Al ristorante o in treno, alla radio o alla TV, bastano pochi minuti per sentire quanto sia cambiata la comunicazione contemporanea. Sono aumentati i toni, i volumi e l’aggressività verbale. E’ aumentata la volgarità del linguaggio. E’ impoverita la capacità espressiva. E’ sempre più frequente, a ogni età, l’abitudine ad alzare la voce. Sordità e ipoacusie a parte, perché lo facciamo?
Le motivazioni ad alzare la voce sono molteplici. Posso scegliere di alzare la voce, per farmi sentire. Se voglio farmi ascoltare, tuttavia, se voglio essere più efficace, la mia voce può alzarsi di tono, ma dovrebbe restare calma, con parole pensate, chiare e ben scandite. Possono essere carezze, o schiaffi, ma ponderati e calibrati. In perfetto controllo dell’energia vocale ed espressiva, posso rapidamente riabbassare il volume, e sussurrare.
E’ la calma intrinseca della voce, la capacità di variarla a piacimento sempre restando in pacato controllo, con parole scelte, che aggancia l’inconscio dell’interlocutore. Che conquista il suo emisfero destro (mancini a parte), dove abitano le emozioni, mentre il sinistro analizza il contenuto verbale. L’ottimo comunicatore abita la propria voce e la suona con la stessa perizia con cui un musicista suona uno strumento musicale. Anche con toni alti, o meglio variati, il registro della comunicazione può essere divertente o serio, formale o casuale, rispettoso o irriverente, entusiasta o fattuale. L’effetto seduttivo della voce nasce anche dalla capacità di alternare registri diversi, in modo inatteso, fino a toccare i vertici della commozione, della passione, dell’ironia o della comicità. Indipendentemente dal ruolo e dalla professione, imparare ad usare la voce con gusto e consapevolezza è uno stimolante esercizio di intelligenza e arte di vivere, perché migliora la conoscenza di sé e del mondo. E’ splendido insegnarlo ai bambini: ne stimola la consapevolezza, l’autocontrollo nell’espressione delle emozioni, il gusto di giocare con la voce. Richiede modulazione del respiro e tanto esercizio.
Purtroppo, un numero crescente di persone di ogni età alza invece la voce in modo automatico, impulsivo, subendo la propria umoralità, senza controllarla. Urla, perdendo efficacia, spesso mettendosi dalla parte del torto, comunicativo e argomentativo, perché l’affollarsi irruento e disordinato delle parole sull’onda della collera e della rabbia fa perdere lucidità al pensiero. Perché è aumentata questa forma di comunicazione, violenta, disturbante e inefficace? Per mancanza di educazione, anzitutto. Educazione intesa come allenamento a modulare l’espressione delle emozioni, di cui il tono di voce è lo specchio, fin da bambini. In realtà la voce urlata è solo la punta dell’iceberg di una mancata educazione alla modulazione dell’impulsività, delle emozioni negative, della collera, della rabbia, dell’aggressività. L’educazione è essenziale per vivere meglio insieme agli altri. Purtroppo l’aumento di un’istintualità incontrollata, verbale e fisica, va in parallelo alla violenza, alla volgarità e alla distruttività del contesto, familiare e urbano. «Perché alzi la voce?». Perché senti di avere torto… Perché non hai argomenti validi… Perché hai una bassa stima di te… Perché mi vuoi umiliare… Perché vuoi chiudere subito una discussione per te fastidiosa…
Diceva Mahatma Gandhi: «Urliamo quando abbiamo l’inconscia percezione che il nostro cuore sia lontano da chi ascolta». Come se volessimo coprire una distanza, una lontananza, farci sentire anche in capo al mondo emotivo dell’altro, che sentiamo così irritantemente lontano. Quando i cuori sono vicini, i toni si abbassano, perché l’intimità aumenta spontaneamente l’ascolto dell’altro. Perché ascoltiamo con ogni cellula del corpo. Per questo gli innamorati sussurrano. Almeno a Natale, regaliamoci una conversazione flautata, che riscopra il gusto di accarezzare con la voce.
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