Mi piace pensare che dentro al cuore abbiamo due cassetti: quello dei sogni e quello dei rimpianti. Con la maturità, quando gli astratti e concretissimi furori della giovinezza sono un po’ placati, è saggio guardare questi cassetti ogni mattina: e cercare che quello dei sogni sia ancora luminoso e pieno, e abbia almeno qualche colorata sorpresa che ci attende. E che quello dei rimpianti sia vuoto. Non è tutti i giorni così, tuttavia. Capita a volte che per dispetto quello dei rimpianti sia zeppo, eppure l’avevamo ben pulito i giorni e i mesi prima. E che quello dei sogni sia malinconicamente vuoto, se i colpi della vita, come il vento del Nord, spazzano e ghiacciano i giardini del cuore. Per molti, per fortuna, lo sgomento del vuoto dura poco. La capacità di sognare è genetica, pare. E si rinnova, con la caparbietà dei geni, anche quando gli eventi avversi indurrebbero a più tristi considerazioni. Per altri, il vuoto diventa il perno di una vita che gira attorno al tarlo dell’assenza: di progetti, di speranze, di orizzonti da scoprire, di sfide da accettare, di amore da cogliere e da dare. Oggi quest’assenza la chiamiamo depressione. Per curarla davvero, tuttavia, i farmaci, pure preziosi, non bastano. Bisogna tornare a riempire, pian piano, il cassetto dei sogni. Con i farmaci da soli si sta forse meno male, ma senza sogni il cuore non sorride.
Guardarli ogni mattina, questi cassetti, richiede una certa disciplina. Da giovani, non lo si fa con regolarità. Quello dei rimpianti, soprattutto, lo si tiene chiuso. Non ci piace guardarci dentro. Ci piace troppo inseguire pazzamente i nostri sogni, e pazienza se ogni tanto ci fracassiamo rincorrendoli. Cosa fa la differenza, tra chi sogna tanto e chi pian piano, impercettibilmente, chiude quel cassetto per ritrarsi nella serena (o annoiata) quiete quotidiana? Un’energia vitale non comune e una capacità di ripresa quasi dispettosa, che ci lasciano la briglia lenta e allegra sul collo. Oppure, ma spesso vanno insieme, un po’ di inquieta follìa.
E così, da giovani, quando gli eventi avversi o i momenti di disincanto o delusione o franco sbaglio, ci portano ad aprirlo, il cassetto dei rimpianti può riservare sorprese tanto amare. Zeppo, traboccante, può portarci a fare bilanci neri, soprattutto sul fronte degli affetti. Lo slancio di inseguire i propri sogni mal si combina con le attenzioni ai bisogni e al dolore degli altri. Per incoscienza, per impulsività, per allegria, per leggerezza, capita di ferire a fondo, e quasi non vederlo. Succede di non aprirlo per anni, il cassetto dei rimpianti. E quando un lutto improvviso, o la fine inattesa di un amore o di un progetto che credevamo certo, ci portano ad aprirlo nostro malgrado, ecco che quell’apertura rara e improvvisa, che rigurgita rimpianti mai ascoltati, per lo sgomento può lasciarci impietriti e senza fiato.
Oppure, se si fa troppa attenzione a non ferire nessuno, finisce che è invece il cassetto dei sogni a restar chiuso, fino a non aprirsi più. E sono le vite miti, che non danno dispiacere ad alcuno, a far così: solo nel pallore del volto, a ben vedere, raccontano che i sogni, pian piano andando via, hanno portato con sé quelle emozioni che scaldano la pelle e il cuore.
Richiede disciplina, dicevo, guardare quei cassetti tutti i giorni. Tanto meglio se lo si impara prima. Eppure è necessario farlo, per vivere intensamente sì, ma anche preparati a volare o lasciar volare via. Guardarli entrambi, è il segreto della leggerezza. Che un po’ l’arte di vivere guardando l’essenziale. Un’arte che sa essere intensa e profonda e appassionata, ma non si zavorra più con le migliaia di cose inutili che credevamo importanti ed erano solo illusioni. Un Feng-shui dell’anima, si direbbe oggi. E quando è buono l’allenamento quotidiano, allora si può finalmente cercare l’armonia: che è quell’equilibrio, quasi a passo di danza, tra il mondo dei sogni, con le sue malìe, e la capacità di essere se stessi, senza tradirsi sì, ma senza più rimpianti.
