Lucia L. (Catania)
Un’informazione appropriata è infatti essenziale prima di iniziare la terapia. Oltretutto, un’adeguata informazione – per contenuti e tempistica rispetto alle cure oncologiche – su come proteggere la fertilità avrebbe un impatto positivo formidabile sulla donna e sul suo stato psicoemotivo per molteplici ragioni:
1) le dà informazioni concrete su come agire con la massima probabilità di protezione della fertilità ovarica;
2) chiarisce gli spazi reali di possibile successo procreativo futuro;
3) le dà un sostanziale e potentissimo messaggio di speranza: «Se proteggono la mia fertilità, vuol dire che è vero che potrò guarire e avere un figlio, dopo»;
4) la rassicura che la gravidanza dopo trattamento oncologico non sembra modificare la prognosi.
L’eccellente crescita dei tassi di sopravvivenza in molti tipi di tumore – anche del seno – rende imperativo tradurre in realtà il concetto di “qualità di vita” con una maggiore attenzione alla sessualità fisica e alla protezione della fertilità, e non solo all’affettività. La condivisione delle conoscenze su questi fronti è il primo passo affinché la pianificazione della strategia terapeutica sia sempre più attenta non solo alla sopravvivenza, ma a una vita che recuperi la sua pienezza, anche di piacere fisico e procreativo, se desiderati dalla donna e dalla coppia. Auguri di cuore per sua sorella! E le dica di parlare apertamente con l’oncologo del desiderio di proteggere la sua fertilità.
Come proteggere la fertilità
- crioconservazione dell’embrione, attualmente l’approccio più efficace. L’embrione umano è molto resistente ai danni possibili causati dalla crioconservazione. La percentuale di sopravvivenza dopo scongelamento varia tra il 35 e il 90% a seconda dei centri di riferimento, mentre la percentuale di impianto riuscito in utero vara tra l’8 e il 30%. Se sono disponibili più embrioni, il tasso di gravidanza cumulativo può arrivare a più del 60%. La percentuale di “bimbi in braccio”, di gravidanze ben riuscite con questa tecnica, è del 18-20%. E’ però necessario fare la fecondazione in vitro prima di iniziare i trattamenti oncologici e avere un partner disponibile a questa scelta;
- trattamento con “analoghi del GnRH”: questi farmaci (ben conosciuti, e che usiamo anche nell’endometriosi) hanno l’obiettivo di tenere a riposo l’ovaio mediante la soppressione delle gonadotropine ipofisarie, così da ridurre la vulnerabilità degli ovociti ai chemioterapici, proteggendo la fertilità. Nelle donne con tumore alla mammella positivo per i recettori degli estrogeni (ER positivo), la terapia con analoghi riduce l’amenorrea post-chemioterapia e l’esaurimento follicolare di cui è espressione. Il trattamento può indurre sintomi menopausali anche severi (per esempio vampate) finché dura la terapia. L’esperienza è però preliminare;
- crioconservazione di ovociti maturi (dopo stimolazione con gonadotropine): è una tecnica più problematica rispetto alla crioconservazione dello sperma o dell’embrione. Il tasso di gravidanze riuscite con bimbi in braccio è del 2%, molto più bassa della percentuale di fecondazione in vitro (IVF) con ovociti freschi.
Che cosa fare nelle bambine e nelle adolescenti, o nelle donne single?
Attenzione alla fertilità!
Full text dell'articolo su PubMed Central:
Human ovarian reserve from conception to the menopause
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