Questi dati preoccupanti sono emersi da un’indagine condotta da Doxa per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVOItalia) su circa 5.000.000 di donne italiane che hanno partorito tra il 2003 e il 2017, nonostante l’Italia abbia una mortalità materno-fetale fra le più basse del mondo. Le donne chiedono un ritorno al “parto naturale”. che tuttavia è gravato di mortalità materne e fetali molto più del parto assistito. Anche il parto all’inizio più fisiologico può volgere in tragedia in pochi minuti per ragioni biologiche a volte imprevedibili, dal distacco intempestivo di placenta ai giri stretti di cordone attorno al collo, alle emorragie gravi post-partum per patologie di annidamento della placenta.
Come fare? Un aspetto essenziale del parto naturale è il rispetto del tempo necessario perché il corpo della mamma si adatti a far passare in una vagina di due-tre centimetri di larghezza un bambino di tre-quattro chili di peso, la cui testa a termine ha un diametro tra i nove e i dieci centimetri. L’adattamento è doloroso per entrambi, ma è qui che la medicina in Italia (e non solo) ha preso un strada discutibile. Per ridurre il dolore, e “fare presto”, si accelerano sia il travaglio con la somministrazione endovena di ossitocina, l’ormone che fa contrarre l’utero, e con la rottura strumentale del sacco amniotico (“amniorexi”), sia il parto con il taglio dei tessuti genitali (“episiotomia”, che va poi suturata con una “episiorrafia”), per facilitare l’uscita del piccolo. Questa accelerazione innaturale forza la spinta del corpo del piccolo dentro il canale da parto, spesso senza che ci sia stato tempo per l’adattamento elastico necessario delle delicate strutture di mamma e bambino. Conseguenze? Aumentato rischio sia di sofferenza fetale, con taglio cesareo d’urgenza, quando va bene, sia di lacerazioni materne anche gravi, con rischio di dolore genitale e sessuale persistente, di incontinenza urinaria, e più raramente fecale, di prolasso.
Come ritornare a un naturale che rispetti il tempo e la danza tra corpo della mamma e corpo del bimbo, in condizioni di massima sicurezza e quindi in ambiente ospedaliero adeguato, accogliente e rispettoso? La prima condizione è essere ben seguite prima e durante la gravidanza, per arrivare al parto normopeso e in salute. La seconda è insegnare a tutte le donne, ben prima del parto, come rilassare e distendere bene i muscoli che chiudono in basso il bacino, con il respiro di pancia (“diaframmatico”), individuando bene quelle che hanno un “ipertono” o altre condizioni che meritano una fisioterapia con stretching e massaggio per ottimizzare l’elasticità di muscoli e connettivi prima del parto, così da prevenire problemi nel periodo espulsivo o dover ricorrere alla violenta episiotomia. La terza è offrire durante il travaglio, a tutte le donne, in tutti gli ospedali, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, la possibilità dell’analgesia peridurale, come si fa in Francia (invece che averla solo su richiesta, solo nei feriali, solo di giorno e solo in pochi). Ministro della Salute, dove sei? Con l’analgesia la donna non ha dolore, o quasi, durante il travaglio, che può essere lungo e dolce, se mamma e piccino, ben monitorati, stanno bene. Con il sacco amniotico integro (senza amniorexi!), che si romperà poi spontaneamente al giusto tempo, e contrazioni a ritmo naturale (senza ossitocina!), il bimbo è protetto dall’acqua che lo avvolge e la testa ha davanti un cuneo elastico d’acqua che “allarga” dolcemente il canale da parto senza traumi per il piccolo e per la mamma. Un massaggio del perineo e del muscolo elevatore, fatto da un’ostetrica esperta, faciliterà la progressione nel periodo espulsivo, senza tagli e con lacerazioni minime o assenti. Il tutto in un’atmosfera di attenzione, rispetto e gentilezza, doverosa in tutto il personale medico e paramedico.
Amniorexi Episiotomia / Episiorrafia Ossitocina e vasopressina Parto vaginale / Parto cesareo Rischi ostetrici e fetali