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Violenza sessuale: come ritornare a vivere dopo il trauma

08/07/2014

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Una mia carissima amica mi ha confidato di aver subito violenza da parte di un cugino più grande quando aveva 10 anni e di non aver avuto il coraggio di parlarne con nessuno, finché non ha fatto due anni di psicoterapia, ancora in corso. Dal punto di vista emotivo sta meglio ma adesso, anche se ha 29 anni, non riesce ad avere rapporti perché ha un dolore tremendo… C’è una relazione fra le due cose? Come posso aiutarla?”.
Marilena T. (Nuoro)
Sì, tra violenza sessuale e dolore ai rapporti c’è una correlazione precisa: il dolore subìto, l’umiliazione, la paura, l’angoscia, le stesse lesioni fisiche che la donna può subire a livello genitale, provocano la contrazione difensiva dei muscoli che circondano la vagina (“elevatore dell’ano” e altri più piccoli). Questa contrazione involontaria, che può però essere molto forte, è inconsciamente finalizzata a proteggersi da altri abusi. E’ un’ottima scelta l’aver fatto una psicoterapia specifica, per dare parole al dolore e superare le molte conseguenze emotive di un simile trauma, che spesso è negletto in famiglia. Tuttavia, studi molto rigorosi hanno dimostrato come sia indispensabile fare anche un lavoro fisioterapico, finalizzato a rilassare i muscoli del pavimento pelvico, proprio per curare la causa principale del dolore ai rapporti che non scompare con la sola psicoterapia. Corpo e cuore vanno trattati in parallelo, anche e soprattutto dopo un abuso!
Preciso tuttavia che la maggior parte dei casi di dolore ai rapporti non è causata da pregresse violenze, ma da altri fattori medici, fra cui le vaginiti recidivanti da Candida, la vestibolite vulvare (o vestibolodinia provocata), l’episiotomia e le lacerazioni da parto, la secchezza vaginale, la carenza di estrogeni, la radioterapia… La diagnosi differenziale è sempre alla base di una terapia efficace!

Le ragioni del corpo

Il nostro corpo ricorda. Ricorda tutto. Le carezze che abbiamo ricevuto, le cure, le attenzioni, i momenti felici, ma anche le ferite, fisiche ed emotive, le percosse, i traumi, gli abusi fisici e sessuali, che abbiamo subìto. Se le esperienze positive costituiscono una sorta di “scudo d’oro” nei confronti delle difficoltà della vita, quelle negative, fisiche o psichiche che siano, e l’abuso soprattutto, diventano una “gabbia velenosa” che imprigiona il nostro corpo, i nostri sogni e il nostro futuro. Che erode la nostra energia vitale e la nostra stessa aspettativa di salute.
Attenzione: la memoria non è solo quella psichica, che ha precise sedi nel nostro cervello a livello del lobo limbico e dell’amigdala. Esiste anche una memoria “somatica”, fisica, mediata dal sistema neurovegetativo, fondamentale perché coordina e dirige tutte le funzioni involontarie (automatiche) del nostro corpo: il sonno, l’appetito, la digestione, il respiro, i battiti del cuore, la pressione arteriosa, la tensione muscolare, la sudorazione… Un esempio per tutti: quando abbiamo un incubo che ci fa rivivere un trauma subìto (un abuso, un incidente, un abbandono), nel sonno riviviamo lo stesso terremoto neurovegetativo vissuto al momento del trauma. Il terrore, l’orrore, l’angoscia di morte sono gli stessi; e sono uguali alla prima esperienza anche la contrazione muscolare, il cuore a mille, il respiro oppresso, la sudorazione gelata. Ogni incubo radica quell’esperienza terribile ancora più a fondo nel ricordo. Oggi sappiamo che esiste un vero e proprio “cervello enterico”, traduzione scientifica del popolare “pensare e sentire con la pancia”. Un cervello complesso, in cui abita una parte fondamentale del sistema neurovegetativo, ma in cui si trovano in grande maggioranza anche i neurotrasmettitori principe – come la serotonina – che regolano il tono dell’umore, lo stato di benessere o malessere, la depressione, l’ansia o la tristezza, che hanno precisi correlati nella funzione o disfunzione gastrointestinale.
Non solo ricordi, dunque, ma complessità di esperienza psichica vissuta ed espressa con tutto il corpo. “Somatizzare”, allora, non significa affatto, come molti intendono, “inventarsi le malattie o i disturbi con la psiche”, ma esprimere anche attraverso il corpo quello che succede nella mente. E viceversa: cominciamo allora a capire perché una violenza sessuale può causare dolori addominali cronici, dolori pelvici, cefalee, mialgie, oltre ad ansia, depressione, sindrome post-traumatica da stress, angosce e fobie. Tutto il nostro corpo parla la stessa lingua, anche se a livelli diversi di complessità. Per limitare le conseguenze è indispensabile cercare un aiuto medico e psicologico, ma anche ottenere giustizia.

