“Il mio compagno è nervoso e irascibile, in più è estremamente geloso e diffidente. Quando litighiamo ha la brutta abitudine di offendermi con parole ingiuriose e turpiloqui; a volte mi ha strattonato e trattenuto per i capelli. Sebbene abbia riconosciuto la vergogna di tali gesti e mi abbia promesso di non ripeterli, mi ha anche accusato di essere stata io ad esasperarlo fino a tal punto. Anche se dentro di me so che per questi gesti non esiste giustificazione, finisco col dargli ragione e tendo ad attribuire a me stessa la “colpa”, entrando in un conflitto interiore senza fine che mi logora e strazia. Da un lato non riesco a sopportare tali comportamenti, per natura e per educazione; dall’altro, per il troppo amore che provo, soccombo, mi faccio calpestare e mi ripeto che forse sono stata io ad esasperarlo... Ma è davvero così?”.
Maria Rosaria S. (Bari)
Maria Rosaria S. (Bari)
“Per il troppo amore che provo”: sta in queste parole, gentile Maria Rosaria, la chiave per capire perché lei si faccia non solo maltrattare e abusare ripetutamente, ma anche accusare di essere la vera responsabile di queste aggressioni. E’ davvero amore? Non credo. Purtroppo molte donne, come lei, chiamano amore un attaccamento affettivo e una dipendenza senza riserve che si radicano su sentimenti ben diversi dall’amore: la paura di essere abbandonate e di restare sole per cui si accetta qualsiasi abuso; il panico da angoscia di separazione, che rende difficile, se non impossibile, pensarsi in altro modo, con una vita diversa e più dignitosa, senza un uomo che la maltratti; un certo masochismo, emotivo se non fisico, per cui una relazione violenta viene percepita come segno comunque di attaccamento (da parte di lui); scarsa autostima, per cui non si è capaci di analizzare adeguatamente la situazione e di mettere in atto strategie per tentare di modificarla, prima di romperla se i comportamenti d’abuso persistono; scarsa fiducia in sé, per cui una donna non sente di meritare di essere amata davvero e non è capace, in parallelo, di lasciare l’uomo che abusa di lei per stare sola, piuttosto che con lui, e saper poi riconoscere un partner emotivamente sano e affettivamente adeguato. Come vede, gentile amica, comprendere le molte ragioni del suo attaccamento a quest’uomo è il primo passo per capire che cosa la leghi al suo partner e le faccia accettare l’alibi che lui usa per giustificare i suoi attacchi di collera e le sue violenze verbali, fisiche ed emotive.
Molti uomini dicono che è la donna che li provoca a insultarla o picchiarla...
Quando dico alibi metto subito in chiaro che tali violenze sono inaccettabili, quand’anche ci fosse una corresponsabilità nell’iniziare una discussione su qualsivoglia problema. L’avere divergenze di vedute – cosa normale e sana in qualsiasi coppia – non può e non deve tradursi in insulti, turpiloqui o violenze, che sono anche perseguibili legalmente. Queste degenerazioni non solo impediscono che la divergenza arrivi a una mediazione costruttiva, ma cristallizzano anzi il copione dell’abuso che diventa fine a se stesso, per scaricare collera e aggressività, mantenendo al contempo una relazione patologica e distruttiva, come è stato così ben descritto nel lucido “Ricorda con rabbia” (Look back in anger), opera teatrale di John Osborne, uscita con grande successo nel 1956.
Quali dinamiche possono esasperare i conflitti di coppia?
Sono molti i “copioni comunicativi”, come si dice in psicologia, che possono cristallizzare i conflitti di coppia, esasperandoli e rendendoli immutabili nel tempo. Il termine “copione” indica bene la rigidità di questi dialoghi e della comunicazione, che si ripetono con desolante automatismo. Riconoscere la sequenza di battute, e il crescendo di aggressività che la caratterizza, è un altro passo per cercare di modificarla, se si vuole ancora cercare di evitare la rottura.
Gli uomini sono così aggressivi per colpa del testosterone?
In realtà il testosterone, presente negli uomini in quantità dieci volte superiore alle donne, è l’ormone dell’energia vitale e del gusto di vivere, dell’assertività e della competitività, del desiderio e della passione. Usate bene, queste qualità rendono l’uomo eccellente, nella vita e nell’amore. L’aggressività distruttiva è il volto oscuro di queste qualità, in cui gli abusi verbali, fisici o emotivi sono l’espressione di un’impulsività, attivata sì dal testosterone, che non è però stata modulata dall’educazione all’autocontrollo, al rispetto dell’altro/a, alla riflessione, alla ponderazione. Educazione che dovrebbe iniziare fin dalla più tenera età, attraverso il buon esempio e regole di comportamento fatte rispettare con affettuosa fermezza. Spesso, invece, gli adulti violenti hanno avuto genitori aggressivi e sono stati a loro volta vittime di violenze o abusi: ripetono allora da grandi, con desolante costanza, i copioni negativi che hanno appreso da piccoli. Ma questo vale anche per le donne violente... Non ultimo, l’aggressività distruttiva è la faccia rumorosa di una depressione, spesso associata a un disturbo di personalità, che va curata.
Gentile Maria Rosaria, non si faccia intrappolare da quelle accuse: si faccia invece aiutare da una buona psicoterapia per migliorare la situazione; oppure andarsene, e gustare una vita più serena.
Gentile Maria Rosaria, non si faccia intrappolare da quelle accuse: si faccia invece aiutare da una buona psicoterapia per migliorare la situazione; oppure andarsene, e gustare una vita più serena.
Prevenire e curare – Siete innamorate di un uomo violento: come uscirne?
Moltissime donne sono intrappolate in relazioni di abuso, che continuano “per amore”: che fare?
- cercare di capire quali reali sentimenti siano interpretati come amore;
- comprendere quali bisogni e quali paure mantengano un legame d’abuso;
- riconoscere e modificare il tipo di copione comunicativo usato;
- valutare se lui, lei o entrambi siano depressi o abbia/no comunque bisogno di un aiuto medico e/o psicoterapeutico specialistico;
- leggere, come utile spunto, “Donne che amano troppo”, di Robin Norwood (Feltrinelli);
- rivolgersi ai centri (gratuiti) di assistenza e aiuto, anche legale, alle donne abusate.
Per saperne di più, consultare il sito web della Fondazione Alessandra Graziottin, che nella sezione "In primo piano" ospita numerosi articoli sulla violenza contro le donne e le forme di tutela legale.
- cercare di capire quali reali sentimenti siano interpretati come amore;
- comprendere quali bisogni e quali paure mantengano un legame d’abuso;
- riconoscere e modificare il tipo di copione comunicativo usato;
- valutare se lui, lei o entrambi siano depressi o abbia/no comunque bisogno di un aiuto medico e/o psicoterapeutico specialistico;
- leggere, come utile spunto, “Donne che amano troppo”, di Robin Norwood (Feltrinelli);
- rivolgersi ai centri (gratuiti) di assistenza e aiuto, anche legale, alle donne abusate.
Per saperne di più, consultare il sito web della Fondazione Alessandra Graziottin, che nella sezione "In primo piano" ospita numerosi articoli sulla violenza contro le donne e le forme di tutela legale.