La nostra salute dipende da due grandi gruppi di fattori: genetici, ereditati (e finora non modificabili), e acquisiti, modificabili. Questi due gruppi non sono tuttavia nettamente separati. A un estremo ci sono i caratteri genetici che si manifesteranno nel 100% della popolazione: per esempio, il gruppo sanguigno. All’estremo opposto, quei caratteri genetici che possono anche non manifestarsi affatto. Nel mezzo tutti i geni – la maggioranza – che hanno una variabile probabilità di manifestarsi in quel singolo individuo.
La vulnerabilità alle malattie più frequenti e importanti – il diabete, le malattie cardiovascolari o il cancro – è scritta in gruppi complessi di geni. Questi possono manifestarsi o meno, e farlo presto o tardi nella vita, a seconda dei nostri stili di vita e di altri fattori modificabili legati all’ambiente e al contesto in cui viviamo. Per esempio, avere un gruppo di geni che predispongono al diabete, non significa che ci verrà con certezza. Stili di vita e ambiente possono infatti modulare un aspetto cardine dell’attività dei nostri geni: la penetranza, che indica la frequenza con cui una coppia di geni si manifesta in modo palese (“fenotipicamente”) all'interno di una popolazione. In concreto, si parla di una penetranza dell’80% se quel carattere si manifesta nell’80% degli individui che hanno quei geni (mentre il 20%, pur avendo quei geni, non manifesta quelle caratteristiche).
Questa premessa è necessaria per capire perché è bene chiedere quali siano le malattie comparse nei parenti, specialmente di primo e secondo grado (genitori e nonni). Conoscendo lo scenario di vulnerabilità, potremmo ridurre il nostro potenziale di malattia, o posporlo nettamente negli anni, adottando opportune contromisure preventive. Per esempio, se una giovane donna ha uno o più familiari diabetici, ha un rischio maggiore rispetto alla popolazione generale di avere ella stessa un diabete, che potrebbe manifestarsi per la prima volta in gravidanza (diabete gestazionale). Intercettare i rischi significa allora dare alla donna tutti quei consigli – relativi all’alimentazione, al movimento fisico, al peso corporeo ideale, all’aumento di peso ottimale in gravidanza – in grado di minimizzare il rischio di diabete gestazionale fino, possibilmente, ad azzerarlo.
Così facendo, ridurrà anche la probabilità che suo figlio diventi diabetico e obeso: ormai sappiamo che già nei nove mesi di gravidanza vengono scritte molte delle principali vulnerabilità alle malattie che si manifesteranno poi in età adulta e avanzata.
Per restare sul diabete, è indispensabile adottare un’alimentazione a basso tasso di glucosio: dolci, merendine e bibite zuccherate – il cosiddetto “junk food”, cibo spazzatura – vanno ridotti al minimo fin dall’infanzia. Bisogna incoraggiare il bambino a giocare nella realtà (e poco con playstation e videogame). Più tardi, stimolarlo a fare uno sport che gli piaccia, per attivare il metabolismo basale, ottimizzare l’utilizzo periferico dell’insulina e mantenere un peso corporeo ottimale. Tutti fattori di salute fisica, ma anche emozionale e mentale. Ecco una forte responsabilità educativa e preventiva dei genitori!
E allora, compitino per tutti: agendina (o notebook) in mano, registrare tutte le malattie comparse in famiglia. Scriverle nella propria scheda clinica personale, e su quella dei propri figli, riferirle al medico di famiglia e chiedere consiglio su come ridurre la probabilità che si manifestino. O come rallentare la progressione nel caso abbiano già dato i primi segni di sé. Per fare davvero della prevenzione un affare di famiglia.
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