Più spesso, tuttavia, lo stress persistente determina una potente risposta infiammatoria, un vero micro-incendio biochimico, che pian piano attacca cellule, tessuti e funzioni, fino a distruggere la vita. Attenzione: più siamo stressati, più siamo infiammati. E più siamo infiammati, più siamo malati. O sul punto di ammalarci, dopo una prima fase poco riconosciuta, quando l’infiammazione è lì, per mesi e anni, insidiosa e inesorabile, silenziosa e invisibile, perché agisce al di sotto della soglia di visibilità di cui gli attuali strumenti sono capaci. Intanto ci usura e ci logora, perché ci distrugge giorno dopo giorno a livello microscopico, cellulare, e a livello del microbioma intestinale, che da amico diventa nemico (“disbiosi da stress”).
L’infiammazione, anche da stress, è la protagonista del primo tempo di tutte le patologie cardiovascolari, metaboliche, neurodegenerative, e degli stessi tumori. Di fatto innesca i diversi fattori patologici che, esasperando predisposizioni genetiche ed errati stili di vita, scatenano un’infiammazione in primis microscopica. Il secondo tempo inizia quando le lesioni coinvolgono decine di migliaia di cellule, diventando visibili. Eppure quell’incendio da stress era già lì, distruttivo e progressivo, mesi o anni prima della diagnosi.
Per esempio, un tumore alla mammella di 1 centimetro di diametro, che la diagnostica per immagini (in questo caso la mammografia) identifica una lesione al primo stadio (T1), contiene già un miliardo di cellule circa. Ed è iniziato dieci-quindici anni (!) prima, a seconda del tempo di moltiplicazione di ciascuna cellula tumorale, che per la mammella è di circa 130 giorni. Quante persone colpite da tumore, uomini e donne, ricordano di aver avuto prolungati periodi di stress infernale, anni prima? Lo stesso vale per l’infarto. Per le patologie neurodegenerative e le malattie autoimmuni.
Ecco il punto: l’infiammazione da stress sta superando i confini del destino individuale, per coinvolgere l’intera società. Mi ha illuminata sul tema un magnifico articolo, “La mappa infiammatoria multiscala che lega lo stress individuale alle disfunzioni della società” (Yoram Vodovoz e collaboratori, A multiscale inflammatory map: linking individual stress to societal dysfunction, Frontiers in science 2024). Sostiene Vodovoz: i livelli di stress stanno crescendo in modo drammatico in tutte le popolazioni del pianeta. Di fatto è una pandemia pericolosa, con un’escalation infiammatoria che finisce per coinvolgere non solo gli umani, ma il mondo. Distruttiva per la mente, mina anche la capacità cognitiva per eccellenza: saper prendere decisioni appropriate. La neuro-infiammazione, ossia l’infiammazione che coinvolge il sistema nervoso sia viscerale (“gut brain”), sia centrale, causa ansia e depressione, confusione e nebbia mentale (“brain fog”), perdita di lucidità, stanchezza, irritabilità e aggressività, fino a determinare azioni impulsive, violente e distruttive.
Qual è il punto? Sì, guerre e terremoti, inondazioni ed epidemie ci sono sempre state. Tuttavia i livelli di stress e infiammazione stanno crescendo per un agente di potenza devastante, comparso da pochi anni sulla Terra. No, non è l’atomica. Sono i social media, che come induttori subliminali di stress biologico, oltre che psichico, hanno una potenza cronicamente pervasiva e distruttiva superiore all’atomica. Perché sono molto più subdoli, cosicché si presentano come seduttori insidiosissimi, e divertenti facilitatori di vita, mentre presentano un lato oscuro di potenza devastante, di cui pochi sono consapevoli. Stress, ansia e depressione, difficoltà cognitive e professionali aumentano fra i giovani con un trend parallelo all’incremento di uso dei social e della comunicazione stressante correlata.
L’ipotesi di Vodovoz, approfondita con modelli matematici sofisticati, è che l’amplificazione digitale, diretta e indiretta, dei fattori di stress, possa culminare in un processo infiammatorio progressivo incontrollato e multiscala, che mina la capacità di analisi, di prendere decisioni e scegliere azioni appropriate, fino a ridurre la stessa capacità di affrontare le cause primarie di stress. Un’ipotesi inquietante, su cui merita riflettere bene, per individuare e mettere in pratica tempestivamente misure efficaci sia per ridurre le cause di stress, sia per migliorare la capacità di resilienza, o resistenza positiva, allo stress stesso. Il futuro inquieta di più chi sa (ancora) pensare.
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