Che cos’è l’attacco di panico? Sostanzialmente, è un cortocircuito del nostro sistema di allarme, deputato alla sopravvivenza individuale. Può essere attivato da fattori interni (“endogeni”) in persone geneticamente predisposte, per esempio quando sono esposte a eccessive fluttuazioni ormonali, come succede nelle donne in adolescenza e perimenopausa, oppure da uno stress biologico e/o psichico eccessivo: un abbandono, ma anche una carenza cronica di sonno. Oppure da fattori esterni (“esogeni”), ambientali: uno dei fattori più potenti e trascurati è l’incremento patologico di feromoni, in questo caso di allarme, che aumentano non appena il numero di persone in uno spazio limitato supera la soglia di tollerabilità individuale.
Tutti conoscono i feromoni relativi all’attrazione sessuale: sostanze secrete dalle ghiandole sebacee, non percepite a livello conscio, bensì subliminale, attraverso le vie olfattive, dal nostro cervello arcaico, che è deputato a regolare la vita neurovegetativa e i comportamenti essenziali di sopravvivenza individuale e della specie. Bene. Pochi sanno, tuttavia, che i feromoni sono in realtà una classe di sostanze chimiche, deputate a mediare diversi comportamenti sociali essenziali, all’interno di una stessa specie. Nello specifico, se una persona in un gruppo che si trova in uno spazio limitato comincia a “sentirsi male”, ad avere “fame d’aria”, a sentire che non ha (più) spazio per respirare, va in ansia. Se l’ansia aumenta, l’amigdala, che è la centrale cerebrale deputata a governare le emozioni primarie, si iperattiva. Aumentano acutamente gli ormoni dello stress: il respiro accelara, il battito cardiaco va a frequenze d’emergenza, la tensione muscolare cresce, comincia lo stato di panico personale. In parallelo, comincia a raffica la produzione di feromoni di allarme, che vengono percepiti immediatamente anche a metri di distanza. Le altre persone non sanno che cosa sta succedendo, ma il loro cervello arcaico, attraverso i feromoni, viene “informato” immediatamente che c’è una situazione di alto rischio. Il senso dell’allarme è attivare l’attacco, o la fuga. Ma se si è stipati in spazi ristretti, e non sono state pensate, progettate e garantite molteplici e ampie vie di fuga, con porte e cancelli aperti, lo stato di allarme supera la soglia costruttiva, autoprotettiva, e va in cortocircuito, diventando potenzialmente distruttivo per sé e per gli altri. Con una conseguenza biologicamente critica: la corteccia cerebrale, e la razionalità che ne è espressione, viene completamente tagliata fuori dalla comunicazione. Non è più in grado di intervenire per dirigere la situazione verso un obiettivo perseguibile e logico (salvarsi), cosicché l’allarme non riesce più ad essere finalizzato ad un obiettivo, la sopravvivenza, ma diventa disperata e caotica angoscia di morte. Di conseguenza, il bisogno di fuggire via induce a comprimersi gli uni contro gli altri, alla disperata ricerca di un varco in cui passare: e vengono così schiacciati e calpestati i più piccoli, i più fragili, le donne, ma anche i più geneticamente vulnerabili all’attacco di panico. I più grossi e robusti in genere riescono a farcela.
Come proteggersi dal rischio di queste stragi? Da un lato, come organizzatori di mega-eventi, pensare, progettare e garantire un sistema di sicurezza che tenga conto dell’alto rischio di attacchi di panico, preveda questa possibilità e due interventi essenziali: primo, la necessità di regolamentare rigorosamente gli accessi, così da tenerli al di sotto della soglia numerica critica rispetto allo spazio a disposizione (cosa che non è stata fatta in Germania, dove gli ingressi non erano controllati, così da diventare nettamente superiori alla capienza dell’area dedicata). Secondo, costruire e garantire ampie vie di fuga rapidamente operative. Dall’altro, in attesa che questi sistemi salvavita diventino obbligatori e operativi, è meglio evitare quelle situazioni in cui l’assembramento illimitato può diventare, di fatto, panico fatale.
Ansia Attacco di panico Morte e mortalità Olfatto / Feromoni / Anosmia