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Salute e malattia: la genetica non è un destino

Salute e malattia: la genetica non è un destino
11/09/2023

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Quanto pesano i fattori genetici nello sviluppo di patologie anche molto serie? Il nostro genoma consta di circa 23.000 geni. E’ un sofisticato manuale di istruzioni, dinamico e potente, capace di dirigere sincronicamente e progettualmente triliardi di cellule, coordinandole in modo mirabile, fin dal concepimento. Salute e benessere sono un capolavoro di equilibri dinamici, di sinfonie biochimiche e di bioritmi silenziosi, nell’ombra della nostra consapevolezza. Un capolavoro effimero. La mortalità dell’organismo cerca un superamento nell’illusoria immortalità della riproduzione.
Sul fronte biologico, il programma genetico ha due compiti: la sopravvivenza dell’individuo, almeno fino a quando non sia riuscito a procreare, e la sopravvivenza della specie. Nell’effimera vita, tutti siamo a rischio di patologie diverse, con base genetica: per mutazioni ed errori, o perché geni favorevoli in tempo di carestia, che aiutavano a sopravvivere, diventano patogeni nel mondo ipercalorico. Ecco il punto: la genetica non è un destino, soprattutto per condizioni sottese da geni molteplici quali obesità, diabete o sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), causa più frequente di infertilità femminile di tipo endocrino.
Le conseguenze ormonali e metaboliche della PCOS, fra cui proprio diabete e obesità, coinvolgono l’intera salute della donna, fin dal concepimento. E’ caratterizzata da un aumento della sintesi di ormoni androgeni ovarici, testosterone in primis, con acne, irsutismo, alopecia androgenetica; irregolarità mestruali, difficoltà di ovulazione e infertilità; insulino-resistenza e alterazioni nel metabolismo dei carboidrati. Interessa l’8-13% delle donne.
Venerdì primo settembre, a Roma, nella sala “Laudato sì” del Campidoglio, alla PCOS è stata dedicata una conferenza stampa a cui ho partecipato con la professoressa Annamaria Colao, Ordinario di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli, e il professor Vittorio Unfer, di Roma. Ho descritto la storia naturale della sindrome come un film a due tempi, dal titolo “Due colpi bassi”: il primo tempo va dal concepimento alla pubertà, quando i fattori genetici negativi (il primo colpo basso) possono essere amplificati da fattori epigenetici aggravanti (il secondo colpo basso), come stili di vita inadeguati, sedentarietà, dieta ipercalorica, inadeguatezza delle cure. Il secondo tempo inizia con la pubertà, quando la patologia ovarica diventa evidente, con complicanze metaboliche progressive.
La PCOS è un esempio paradigmatico di quanto la genetica non sia un destino. I fattori epigenetici possono modulare la penetranza e l’espressività dei nostri geni, perché ne regolano la precocità di manifestazione, la gravità e l’aggressività biologica, se sfavorevoli, o rallentarla molto, se favorevoli. I molti geni della PCOS (circa 20) sono collocati sul cromosoma 19: condizionano l’insulino-resistenza e l’alterazione del metabolismo dei carboidrati; l’aumentata sintesi di ormoni maschili; la maggiore vulnerabilità a diabete e obesità. I figli maschi di donne con PCOS hanno più obesità, malattie cardiovascolari e alopecia androgenetica, con calvizie precoce.
Nel film della PCOS, come in tutti i film di salute e malattia, il protagonista è il corpo della donna; la regista del film è la donna, con i suoi stili di vita, e l’aderenza o meno alle cure consigliate; l’aiuto-regista è il medico di fiducia: può diagnosticare e consigliare, ma la costanza dei comportamenti autoprotettivi è scelta e responsabilità della donna, che può agire tanto meglio per la propria salute, quanto più è ben informata, consigliata e curata; coprotagonisti e comparse sono i fattori genetici ed epigenetici.
Il primo tempo della PCOS inizia, come dicevo, fin dal concepimento: le figlie delle donne con PCOS hanno una probabilità 5 volte maggiore di essere colpite dalla sindrome rispetto alle figlie di donne sane, tanto più se in gravidanza la mamma è aumentata molto di peso, ha mangiato troppo e non ha fatto attività fisica, o se è comparso un diabete gestazionale. Alla nascita, la bimba è sovrappeso. Nell’infanzia, se continuano sedentarietà e iperalimentazione, anche per lo stile familiare obesogeno, la piccola sarà sovrappeso od obesa, con pubertà anticipata e peggioramento del quadro clinico.
Il secondo tempo inizia alla pubertà, con l’inizio dell’attività ovarica e del ciclo mestruale. Più i fattori epigenetici negativi sono persistenti, più il secondo tempo mostra una PCOS ad andamento aggressivo, con acne precoce e irsutismo, difficoltà ovulatorie, irregolarità mestruali e infertilità, sovrappeso e obesità.
In positivo, l’attività fisica aerobica quotidiana, e una buona dieta, sono la migliore cura: basta una riduzione del peso del 5-10% per ritornare a ovulare e iniziare a “zittire” i geni negativi, silenziati ancora meglio da mio-inositolo, lattoalbumina e cure specifiche. La salute non è destino: è anche il risultato della scelta costante di stili di vita migliori.

Alimentazione e dieta Genetica e fattori genetici Peso corporeo Sindrome dell'ovaio policistico Sport e movimento fisico Stili di vita

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