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Tienimi la mano: il dolore da parto si attenua

03/07/2017

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Se il partner tiene la mano della donna durante il travaglio, il dolore di lei si riduce significativamente. L’effetto antalgico non c’è se invece lui è lì, ma in un’altra stanza, oppure è lì, ma non la può toccare. Lo spiegano Pavel Goldstein e collaboratori dell’università del Colorado, sulla rivista Scientific Reports. «Più empatia c’è con il partner, più forte sarà l’effetto analgesico e la sincronizzazione quando le due persone si toccano», commenta Goldstein.
L’idea è venuta al ricercatore dopo aver notato che, tenendole la mano, il dolore della moglie durante il parto della figlia sembrava ridursi. Così ha sottoposto 22 coppie tra 23 e 32 anni di età, insieme da tempo, a diversi test in cui si imitava una sala parto. Se il partner poteva tenerle la mano, i loro ritmi fisiologici si sincronizzavano e il dolore di lei diminuiva. Più empatia mostra l’uomo verso la donna, più il suo dolore diminuisce.
Perché succede? Il dolore ha due componenti: la prima è la sensazione, causata dalle sostanze infiammatorie prodotte durante il travaglio, oppure in un organo malato o disfunzionale. L’infiammazione è un incendio biochimico, scatenato da diversi fattori fisici. Più l’infiammazione è intensa, maggiore è la sensazione di dolore. La seconda componente è la percezione: risulta dall’integrazione che il cervello fa tra la sensazione dolorosa, le emozioni negative associate al dolore e il ricordo di altre esperienze dolorose. La percezione è dunque una sintesi soggettiva tra la sensazione, la storia personale di quello e altri dolori, e il supporto affettivo o meno che la persona che soffre sente attorno a sé.
Il dolore, se acuto e intenso, scatena emozioni negative fino all’angoscia, anche di morire. In che modo allora il tenere per mano può ridurre il dolore? La ragione sta nella struttura delle vie del dolore e nel ruolo delle emozioni nel modificarne l’attività. La via del dolore connette ogni organo con il cervello. E’ fatta di molte cellule nervose in sequenza (“via multisinaptica”), che comunicano tramite segnali microelettrici: possiamo immaginare ogni passaggio tra una cellula e l’altra come un incrocio con un semaforino comandato dal cervello. Se abbiamo paura, se ci sentiamo soli, tutti i semafori diventano verdi (la via del dolore diventa a “bassa resistenza”). Ed ecco che i segnali del dolore, attivati dal travaglio e dal parto, o da un organo ferito, viaggiano rapidi verso il cervello e accendono le aree emotive essenziali per la sopravvivenza: quelle della paura, dell’ansia e del panico. Di converso, la carezza, la mano tenuta con tenerezza, l’abbraccio sincronizzano i bioritmi, anche del respiro e del battito del cuore, calmandoli, e dicono alla persona (e al suo cervello!): «Stai tranquilla, non avere paura, sono qui con te, andrà tutto bene». Questo messaggio affettuoso calma l’ansia, riduce la paura e fa virare al rosso i semaforini delle vie del dolore, che diventano ad “alta resistenza”. Meno segnali di dolore arrivano al cervello: cresce il sollievo. Al contempo, il contatto con la mano attiva le vie sensoriali che partono dalla pelle. Le fibre nervose sensitive arrivano al midollo spinale, dove attivano il cosiddetto “controllo di porta” (“gate control”). Il segnale affettuoso che parte dalla pelle ha la precedenza e chiude, o socchiude, la porta al segnale di dolore. Il tenersi per mano, una carezza, o un abbraccio, riducono la percezione del dolore, perché agiscono calmando le emozioni negative: ansia, paura, angoscia, terrore di sentirsi abbandonati che invece amplificano la percezione se siamo soli. Sono le emozioni negative a far diventare verdi tutti i semaforini sulle vie del dolore.
Almeno due le implicazioni pratiche: riscopriamo il potere analgesico, di conforto e di cura, della carezza, del tenersi per mano, dell’abbraccio, a tutte le età. Ricordiamoci di tenere la mano alla mamma anziana e ammalata, al papà malato, soprattutto se abitano da soli, quando andiamo a trovarli. Ricordiamoci di parlare lentamente e con dolcezza, con un sorriso gentile: la voce calma è una carezza per l’anima e, in sinergia con il contatto affettuoso della mano, o un abbraccio, ha un potere di consolazione straordinario, per il dolore del corpo ma anche del cuore. E, signori uomini, state vicini alle vostre compagne in travaglio, e tenete la mano con affetto e sollecitudine. Se per il parto non ve la sentite, pazienza, ma condividere e stare vicini durante il travaglio rende unica l’esperienza del dare la vita a vostro figlio. La vostra compagna sentirà meno dolore, vi sentirà più vicini, si sentirà più compresa e amata. Voi sentirete una volta di più quanto dolore, oltre che felicità, ci sia nel diventare madri. E quanto rispetto e sollecitudine, oltre all’amore, meriti una donna che vi regala un figlio.

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