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Terremoto: stress, dolore, sofferenza cronica

07/11/2016

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

«Terremoto: non posso più tornare a casa!». Una delle poche consolanti certezze della vita viene minata dal terremoto, paradigma temibile dei cataclismi naturali, ancor più se le scosse continuano a ripetersi a distanza di giorni, settimane o mesi. Facendo dell’eccezione una regola dolorosa e insidiosa, come sta succedendo nelle amate regioni dell’Umbria e delle Marche. L’impossibilità, all’inizio temporanea, rischia di diventare definitiva, dominando non solo il presente ma anche il futuro.
Con quali conseguenze di dolore, di insicurezza, di stress, di sofferenza psicologica e cerebrale a lungo termine? L’impossibilità di rientrare a casa, per un evento naturale traumatico e incontrollabile, come un terremoto o un’inondazione, mina il bisogno primario di ogni essere umano: il bisogno insieme di un amore che abbia solide radici, la famiglia in primis (bisogno di “attaccamento affettivo”), e di un luogo – la casa, la terra – a cui appartenere. Una certezza emotiva che cresce nutrita dall’affetto di parenti e amici e ritrova nella casa il luogo principe della vita della famiglia: “dove abita il cuore”, dove affondano e si attaccano le nostre radici.
Le conseguenze dello sradicamento violento causato dal terremoto sono diverse, complesse e gravi. Dal punto di vista fisico, la scossa scatena una violentissima scarica di adrenalina, che attiva in un secondo il sistema di allarme per la sopravvivenza: cuore a mille, respiro accelerato, allerta dei muscoli, vasocostrizione periferica. Il corpo si prepara alla fuga. Se la scarica di adrenalina è violenta al punto da causare panico e angoscia fino a un vero terrore, il corpo può venire congelato nell’immobilità, “pietrificato”, al punto da non riuscire a muoversi. Tutto il cervello registra in un secondo l’evento traumatico, l’esperienza di angoscia e terrore: non la dimenticherà più, perché siamo programmati per ricordare gli eventi pericolosi, se riusciamo a elaborare strategie che ci consentano di sopravvivere, nel caso poi si ripetano. Si parla allora di “spirito di sopravvivenza”, come dicono gli italiani, o di “survival skill”, capacità/abilità di sopravvivenza, come dicono gli anglosassoni, con interessante differenza linguistica e di significato.
La registrazione cerebrale dell’evento traumatico ha due percorsi principali, con tutti i gradi intermedi: adattativo, quando serve a migliorare le capacità fisiche e mentali con cui affrontare quello e altri traumi; e maladattativo, quando genera uno stato di stress, di sofferenza emotiva acuta che diventa poi permanente, noto come “sindrome post-traumatica da stress” (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD). Descritta in modo accurato nei soldati veterani americani, questa sindrome può colpire in modo significativo il 7,8-10% delle vittime di un terremoto, ancor più se ferite, se con parenti feriti o morti, e/o se costrette ad abbandonare le loro case. Si tratta di uno stato di allerta permanente, attivato da un’angoscia che non si attenua e non si risolve. I principali disturbi includono: un ricordo “intrusivo” dell’evento traumatico che inatteso torna alla coscienza, riattivando e ripetendo il ricordo con tutto il terremoto di adrenalina e di angoscia associati, come se lo si stesse rivivendo di fatto nella realtà (“flashback”); uno stato mentale intorpidito, con stordimento e confusione; la tendenza ad evitare tutto ciò che ricordi o sia riconducibile all’esperienza traumatica (anche indirettamente o solo simbolicamente); incubi, che possono far rivivere l’esperienza traumatica durante il sonno, in maniera molto vivida e con tutta l’attivazione adrenalinica di terrore come se il terremoto stesse realmente avvenendo in quel momento del sogno; un’allerta permanente (“iperattivazione psicofisiologica”), caratterizzata da insonnia, irritabilità, ansia, aggressività e tensione generalizzate. In alcuni casi, la persona colpita può cercare “sollievo” con abusi di alcol, droga, farmaci e/o psicofarmaci, di fatto peggiorando la situazione.
Questa sindrome può colpire le vittime, i familiari ma, a volte, anche i soccorritori più vulnerabili a questo tipo di stress fisico ed emotivo. Perché è importante conoscerla? Per comprendere il dolore profondo che il terremoto e l’abbandono delle case comporta; per comprenderne le conseguenze emotive, incluse l’aggressività e l’irritabilità che possono lasciare sorpresi e amareggiati familiari e personale di assistenza; per iniziare terapie adeguate, sia di sostegno psicologico, sia, se indicato, anche farmacologiche. L’onda lunga del terremoto causa un dolore protratto, che ha molti volti e molte insidie. Lo sciame di scosse telluriche può colpire a fondo anche le aree segrete del nostro cervello dove l’angoscia s’incista fino a diventare malattia. Nella vita reale, costruire case più sicure è insieme prevenzione e cura. Nella vita emotiva, comprendere e curare la sindrome post-traumatica da stress significa ricostruire la casa interiore, la certezza di ritrovare quel luogo fisico ed emotivo dove abita il cuore.

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