Certo, tre mesi di castità sono un micro-tempo, ma pare si sommasse a un altro anno precedente, «per ritrovar se stesso». Il che è sempre lodevole, artisti e no. Chi sceglie la castità prematrimoniale, oggi, in Italia? La percentuale di donne e coppie che la pratica è in caduta libera. Resiste una parte di giovani profondamente cattolici, che ne fanno un valore in cui credono.
La motivazione profonda, al di sotto dell’aspetto religioso, riconosce due declinazioni diverse. La prima è autenticamente espressiva di una scelta fatta con testa e cuore, e condivisa: la coppia rinuncia temporaneamente all’intimità fisica completa, a vantaggio di altri aspetti della relazione. Preferisce la conoscenza reciproca più profonda a livello affettivo, esistenziale, culturale e progettuale. Preferisce condividere sogni, crescita personale, progetti di coppia e di famiglia. Preferisce condividere il desiderio e assaporarlo, invece di bruciarlo in una notte o in pochi mesi. Ciascuno preferisce ascoltare l’altro e parlargli, invece che digitare ciascuno sul proprio tablet anche quando sono insieme. Sposati, hanno famiglie solide, durature, con più di un figlio, e un rapporto sereno e positivo con la vita. Non sono frequenti, ma sono molto interessanti, sia per la capacità di una scelta oggi anticonformista, sia per la capacità di rimandare la soddisfazione del desiderio fisico in modo armonioso con la propria identità e verità interiore (“egosintonico”), all’interno di un progetto di vita condiviso, vissuto con convinzione.
Al lato opposto della scelta di castità prematrimoniale stanno le motivazioni “difensive”, che emergono più chiare in ambito clinico. In questo secondo caso, con tutte le sfumature intermedie, la coppia non ha rapporti prematrimoniali perché in realtà la donna (più spesso è lei che pone il limite) ha paura dell’intimità fisica e/o del dolore. Spesso soffre di vaginismo, in cui la paura del rapporto, fino al franco evitamento, si associa a un variabile grado di contrazione difensiva dei muscoli che circondano la vagina, fino a rendere la penetrazione impossibile anche dopo il matrimonio («Mi sembra di avere un muro lì»). Il partner aspetta, ed è fedele: in modo sottile, può condividere la stessa paura. Poco attivo sessualmente, trova più confortante un abbraccio. E’ il problema sessuale, più o meno condiviso, a condizionare una castità non scelta, ma subìta, che può richiedere una terapia adeguata per essere risolta. Dopo i primi rapporti, e una gravidanza super desiderata, questo tipo di coppia tende a tornare bianca.
Diversa è la natura della castità tardiva, dopo il matrimonio. Ha motivazioni diverse a seconda dell’età della coppia. Problemi di salute fisica a parte, la castità post-matrimoniale nasce in genere da una sostanziale usura o crisi del desiderio sessuale in uno dei due partner, più spesso la donna, dopo un parto faticoso, o dopo una menopausa non trattata che può causare non solo secchezza vaginale e dolore, ma una vera avversione fisica per l’intimità. Chi ha meno desiderio determina il bioritmo dell’amore, in frenata progressiva, perlomeno all’interno di quella relazione, finché il partner sessualmente più vivace (lui o lei che sia) non si consola altrove. Più avanti con gli anni, se la coppia ha resistito alle traversie del desiderio e della vita, e se una buona salute regala un lungo autunno in autonomia esistenziale, in lucidità di pensiero e in buonumore, la castità scelta e condivisa può diventare una sublimazione desiderata dell’energia vitale e del gusto di vivere. Può allora esprimersi con gioia in altri aspetti condivisi della vita. Ideali, come ha fatto Gandhi con sua moglie (lo splendido film di Richard Attenborough emoziona sempre e fa pensare). O semplicemente acquietati, anche in un amore tardivo, come nel delizioso racconto “All passion spent” (Ogni passione spenta) di Vita Sackville West. La castità scelta può essere un fattore di benessere, se e quando lo sentono più giusto per noi la mente, il cuore e il senso della vita.
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