Dumay A, Gergaud O, Roy M, Hugot J-P.
Is Crohn’s disease the price to pay today for having survived the Black Death?
J Crohns Colitis. 2019 Sep 27;13(10):1318-1322. doi: 10.1093/ecco-jcc/jjz062
Stabilire se la vulnerabilità al morbo di Crohn sia dovuta a una mutazione genetica selezionata al tempo della Peste Nera e di pandemie successive: è questo l’obiettivo dello studio coordinato da Anne Dumay ed espressione dell’Université Denis Diderot di Parigi, Francia.
Questo il ragionamento alla base dello studio:
1) il Nucleotide Oligomerisation Domain 2 (NOD2) è un gene dell’immunità innata che riveste un ruolo importante nella difesa dell’organismo dagli agenti patogeni;
2) numerose mutazioni che determinano un indebolimento funzionale del NOD2 risultano implicate nella patogenesi del morbo di Crohn;
3) il malfunzionamento del NOD2 è associato, nei ratti, alla resistenza al batterio gram-negativo della Yersinia tubercolosis;
4) i ricercatori ipotizzano quindi che le mutazioni del gene siano state selezionate a partire dalla pandemia di Peste Nera verificatasi nel Trecento e provocata proprio dalla Yersinia.
La frequenza delle tre principali mutazioni del gene NOD2 correlate al morbo di Crohn (R702W, G908R e 1007fs), rilevate nella popolazione sana di una serie di Paesi europei e mediterranei, è stata calcolata sulla base di 60 studi reperiti su PubMed. Il tasso di esposizione ai successivi focolai di peste è stata stimato sulla base dei dati storici disponibili dal 1346 al 1860 in Europa e nel bacino del Mediterraneo.
Questi, in sintesi, i risultati:
- l’incidenza delle tre mutazioni del gene NOD2 correla con il tasso di esposizione ai picchi pandemici;
- la correlazione più significativa è stata rilevata per la mutazione più frequente (R702W, p = 0.03) e per l’insieme delle tre mutazioni (p = 0.023);
- la correlazione rimane significativa anche tenendo conto dei possibili bias a livello demografico.
Lo studio dei ricercatori francesi è di eccezionale interesse non solo perché documenta una straordinaria correlazione storica, ma anche perché contribuisce concretamente alla comprensione della fisiopatologia del morbo di Crohn, nonché alla prevenzione e alla cura di questa insidiosa malattia.