Perché questa fatica, questa disciplina, questo bisogno di tenere leggeri i rimpianti e lievi e alti i sogni? Perché, laici o religiosi, non sappiamo né il giorno né l’ora, né per gli altri, né per noi. Meglio essere pronti. E se la vita sarà lunga, quel vivere leggeri e preparati, ci avrà regalato un passo di danza, per chiudere gli occhi, infine, sereni e in pace.
Quanti tra noi, oggi, leggeri e sereni lo sono già davvero, col cassetto dei rimpianti bello vuoto e quello dei sogni ancora pieno?
Guardarli ogni mattina, questi cassetti, richiede una certa disciplina. Da giovani, non lo si fa con regolarità. Quello dei rimpianti, soprattutto, lo si tiene chiuso. Non ci piace guardarci dentro. Ci piace troppo inseguire pazzamente i nostri sogni, e pazienza se ogni tanto ci fracassiamo rincorrendoli. Cosa fa la differenza, tra chi sogna tanto e chi pian piano, impercettibilmente, chiude quel cassetto per ritrarsi nella serena (o annoiata) quiete quotidiana? Un’energia vitale non comune e una capacità di ripresa quasi dispettosa, che ci lasciano la briglia lenta e allegra sul collo. Oppure, ma spesso vanno insieme, un po’ di inquieta follìa.
E così, da giovani, quando gli eventi avversi o i momenti di disincanto o delusione o franco sbaglio, ci portano ad aprirlo, il cassetto dei rimpianti può riservare sorprese tanto amare. Zeppo, traboccante, può portarci a fare bilanci neri, soprattutto sul fronte degli affetti. Lo slancio di inseguire i propri sogni mal si combina con le attenzioni ai bisogni e al dolore degli altri. Per incoscienza, per impulsività, per allegria, per leggerezza, capita di ferire a fondo, e quasi non vederlo. Succede di non aprirlo per anni, il cassetto dei rimpianti. E quando un lutto improvviso, o la fine inattesa di un amore o di un progetto che credevamo certo, ci portano ad aprirlo nostro malgrado, ecco che quell’apertura rara e improvvisa, che rigurgita rimpianti mai ascoltati, per lo sgomento può lasciarci impietriti e senza fiato.
Oppure, se si fa troppa attenzione a non ferire nessuno, finisce che è invece il cassetto dei sogni a restar chiuso, fino a non aprirsi più. E sono le vite miti, che non danno dispiacere ad alcuno, a far così: solo nel pallore del volto, a ben vedere, raccontano che i sogni, pian piano andando via, hanno portato con sé quelle emozioni che scaldano la pelle e il cuore.
Richiede disciplina, dicevo, guardare quei cassetti tutti i giorni. Tanto meglio se lo si impara prima. Eppure è necessario farlo, per vivere intensamente sì, ma anche preparati a volare o lasciar volare via. Guardarli entrambi, è il segreto della leggerezza. Che un po’ l’arte di vivere guardando l’essenziale. Un’arte che sa essere intensa e profonda e appassionata, ma non si zavorra più con le migliaia di cose inutili che credevamo importanti ed erano solo illusioni. Un Feng-shui dell’anima, si direbbe oggi. E quando è buono l’allenamento quotidiano, allora si può finalmente cercare l’armonia: che è quell’equilibrio, quasi a passo di danza, tra il mondo dei sogni, con le sue malìe, e la capacità di essere se stessi, senza tradirsi sì, ma senza più rimpianti.
Perché questa fatica, questa disciplina, questo bisogno di tenere leggeri i rimpianti e lievi e alti i sogni? Perché, laici o religiosi, non sappiamo né il giorno né l’ora, né per gli altri, né per noi. Meglio essere pronti. E se la vita sarà lunga, quel vivere leggeri e preparati, ci avrà regalato un passo di danza, per chiudere gli occhi, infine, sereni e in pace.
Quanti tra noi, oggi, leggeri e sereni lo sono già davvero, col cassetto dei rimpianti bello vuoto e quello dei sogni ancora pieno?
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