Gilman JM, Kuster JK, Lee S, Lee MJ, Kim BW, Makris N, van der Kouwe A, Blood AJ, Breiter HC.
Cannabis use is quantitatively associated with nucleus accumbens and amygdala abnormalities in young adult recreational users
J Neurosci. 2014 Apr 16; 34 (16): 5529-38. doi: 10.1523/JNEUROSCI.4745-13.2014
Studiare gli effetti della marijuana (cannabis) sul cervello dei giovani: è questo l’obiettivo dello studio di Jodi Gilman e collaboratori, del Laboratory of Neuroimaging and Genetics, presso la Harvard Medical School di Boston, USA.
La marijuana è ricavata dalle infiorescenze femminili essiccate delle piante di cannabis appartenenti preferibilmente al genotipo THCAS (detto anche “canapa indiana”). E’ la droga più diffusa negli Stati Uniti, ma – fino a questo studio – si sapeva poco degli effetti strutturali che produce sul cervello umano, e in particolare sulle aree che governano i meccanismi di ricompensa e che sono implicate nello sviluppo delle dipendenze, come il nucleo accumbens e l’amigdala. L’unico dato certo era che l’esposizione al delta-9-tetraidrocannabinolo (uno più noti principi attivi della cannabis) produce modificazioni strutturali nel nucleus accumbens delle cavie animali.
I ricercatori hanno raccolto e studiato immagini ad alta definizione, ottenute con risonanza magnetica nucleare, di 20 giovani consumatori di marijuana e 20 controlli: entrambi i gruppi erano formati da 9 ragazzi e 11 ragazze, di età variabile fra i 18 e i 25 anni. Su queste immagini sono state condotte tre analisi morfometriche indipendenti:
- sulla densità della materia grigia (tramite morfometria basata sui voxel);
- sul volume del cervello, a livello globale e per singole regioni;
- sulla forma del cervello (tramite morfometria superficiale).
Dall’analisi sono emersi questi risultati:
- la materia grigia dei consumatori di marijuana è più densa di quella dei controlli sia nell’area che dal nucleus accumbens sinistro si estende alla corteccia subcallosa, all’ipotalamo e all’amigdala sottolenticolare, sia nell’amigdala sinistra;
- questa differenza permane anche dopo che i dati siano stati corretti per età, sesso, consumo di alcol e fumo;
- un accrescimento del volume è stato osservato solo nella porzione sinistra del nucleus accumbens;
- significative modificazioni della forma sono state individuate nel nucleus accumbens sinistro e nell’amigdala destra;
- nella porzione sinistra del nucleus accumbens si sono registrate significative alterazioni, dipendenti dal livello di esposizione alla sostanza, in tutti e tre gli ambiti sottoposti a misurazione.
Questi dati, concludono gli Autori:
- sono coerenti con quanto già noto sui modelli animali;
- suggeriscono come l’esposizione alla marijuana determini alterazioni della matrice neurale delle strutture profonde che governano i meccanismi di ricompensa.
Il nucleus accumbens è un sistema di neuroni situato nella porzione ventrale dello striato. Si pensa che svolga un ruolo importante nei meccanismi di rinforzo dei comportamenti; nel riso e nella dipendenza; nell'elaborazione delle sensazioni di piacere e paura; è anche essenziale all'insorgere dell'effetto placebo. Negli adolescenti ha un compito cruciale, in quanto media e consolida i comportamenti premiati da piacere, indipendentemente dal fatto che siano sani o meno. Può quindi creare rapidamente dipendenze emozionali, con importanti correlati neurochimici, se un comportamento (per esempio avere un rapporto dopo aver bevuto alcolici) dà la sensazione di minore ansia da prestazione, maggiore disinibizione, migliore performance.
L’amigdala è il centro delle emozioni appetitiva e di desiderio, di collera-rabbia, di ansia-paura e di panico con angoscia da separazione. Ha inoltre un ruolo essenziale nella memoria.
Le modificazioni neurochimiche indotte dalla cannabis possono quindi modificare in modo sostanziale il nostro mondo emozionale, nonché le esperienze e i comportamenti ad esso collegati. La cannabis può inoltre indurre alterazioni gravi dei sistemi neuronali che sottendono il sentimento di paura, e può scatenare attacchi di panico violenti e di difficile controllo anche farmacologico. Per questo il suo uso non va banalizzato, men che meno nei giovani.