Come riconoscere i sintomi e i segni di abuso nelle bambine

Essenziali nella visita: delicatezza e empatia, necessarie data la sensibilità e la vulnerabilità di una bambina che può essere stata abusata. Per questo è meglio che venga effettuata in centri qualificati da personale molto competente.
Ecco che cosa è necessario prendere in considerazione:
- segni visibili: ecchimosi e lacerazioni genitali (presenti nel 20% dei casi) o in altre parti del corpo;
- indicatori aspecifici di disagio, quali: disturbi del sonno, con difficoltà di addormentamento, paura del buio prima inesistente, risvegli improvvisi, incubi; disordini alimentari (anoressia, bulimia o fluttuazioni tra entrambi i comportamenti); perdita di controllo degli sfinteri; atti di autolesionismo;
- indicatori più specifici di disagio, quali: interesse o comportamenti sessuali atipici per l’età; atti “seduttivi”; masturbazione compulsiva; reazioni estreme al lavarsi o ad essere lavati; rifiuto di partecipare ad attività sociali (per esempio, uno sport) che implichino momenti di nudità.
Le ripercussioni a distanza di episodi abusivi sono molteplici e sono influenzate:
- dal tipo di relazione con l’abusante;
- dal fatto che la bambina venga o meno creduta e sostenuta in ambito soprattutto familiare, ma anche giudiziario.
E’ indispensabile l’elevata competenza di psicologi, neuropsichiatri e giudici.

Le ragioni del cuore

Proprio il dialogo stretto tra corpo e mente, tra esperienze, emozioni e terremoti neurovegetativi, rende inscindibili le conseguenze psicoemotive da quelle fisiche. La violenza sessuale colpisce la donna a tre livelli cardinali:
- nell’identità sessuale, nella femminilità, ma anche nell’autostima e nella fiducia di meritare di essere amata, perché l’abuso la fa sentire “sporca”, “degradata”, immeritevole (come se ci fosse una colpa e o una responsabilità);
- nella funzione sessuale, con caduta del desiderio, dell’eccitazione, difficoltà orgasmiche e dolore ai rapporti;
- nella relazione di coppia: anche quando l’abuso è causato da terze persone, ci possono essere gravi conseguenze fisiche, emotive e sessuali (dall’abbandono ad abusi successivi all’interno della coppia).
Per uscire da questo tunnel doloroso, fisico ed emotivo, sono indispensabili:
- una diagnosi accurata della violenza e appropriate terapie mediche, anche farmacologiche: per esempio, la paroxetina, un antidepressivo, assunta subito dopo la violenza per settimane o mesi, sotto controllo medico, riduce le conseguenze depressive a lungo termine e la gravità della sindrome post-traumatica da stress;
- una psicoterapia, per dare parole al dolore e liberarsi della tempesta di emozioni negative, di sensi di colpa e di indegnità che l’abuso provoca;
- una fisioterapia, per ridurre il rischio di ipertoni del muscolo elevatore con successivo dolore ai rapporti;
- una terapia sessuologica specifica, quando indicata.
Con la terapia appropriata, un adeguato sostegno affettivo – in famiglia, nella coppia o nell’amicizia – e un aiuto spirituale, anche dopo un abuso è possibile ritornare ad avere fiducia (selettiva) nelle persone e nella vita e ritrovare il sorriso.

Che cosa fare se si subisce una violenza?

- Non andare a casa e non lavarsi prima della visita medica: questo potrebbe eliminare le tracce più importanti per documentare la violenza e per identificare l’aggressore/i attraverso sperma, capelli, sangue o altre tracce biologiche.
- Rivolgersi subito al più vicino Pronto Soccorso, meglio se ad un Centro Antiviolenza, il cui personale è specificamente preparato per accogliere, confortare e documentare l’abuso in modo completo e raccogliere le prove di quanto avvenuto.
- Il medico per redigere il referto dovrà fare: una visita medica generale e ginecologica, prelievo del sangue e del muco genitale, identificazione di eventuali germi patogeni con tamponi vaginali e cervicali (per diagnosticare possibili malattie sessualmente trasmesse); una descrizione accurata e sistematica di tutte le lesioni (ecchimosi, graffi, lacerazioni, tagli…), con immagini fotografiche nitide e dettagliate; una registrazione audio del racconto della donna (ancor più essenziale in caso di bambine/i); verranno inoltre effettuati esami del sangue e altri rilievi da ripetere a distanza di tempo (le malattie sessualmente trasmesse hanno tempi di incubazione diversi); verrà infine valutata l’indicazione a una contraccezione di emergenza.
- Chiedere un supporto psicologico, prezioso anche nei giorni e mesi successivi alla violenza.
- Chiedere tutte le informazioni sulla possibilità di patrocinio gratuito a carico dello Stato, che per legge ora supporta economicamente le vittime durante la causa legale.

Abuso, molestie, stalking, violenza sessuale e domestica Bambini Dolore ai rapporti / Dispareunia Memoria somatica Pavimento pelvico Visita ginecologica

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