“Ho 39 anni. Purtroppo alla mia migliore amica, che ne ha 42, è stato diagnosticato un tumore al seno. Io sono terrorizzata che possa capitare anche a me. Si può fare qualcosa per ridurre il rischio? Mi sono già fatta l’ecografia e la mammografia, che sono per fortuna negative. Però il radiologo mi ha spiegato che con quegli esami si fa una diagnosi più precoce, che però è una cosa diversa dal ridurre il rischio. Ma allora il tumore al seno è un destino sul quale non si può fare nulla?”.
Caterina S. (Spoleto)
Caterina S. (Spoleto)
No, non è (del tutto) un destino e qualcosa si può fare anche per ridurre il rischio che il tumore compaia. Le rispondo subito, gentile Caterina, e molto volentieri, perché la sua domanda interessa milioni di donne che vogliono essere protagoniste di una salute migliore. Lo farò basandomi sui dati dell’American Cancer Society, così da darle una visione molto autorevole e documentata di quello che oggi possiamo realmente fare sul fronte della prevenzione dei tumori, anche della mammella.
Innanzitutto, il suo radiologo ha ragione: in medicina si parla di “prevenzione primaria” quando l’obiettivo è ridurre la comparsa (“incidenza”) di una malattia. Si parla invece di “prevenzione secondaria”, quando l’obiettivo è una diagnosi il più possibile precoce di una malattia già in atto. Questo secondo obiettivo è raggiungibile sia ponendo attenzione ai sintomi minimi (inizialissimi), sia con esami che consentano di riconoscere la malattia (per esempio un tumore) in fase “preclinica”, quando cioè non sia ancora diventato evidente dal punto di vista dell’esame obiettivo (la visita che il medico fa) o di altri segni che anche la persona può riconoscere.
Innanzitutto, il suo radiologo ha ragione: in medicina si parla di “prevenzione primaria” quando l’obiettivo è ridurre la comparsa (“incidenza”) di una malattia. Si parla invece di “prevenzione secondaria”, quando l’obiettivo è una diagnosi il più possibile precoce di una malattia già in atto. Questo secondo obiettivo è raggiungibile sia ponendo attenzione ai sintomi minimi (inizialissimi), sia con esami che consentano di riconoscere la malattia (per esempio un tumore) in fase “preclinica”, quando cioè non sia ancora diventato evidente dal punto di vista dell’esame obiettivo (la visita che il medico fa) o di altri segni che anche la persona può riconoscere.
Perché il tumore al seno fa più paura di tutti?
Il tumore al seno è in realtà il secondo per frequenza, dopo i tumori della pelle, ma fa molta più paura, sia perché colpisce l’organo principe della femminilità, la mammella, sia perché viene ancora visto come una malattia fatale. In realtà, l’aumento delle diagnosi precoci, e la migliore qualità delle cure hanno aumentato sia la sopravvivenza, sia la qualità della vita. Se il tumore è piccolo (inferiore a 2 cm di diametro) e localizzato (senza invasione dei linfonodi), ben il 98,5 per cento delle donne è vivo dopo 5 anni! Per questo è essenziale la diagnosi precoce, con ecografia e mammografia annuali, dopo i 40 anni! Se i linfonodi sono interessati (“malattia regionale”) l’88 per cento delle donne è vivo e sta bene dopo 5 anni, e l’80 per cento dopo 10 anni: quindi comunque la grande maggioranza!
Come si fa a essere sicuri di ridurre il rischio?
