Il progetto ha coinvolto 1183 donne e 21 centri di cura italiani (cliniche universitarie, ospedali, ambulatori) dal dicembre 2016 al novembre 2019. I dati, raccolti attraverso il database PRIDE (Progetto Rete Italiana Dolore vulvarE), includono:
- le caratteristiche sociodemografiche delle pazienti;
- gli aspetti epidemiologici;
- l’anamnesi ginecologica e ostetrica;
- la presenza e la durata dei sintomi vulvari;
- i disturbi non vulvari associati;
- le risultanze dell’esame obiettivo;
- le terapie intraprese.
Questi, in sintesi, i risultati:
- la principale ragione della consultazione è la dispareunia introitale, presente nel 64.2% delle donne;
- il 48.3% delle pazienti soffre di dolore cronico (da uno a cinque anni);
- il 43.4% lamenta disturbi sessuali in comorbilità (22.1% desiderio, 21.3% eccitazione);
- i principali fattori associati al dolore vulvare sono un’elevata familiarità per il diabete (padre 8.6%; madre 8.4%), la candidosi vulvovaginale recidivante (32%) e le infezioni del tratto urinario (37.4%; cistiti ricorrenti 19.5%, cistiti post coitali 17.9%);
- le altre comorbilità includono la sindrome dell’intestino irritabile (28%), la stipsi (23.5%), la cefalea (25.7%; emicrania 18.0%, cefalea catameniale 7.7%), le allergie (17.5%; allergie alimentari 10.1%, allergie respiratorie 7.4%), l’ansia (15.0%), il dolore alla defecazione (11.7%), il dolore mestruale invalidante e l’endometriosi (11.1%), la depressione maggiore (7.6%);
- in 837 pazienti è stata diagnosticata una vestibolodinia (70.8%), in 323 una vulvodinia generalizzata (27.3%);
- il 69.1% delle donne ha dichiarato, in sede di visita, che le terapie precedentemente poste in atto non avevano in alcun modo ridotto il dolore.
Questo importante studio:
- conferma che in presenza di dolore vulvare cronico bisogna prendere in considerazione la diagnosi di vestibolodinia e di vulvodinia;
- fornisce un quadro approfondito dei fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento del dolore vulvare, e delle sue più significative comorbilità.