L’incontinenza indica la perdita di urina involontaria, senza controllo, in luoghi e tempi inappropriati. Definizione che sottolinea l’importanza della continenza nella vita sociale e la necessità di avere un ottimo controllo sulla minzione, per poterla rimandare, appunto, a luoghi e tempi appropriati. La funzione della continenza richiede un lavoro di squadra. Ci vogliono una vescica elastica, capace di distendersi per accogliere volumi crescenti di urina, da 250 cc fino addirittura a 500 cc senza mandare segnali imperiosi («Adesso mi svuoto, non resisto più»); un cervello capace di tenerla agli ordini, rimandando lo svuotamento a luoghi e tempi appropriati («Calmati, adesso non è il momento»); e ben tre sistemi di chiusura che funzionino adeguatamente. Il primo è lo sfintere interno dell’uretra, un anellino muscolare posto al passaggio tra la vescica e l’uretra, il canalino che consente all’urina di andare dalla vescica all’esterno del corpo: funziona come un rubinetto, che apre e chiude il passaggio di urina. Il secondo meccanismo di chiusura è dato dal tono del poderoso muscolo “elevatore dell’ano”, che chiude in basso il bacino, circondando uretra, vagina e ano: consente il controllo volontario della continenza sia urinaria sia fecale, comportandosi come una porta a doppio battente, una paratia, che obbedisce ai comandi del cervello. Il terzo è il “meccanismo intrinseco”: dipende da quanto sono paffute, ben nutrite e toniche le cellule e le strutture della parete dell’uretra. Quando si giustappongono verso il lume dell’uretra, garantiscono che non si perda nemmeno una goccia di urina.
Le forme di disturbo più frequenti includono l’incontinenza da urgenza, in cui la contrazione della parete vescicale è così forte e lo stimolo minzionale così imperioso da forzare tutti e tre i sistemi di chiusura; l’incontinenza da sforzo, in cui i tre sistemi di chiusura sono variamente lesi, per cui non riescono più a contrastare la pressione che la vescica fa per svuotarsi; e la forma mista, in cui entrambe le componenti sono presenti.
La squadra della continenza delle donne ha più nemici di quella degli uomini. Il primo nemico è anatomico: l’uretra della donna è breve, 3-4 centimetri, nell’uomo è di 12-15 cm, fino a 18. Per questo la vescica femminile è più vulnerabile alla risalita di germi patogeni, tra cui l’Escherichia coli uropatogeno (UPEC), responsabile dell’85-90% delle cistiti. Più la parete vescicale è infiammata, meno si distende e più manda segnali precoci di irritazione, che inducono a minzioni frequenti, a basso riempimento. Infiammazioni frequenti aumentano l’urgenza minzionale e possono accelerarne l’evoluzione fino all’incontinenza, se entrano in gioco altri nemici. Il secondo nemico è il parto per via vaginale, perché il passaggio del bambino può variamente ledere le fibre mediali del muscolo elevatore, riducendo la capacità di controllo volontario della minzione. Il terzo è la menopausa: la carenza di ormoni estrogeni e testosterone mina struttura e funzione del pavimento pelvico, riduce i meccanismi di continenza, rende la vescica più iperattiva e il cervello meno capace di comandarla. Il tutto può essere aggravato da invecchiamento, depressione, obesità, perdita di motivazione al controllo.
Per prolungare la capacità di continenza sono essenziali: stili di vita sani e un peso nella norma, per evitare l’aumento di pressione intra-addominale da obesità; la riabilitazione del muscolo elevatore dell’ano, subito dopo il parto, continuando con opportuni esercizi per tutta la vita; e, dopo la menopausa, terapie ormonali sostitutive almeno vaginali, meglio se sistemiche, anche con testosterone e prasterone, perché rinforzano tutti componenti della squadra di continenza. I colleghi urologi intervengono con farmaci specifici e con la chirurgia quando indicato. Un programma terapeutico strategico è essenziale perché la continenza continui, regalandoci autonomia, dignità e serenità.
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Disturbi urinari Incontinenza Menopausa e premenopausa Parto vaginale / Parto cesareo