insoddisfazione, l’umore grigio, il senso di costrizione, se non di prigione, che molti avvertono nella vita quotidiana durante tutto l’anno non può avere come unica risposta, conformista e stereotipata, la ricerca di un’emozione di pelle, pur calda e vibrante, e di una trasgressione estiva. Per molti, quell’inquietudine nasce da una ferita più profonda, da un dolore più pervadente, da un senso di estraneità cui purtroppo non si dà ascolto, se non per rifugiarsi, appunto, in quella ricerca compulsiva di emozioni estive con cui calmierare, per altri undici mesi, il sostanziale senso di vita in sordina in cui si abita per il resto dell’anno. C’è una risposta diversa, per quell’inquietudine, una risposta più coraggiosa e certamente non conformista: tornare all’idea di sé, al progetto di sé, che c’era e non è stato realizzato. Un viaggio interiore, con l’aiuto di una vacanza meno rumorosa, magari anche con lunghe pause di silenzio, in montagna, in campagna o su una spiaggetta solitaria. Oppure ritornando a casa, se si è emigrati, per lavoro o per amore, in un’altra città, specie se distante dalla terra in cui si è nati. C’è una direzione preziosa, in questo lasciarsi andare all’ascolto dell’inquietudine. Un cartello che ti dice su quale orizzonte dell’anima puoi viaggiare, ad occhi aperti e chiusi. Un unico suggerimento: “Ricordati chi eri”. Chi eri nelle tue potenzialità, nei tuoi sogni, nell’idea di te che è rimasta inespressa, nei tuoi desideri. Ricordalo, e cerca di realizzarlo, prima che sia troppo tardi. Ricordati chi eri anche nelle tue radici, se le hai smarrite e forse perdute. Anche nei sapori e nei profumi che hai dimenticato, nelle piccole liturgie familiari che si sono smarrite o non hai saputo o potuto condividere, o trasmettere ai tuoi figli. Ora che l’estate ti lascia un po’ di tempo non concitato e compresso nella routine, consentiti di ricordarti chi eri. Perché da lì può venirti l’intuizione per cambiare quello che non va. Nel tuo modo di essere. O in quello che fai. Certo, è un viaggio che può essere doloroso  e meno esaltante, all’inizio, di un tradimento estivo. E tuttavia, in quel ritrovare sé stessi, o cominciare a farlo, c’è la risposta più saggia all’inquietudine. C’è la via per la pacificazione e la soddisfazione. C’è il gusto di una scommessa con sé stessi, e la voglia di entusiasmarsi ancora, ma meglio e più a fondo. In modo meno illusorio e più autentico,  convinto e duraturo. Perché questo percorso per ritrovarsi  non si muove nella selva delle esaltazioni a termine, ma potrà riattingere alle acque profonde e vive dell’Io, che erano state perdute. Certo, non si torna indietro nella freschezza della pelle, o nella fragranza del corpo, o nella forza e nella potenza di un gesto. A volte è tardi anche per una svolta radicale nella  professione. Ma c’è sempre la possibilità comunque di esprimere una parte cardinale di sé, che era stata zittita e negletta. Il dono di quelle acque profonde, di quel ritorno a sé stessi, a una realizzazione più completa, per non tradirsi più, può essere molto persuasivo e appagante. Lo vedo quotidianamente nelle donne e negli uomini che hanno avuto il coraggio di tornare a sé stessi, in una parte di sé significativa. Questo percorso ha una sua luce che non teme gli anni, e  che illumina gli occhi o il sorriso con un fascino nuovo. Perché ha l’energia luminosa, e rasserenante, che emana da ogni donna e da ogni uomo che abbia (ri)trovato con coraggio la propria musica.

Autorealizzazione Riflessioni di vita Tradimento

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