Il silenzio del desiderio, dell’attrazione fisica e del comportamento sessuale può essere presente fin dall’infanzia, nel senso che bimbo e bimba non presentano nemmeno i normali gesti di esplorazione di sé e del proprio corpo. Può comparire nell’adolescenza o più tardivamente, in genere dopo esperienze affettive e sessuali negative. Si stima che possa interessare dallo 0,6 al 5,5% per cento della popolazione, a seconda degli studi.
Le cause ipotizzate sono soprattutto psicologiche, relazionali, educative. Da molti è considerata la variante estrema del disturbo del desiderio sessuale, spesso con una potente base depressiva, in parte genetica e in parte dovuta a fatti affettivi e/o ambientali. E’ possibile che vi siano anche forti implicazioni ormonali, finora poco studiate. L’asessualità aumenta nelle donne dopo la menopausa, quando gli ormoni sessuali estrogeni scompaiono e gli androgeni sono ridotti dal 50 al 70%, fino all’80% in caso di asportazione bilaterale delle ovaie, a meno che la donna non faccia un’appropriata terapia ormonale sostitutiva. Una totale pace dei sensi, in cui la donna può anche trovarsi a proprio agio: «Non ho nessun desiderio, per nessuno: sto benissimo così», ma che può causare seri problemi di coppia se la donna vive una relazione stabile.
Esiste poi un secondo gruppo, in cui desiderio, attrazione fisica e comportamento sessuale sono possibili, solo se si avverte prima un profondo sentimento emotivo e affettivo verso una determinata persona: la cosiddetta “demisessualità”. Sembra che il termine sia stato usato per la prima volta nel 2006 sul sito web “Asexual visibility and education network” e sia stato poi utilizzato in francese nel 2008 nel “Réseau pour l’education e la visibilité de l’asexualité”. Rispetto all’asessualità completa, in cui il soggetto – uomo, donna o con sessualità non binaria – non sente alcun tipo di attrazione fisica, la demisessualità si presenta come una forma espressiva più morbida. Capace di esprimere anche un desiderio intenso, purché attivato da un preliminare e forte legame affettivo. L’avventura di una notte non interessa queste persone. Il «non mi butto via» è l’espressione usata per indicare questa selettività, e la filosofia di vita che la sottende.
Se questo stile di relazione è “egosintonico”, armonioso con l’identità e la personale visione del mondo, se è espressione di una scelta reale e soddisfatta, non è una patologia e non è un problema. Che cosa lo differenzia invece dalla situazione “egodistonica”, o dalla franca patologia? Due i maggiori fattori suggestivi della presenza di un disturbo della sessualità: il fatto che il legame affettivo sia un passaggio obbligato, e non scelto, per poter avvertire attrazione fisica; e il grado di sofferenza e disagio che questo provoca. Il segnale chiave è la necessità di sentire il legame affettivo come condizione vincolante per poter avvertire attrazione sessuale.
Come capirlo? Se la semplice “attrazione di pelle” non è mai stata avvertita; se “l’amore a prima vista”, inteso come viscerale attrazione, non è mai stato vissuto; se l’alchimia dell’amore fisico si svela solo dopo la costruzione di un profondo legame emotivo; se in assenza di questo tipo di legame la vita è asessuata, allora ci potrebbe essere una condizione di demisessualità. Che tuttavia diventa clinicamente rilevante solo se non è scelta, non è voluta, ma è subìta e causa forte distress personale: se è, appunto, “egodistonica”.
In realtà, può esprimere anche una vocazione esclusiva. In tempi di promiscuità indiscriminata la demisessualità scelta, egosintonica, potrebbe allora esprimere una vocazione sessuale qualitativa ed elitaria. Come diceva Sigmund Freud: «E’ la motivazione profonda, conscia e inconscia, che qualifica il comportamento sessuale». E come la persona lo vive poi nella vita reale, al di là dei giudizi esteriori e delle mode.
Desiderio Disturbi del desiderio Emozioni e fattori emotivi Menopausa e premenopausa Riflessioni di vita