In oncologia, quando si parli di prevenzione primaria ci sono alcuni concetti cardinali che è importante condividere, per capire meglio quello che si può fare:
A) occorrono anni perché una cellula normale si trasformi progressivamente in cellula tumorale francamente invasiva. E ogni misura preventiva, per essere efficace, deve sia iniziare presto nella vita sia essere continuata con costanza, auspicabilmente per tutta l’esistenza. Per esempio, le popolazioni orientali, che hanno un’alimentazione ricca di soia e povera di grassi animali, hanno un’incidenza molto minore sia di tumori (non solo alla mammella, ma anche all’utero, al colon e, negli uomini, alla prostata), sia di malattie cardiovascolari. Ma è un’alimentazione che è costante dall’infanzia alla vecchiaia. Quando queste popolazioni emigrano nei Paesi occidentali, per esempio gli Stati Uniti, e ne adottano la alimentazione, il rischio cresce progressivamente fino a sovrapporsi a quello americano;
B) ridurre il rischio significa ridurre la probabilità che un tumore compaia, non certezza di non averlo;
C) i fattori che favoriscono la comparsa di un tumore sono molteplici: più sono, più aumenta il rischio. Tra questi, alcuni sono modificabili (li vediamo nell’approfondimento alla fine della scheda, e merita certamente ridurli). Altri invece, come l’età, la familiarità per tumori, l’età della prima mestruazione o della menopausa, non sono modificabili;
D) il rischio medio basale che una donna ha di avere un tumore al seno è piuttosto elevato: 1 donna su 8 negli Stati Uniti, 1 su 10 circa in Italia (quindi il 10%), avrà un tumore alla mammella nel corso dell’esistenza, anche senza aver mai assunto un ormone in vita sua. Lavorando sugli stili di vita è possibile ridurre il rischio: 1-2 donne su cento potrebbero non avere il tumore grazie a stili di vita appropriati per tutta la vita;
E) incidenza e mortalità dei tumori aumentano nettamente con l’età: per esempio, tra i 20 e i 24 anni 1 donna su 100.000 avrà un tumore al seno; ma questo numero sale a ben 496 per 100.000 nelle donne tra i 70 e i 74 anni. Quindi non bisogna abbassare la guardia!
A) occorrono anni perché una cellula normale si trasformi progressivamente in cellula tumorale francamente invasiva. E ogni misura preventiva, per essere efficace, deve sia iniziare presto nella vita sia essere continuata con costanza, auspicabilmente per tutta l’esistenza. Per esempio, le popolazioni orientali, che hanno un’alimentazione ricca di soia e povera di grassi animali, hanno un’incidenza molto minore sia di tumori (non solo alla mammella, ma anche all’utero, al colon e, negli uomini, alla prostata), sia di malattie cardiovascolari. Ma è un’alimentazione che è costante dall’infanzia alla vecchiaia. Quando queste popolazioni emigrano nei Paesi occidentali, per esempio gli Stati Uniti, e ne adottano la alimentazione, il rischio cresce progressivamente fino a sovrapporsi a quello americano;
B) ridurre il rischio significa ridurre la probabilità che un tumore compaia, non certezza di non averlo;
C) i fattori che favoriscono la comparsa di un tumore sono molteplici: più sono, più aumenta il rischio. Tra questi, alcuni sono modificabili (li vediamo nell’approfondimento alla fine della scheda, e merita certamente ridurli). Altri invece, come l’età, la familiarità per tumori, l’età della prima mestruazione o della menopausa, non sono modificabili;
D) il rischio medio basale che una donna ha di avere un tumore al seno è piuttosto elevato: 1 donna su 8 negli Stati Uniti, 1 su 10 circa in Italia (quindi il 10%), avrà un tumore alla mammella nel corso dell’esistenza, anche senza aver mai assunto un ormone in vita sua. Lavorando sugli stili di vita è possibile ridurre il rischio: 1-2 donne su cento potrebbero non avere il tumore grazie a stili di vita appropriati per tutta la vita;
E) incidenza e mortalità dei tumori aumentano nettamente con l’età: per esempio, tra i 20 e i 24 anni 1 donna su 100.000 avrà un tumore al seno; ma questo numero sale a ben 496 per 100.000 nelle donne tra i 70 e i 74 anni. Quindi non bisogna abbassare la guardia!
Quanto conta lo stress?
