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Proteggiamo l'ambiente più intimo

11/01/2010

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

L’ambiente più intimo? L’utero gravido! In nessun altro periodo della vita due esseri umani, un adulto e un esserino in crescita, saranno così intimamente connessi. In nessun altro periodo comunicheranno così strettamente, così velocemente, in un modo così assoluto, con effetti che durano ben oltre quel bimbo e quella generazione. Fino a qualche tempo fa si riteneva che l’influenza dell’ambiente sul piccolo iniziasse ad agire dopo la nascita. Errato. Crescenti evidenze neurobiologiche, metaboliche, psicologiche – sperimentali e cliniche – ci mostrano una realtà diversa, affascinante, sorprendente. E’ come aprire lo sguardo su un orizzonte mai considerato prima. Perché è importante condividerle? Perché la salute emotiva, psichica e fisica dei nostri piccoli inizia in quei silenziosi nove mesi di gestazione, in cui non cresce solo il corpo del bambino. Crescono la sua intelligenza, la sua emotività, la sua sensibilità, la sua vulnerabilità a malattie dismetaboliche (diabete, ipercolesterolemia), cardiovascolari (ipertensione) e persino psichiatriche. Se la mamma è cronicamente stressata in gravidanza, avrà un aumento significativo nel sangue degli ormoni d’allarme, i glucocorticoidi e l’adrenalina, prodotti dal suo surrene. Lo stress può essere biologico, in caso di malnutrizione grave, di disturbi del comportamento alimentare, di lavori pesanti, di carenza cronica di sonno, di malattie come l’ipertensione grave o infezioni, per esempio. Oppure lo stress cronico può essere indotto da fattori ambientali: se lavora troppo; se vive un rapporto di coppia conflittuale o se ha un partner aggressivo che la abusa verbalmente o fisicamente. Ma anche se passa mesi emotivamente drammatici, per esempio se le è stato detto che il bambino “non è perfetto”, o se l’ecografia ha indicato dei piccoli segni, delle differenze rispetto all’esame standard, che magari poi si rivelano senza significato clinico, ma che lasciano la donna angosciata fino al parto. Anche questi fattori “psicologici” agiscono sull’organismo della mamma attraverso l’aumento degli ormoni di allarme, che hanno drammatici effetti sul corpo, sul cervello e quindi sulla mente del bambino. I figli di mamme cronicamente stressate, fisicamente e/o emotivamente, specialmente nel terzo trimestre, non solo pesano meno, anche se nascono a termine, ma possono avere una minore circonferenza cranica, il che suggerisce un cervello più piccolo. Certo, sappiamo che l’intelligenza – cognitiva, emotiva, sociale – non dipende dal peso ma soprattutto dalla genetica, dall’ambiente affettivo in cui cresciamo e dall’uso che noi facciamo del cervello che abbiamo. Tuttavia, un peso cerebrale più basso indica che comunque un rilevante effetto biologico si è manifestato in quei mesi, magari riducendo delle potenzialità. Il primo suggerimento pratico è di curare lo stato emotivo, oltre che fisico, in gravidanza, ancor più che in altri periodi della vita. Coltivare la calma in famiglia e al lavoro, rispettare il sonno (basti pensare che le fasi di sonno con sogni sono sincronizzate tra mamma e bambino!); respirare profondamente, passeggiare all’aperto nel verde, curare un’alimentazione leggera, nutriente e sana, evitare assolutamente alcol e fumo, ascoltare musica rilassante. E, a proposito di musica, se la mamma canticchia più volte al giorno un motivetto che le piace, il bambino lo riconosce già una settimana dopo la nascita. Come facciamo a saperlo? Se facciamo sentire al bambino così piccolo una musica nuova, la frequenza del suo battito cardiaco aumenta. Se gli facciamo sentire la canzoncina che la mamma cantava, la frequenza resta costante: il piccolo la “conosce” già, non nel senso delle parole, ma del ritmo. E questo non succede se è il papà che cantava sempre lo stesso motivo. Una mamma serena in gravidanza “culla” il suo bambino con mille segni sottili, con una musica del corpo che lascerà un’eco profonda sul corpo e sulla psiche del piccolo. Aver cura di quei nove mesi, in modo profondo, tenero, rispettoso, anche da parte del futuro papà, è il modo migliore per dire “benvenuto” davvero, con i fatti, al piccolino che verrà.

Gravidanza Rapporto mamma-bambino

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