Curtin K, Fleckenstein AE, Robison RJ, Crookston MJ, Smith KR, Hanson GR.
Methamphetamine/amphetamine abuse and risk of Parkinson's disease in Utah: a population-based assessment
Drug Alcohol Depend. 2015 Jan 1; 146: 30-8. doi: 10.1016/j.drugalcdep.2014.10.027. Epub 2014 Nov 16.
Indagare le conseguenze a lungo termine dell’abuso di metanfetamine e altri stimolanti analoghi alle anfetamine: è questo l’obiettivo dello studio retrospettivo condotto da Karen Curtin e collaboratori, dei dipartimenti di Medicina interna e di Farmacologia e tossicologia dell’Università dello Utah a Salt Lake City, Stati Uniti.
Prima di questa ricerca, e nonostante il diffuso impiego di queste sostanze, anche a sostegno delle prestazioni sessuali, non si sapeva molto sugli effetti della dipendenza nel lungo periodo. I dati preclinici facevano comunque pensare che queste sostanze stimolanti potessero danneggiare i neuroni del sistema dopaminergico, con il risultato di provocare una serie di disturbi correlati ai livelli di dopamina, fra cui il morbo di Parkinson.
L’analisi è stata condotta sui dati medici dello Utah Population Database dal 1996 al 2011. Le persone esaminate dovevano avere almeno 30 anni il 31 dicembre 2011, e sono state ripartite in quattro coorti:
- 4935 persone dedite all’uso di metanfetamine o simili;
- 1867 consumatori di cocaina;
- due gruppi di controllo, rispettivamente di 24675 (anfetamine) e 9335 (cocaina) individui.
Attraverso l’analisi statistica dei dati a disposizione si è determinato se l’uso di queste sostanze aumenti il rischio di morbo di Parkinson, parkinsonismo atipico e tremore essenziale.
I risultati indicano che, mentre l’uso di cocaina sembra non predisporre a questo tipo di patologie, l’uso di metanfetamine e altri stimolanti analoghi alle anfetamine aumenta di quasi tre volte il rischio di morbo di Parkinson (HR =2.8) e di oltre tre volte il rischio di parkinsonismo e tremore essenziale (HR=3.1) rispetto ai controlli.
Queste indicazioni confermano i dati preclinici ed evidenziano un rischio addirittura superiore alle stime effettuate in passato. Ulteriori studi potranno chiarire se il rischio cambia in funzione del genere maschile e femminile.