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Condilomi genitali maschili: il vaccino può ridurre le recidive?

13/05/2011

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile Professoressa, mio figlio ha dei condilomi che dall’apparato genitale si sono diffusi alla zona perianale. Pochi giorni fa sono stati trattati per la prima volta con la crioterapia e mio figlio è tornato a casa molto demoralizzato, per il dolore delle bruciature e la notizia di probabili recidive. Per cercare di attenuare la sua preoccupazione e trovare soluzioni alternative siamo andati su Internet, dove abbiamo letto e apprezzato alcuni suoi pacati interventi, uno dei quali in particolare ha suscitato in noi notevoli aspettative. Si tratta della sua affermazione riguardo l’efficacia a posteriori del vaccino, che nel 40% delle ragazze ha avuto esito risolutivo. Ma si tratta pur sempre di ragazze, che possono avere una reattività diversa dagli uomini. Pensa che mio figlio potrebbe trarre giovamento affiancando la terapia in atto con una vaccinazione tardiva? In caso affermativo, quale tipo di vaccino dovrebbe usare? Grazie infinite”.
Lettera firmata
Gentile signore, i dati preliminari sull’efficacia del vaccino confermano nell’uomo la stessa induzione di anticorpi, e quindi di protezione, che è già documentata nella donna. Il dato specifico a cui lei si riferisce riguarda però la riduzione del 40% delle recidive di lesioni intraepiteliali iniziali del collo dell’utero (CIN 1 e CIN 2), indotte dai ceppi oncogeni 16 e 18, grazie al vaccino quadrivalente (Gardasil).
Ora, il vaccino quadrivalente protegge:
- sia contro i ceppi 6 e 11, responsabili del 90 per cento dei condilomi genitali (lesioni benigne ma indubbiamente fastidiose, anche per il dolore delle cure, e che possono recidivare) e del 10% circa delle lesioni intraepiteliali di grado lieve del collo dell’utero (Intraepithelial Cervical Neoplasia, CIN 1);
- sia contro i ceppi 16 e 18, responsabili del 70 per cento dei carcinomi del collo dell’utero, ma anche di lesioni potenzialmente evolutive in senso neoplastico a carico della vagina, dell’ano e della bocca.
Non mi risulta però che per i ceppi 6 e 11 siano stati pubblicati studi analoghi, nel senso di una documentata riduzione delle recidive.
In altre parole, le evidenze pubblicate sull’efficacia del vaccino nel ridurre le recidive riguardano i ceppi oncogeni, nella donna, e le lesioni intraepiteliali del collo dell’utero. Tuttavia, per analogia del meccanismo d’azione, è molto probabile che possano ridurre anche le recidive dei condilomi, anche se questo non è ancora stato provato.
L’ipotesi più accreditata sul perché il vaccino riduca le recidive postula che la vaccinazione determini un aumento della competenza immunitaria del paziente, rendendolo più capace di combattere il virus stesso, probabilmente anche nel caso di ceppi diversi.
Se avessi un figlio maschio, non ho dubbi: lo vaccinerei, possibilmente da giovanissimo, prima delle prime esperienze sessuali, con il vaccino quadrivalente. Ma lo vaccinerei anche dopo una prima condilomatosi, come nel caso di suo figlio, per proteggerlo in futuro anche da possibili papillomavirus oncogeni.

Che cos'è il papillomavirus?

E’ una grande famiglia di virus (Human Papillomavirus, HPV), di cui fanno parte oltre 100 ceppi diversi, a basso e alto rischio oncogeno. Il DNA del virus usa lo stesso “alfabeto” del nostro codice genetico: una volta entrato nel nostro organismo, può quindi “mimetizzarsi” nelle cellule e riattivarsi periodicamente, soprattutto quando siamo stanchi e/o stressati, dando origine alle recidive.

Quanti tipi di vaccino anti HPV sono attualmente disponibili?

A oggi esistono due vaccini preventivi. Uno è bivalente e protegge contro i ceppi 16 e 18, quelli oncogeni. L’altro è quadrivalente: protegge non solo contro i ceppi 16 e 18, ma anche contro i ceppi 6 e 11, e ha quindi un’efficacia più ampia.

Oltre al cancro del collo dell'utero quali altre gravi patologie sono causate dall'HPV?

L’HPV è responsabile di molte patologie infettive che interessano l’apparato genitale femminile e maschile. Le forme meno aggressive causano patologie non tumorali, ma molto diffuse, come le già citate lesioni di grado lieve al collo dell’utero (CIN 1) e i condilomi genitali, di cui soffre suo figlio.
Gli HPV oncogeni causano invece lesioni cellulari evolutive che possono essere definite come “l’anticamera” del tumore, e che si distinguono in lesioni precancerose del collo dell’utero (Cervical Intraepithelial Neoplasia, CIN 2/3), della vulva (Vulvar Intraephitelial Neoplasia, VIN 2/3), della vagina (Vaginal Intraepithelial Neoplasia, VAIN 2/3), dell’ano (Anal Intraepithelial Neoplasia, AIN 2/3) e del cavo orofaringeo (Oral Intraepithelial Neoplasia, OIN 2/3).
Oltre al cancro invasivo del collo dell’utero, i papillomavirus causano infine tumori conclamati, quando le suddette lesioni precancerose progrediscano superando la membrana basale degli epiteli e iniziando quindi l’invasione vascolare.

Il vaccino può provocare malattie da HPV?

Assolutamente no: la vaccinazione anti HPV non comporta alcun rischio di contrarre le patologie da papillomavirus. La ragione sta nella struttura del virus, che ha due componenti principali: il capside, o capsula virale, una specie di involucro che racchiude l’altra parte fondamentale, il DNA virale, la parte attiva del virus. E’ il DNA che trasmette l’infezione, mentre il capside può solo stimolare la risposta anticorpale. E dato che il vaccino contiene come principio attivo solo particelle della capsula virale, non ha alcuna possibilità di trasmettere il virus.

Come va somministrato il vaccino?

La vaccinazione primaria consiste di 3 dosi distinte da 0,5 ml. Dopo la prima dose, le altre due vanno somministrate e 2 e 6 mesi, oppure – in alternativa – almeno a 1 e 3 mesi. Le tre dosi devono comunque essere somministrate entro il periodo di un anno. Non occorre alcun richiamo.

Come si curano i condilomi genitali?

Esistono due tipi di trattamento: farmacologico e biofisico. La terapia farmacologica utilizza i “modulatori della risposta immunitaria” (Immune Response Modifier, IRM), il cui obiettivo è potenziare la risposta immunitaria locale, così da combattere il virus con le forze intrinseche dell’organismo. La guarigione si verifica nel 70-75 per cento dei casi.
Il trattamento biofisico mira a distruggere il condiloma con metodi diversi: la crioterapia (quella che fa suo figlio), la laserterapia, l’elettrocauterizzazione, l’escissione chirurgica, la causticazione con acido tricloroacetico. Queste metodologie sono caratterizzate da elevati tassi di recidive.
E’ il dermatologo di fiducia (o, per la donna, il ginecologo) a scegliere e consigliare la terapia più adatta al singolo caso, così da ottimizzare la cura e minimizzare il rischio di effetti collaterali e recidive. Auguri di cuore.

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