Lo stress cronico deprime le difese immunitarie e quindi aumenta la probabilità che le cellule tumorali sfuggano, per così dire, al controllo del nostro sistema di difesa. La riduzione dello stress (incluso il rispetto del sonno) aumenta la nostra salute, anche sul fronte oncologico. E la vita affettiva? Se serena, sembra essere protettiva: ma su questo le certezze sono meno scientifiche, e più legate al buon senso!
Approfondimento – Quali sono i fattori che una donna può modificare?
Sono quelli relativi allo stile di vita. Molti studi scientifici hanno dimostrato che possiamo ridurre il rischio di tumori alla mammella se:
- riduciamo l’alcool nell’alimentazione: due bicchieri di alcolici al giorno (24 gr di alcool) aumentano significativamente il rischio di tumore al seno; il rischio è dose dipendente, nel senso che cresce con l’aumentare della quantità di alcolici bevuti, ed è indipendente dal tipo di bevanda (vino, birra, o supercolici). Morale: meno si beve meglio è;
- evitiamo di fumare: fumo attivo e passivo aumentano, seppure di poco, il rischio di tumori anche al seno;
- riduciamo il peso! L’obesità, soprattutto dopo la menopausa, aumenta molto il rischio di tumori al seno, ben più di qualsiasi altro fattore, inclusa la terapia ormonale. Questo succede perché il tessuto adiposo produce un estrogeno “cattivo” (chiamato “estrone”) che aumenta nettamente il rischio di tumori alla mammella e all’utero;
- riduciamo i grassi animali (carni e formaggi) a favore di frutta, verdura, legumi e cereali, specie se ricchi di fitoestrogeni, ossia estrogeni vegetali, che sono protettivi;
- facciamo movimento fisico: sport e attività quotidiana riducono il rischio perché aiutano a mantenere un peso corporeo più equilibrato;
- terapie ormonali: aumentano il rischio in modo diverso a seconda del tipo di ormoni usati. Per esempio, i francesi hanno dimostrato che fino a sette anni di uso di terapie con ormoni bioidentici, ossia uguali a quelli prodotti dall’ovaio, non c’è nessun aumento del rischio, rispetto agli studi americani che utilizzavano ormoni sintetici o comunque di altri animali (estrogeni equini).
Adottiamo quindi sani stili di vita: quanto prima, tanto meglio!
- riduciamo l’alcool nell’alimentazione: due bicchieri di alcolici al giorno (24 gr di alcool) aumentano significativamente il rischio di tumore al seno; il rischio è dose dipendente, nel senso che cresce con l’aumentare della quantità di alcolici bevuti, ed è indipendente dal tipo di bevanda (vino, birra, o supercolici). Morale: meno si beve meglio è;
- evitiamo di fumare: fumo attivo e passivo aumentano, seppure di poco, il rischio di tumori anche al seno;
- riduciamo il peso! L’obesità, soprattutto dopo la menopausa, aumenta molto il rischio di tumori al seno, ben più di qualsiasi altro fattore, inclusa la terapia ormonale. Questo succede perché il tessuto adiposo produce un estrogeno “cattivo” (chiamato “estrone”) che aumenta nettamente il rischio di tumori alla mammella e all’utero;
- riduciamo i grassi animali (carni e formaggi) a favore di frutta, verdura, legumi e cereali, specie se ricchi di fitoestrogeni, ossia estrogeni vegetali, che sono protettivi;
- facciamo movimento fisico: sport e attività quotidiana riducono il rischio perché aiutano a mantenere un peso corporeo più equilibrato;
- terapie ormonali: aumentano il rischio in modo diverso a seconda del tipo di ormoni usati. Per esempio, i francesi hanno dimostrato che fino a sette anni di uso di terapie con ormoni bioidentici, ossia uguali a quelli prodotti dall’ovaio, non c’è nessun aumento del rischio, rispetto agli studi americani che utilizzavano ormoni sintetici o comunque di altri animali (estrogeni equini).
Adottiamo quindi sani stili di vita: quanto prima, tanto meglio!