“Ho 27 anni e recentemente ho perso mia nonna per un tumore al seno. Da allora ho paura che possa capitare anche a me. Le mie amiche minimizzano, ma io non sono tranquilla. Anche sulla mammografia ho letto di donne che all’ultimo controllo sembravano a posto, e un anno dopo erano in sala operatoria... Quanto sono affidabili questi esami? E quanto pesa la familiarità sulla probabilità di ammalarsi di cancro? E’ possibile ridurre i fattori di rischio?”.
Chiara (Genova)
Chiara (Genova)
Gentile Chiara, capisco la sua ansia e credo che le sue domande siano molto pertinenti: nonostante i progressi della medicina, il carcinoma della mammella resta infatti una seria minaccia per tutte le donne. Le dico subito però che – a parte casi del tutto eccezionali, dovuti a una cattiva qualità della lastra e/o a errori di interpretazione – la mammografia ha il merito di avere enormemente migliorato le nostre possibilità di diagnosi precoce. A questa forma di prevenzione, detta “secondaria” proprio perché consente di individuare la patologia già in atto, possono affiancarsi molte forme di prevenzione “primaria”, volte a evitare che il malattia compaia del tutto, anche in presenza di una certa familiarità. Peraltro, la familiarità è importante quando il tumore in madri o nonne compare prima della menopausa; quando compare dopo, come è successo a suo nonna, il rischio resta sovrapponibile a quello della popolazione generale.
Il tumore della mammella fa paura perché colpisce la donna al cuore della sua femminilità. Perché è vissuto come malattia incurabile e mortale. Al contrario, l’aumento delle diagnosi precoci e la maggiore efficacia delle cure hanno invece aumentato sia la sopravvivenza, sia la qualità della vita successiva alle terapie. Se il tumore ha un diametro inferiore ai 2 centimetri, ed è ben localizzato, ossia senza invasione dei linfonodi, ben il 98,5% delle donne è vivo e sta bene dopo 5 anni. Se i linfonodi invece sono interessati, questa percentuale scende all’88% dopo 5 anni, e all’80% dopo 10. Inoltre, il 63% delle donne con tumore al seno è vivo e sta bene dopo vent’anni dalla diagnosi: a riprova che questa malattia è oggi ben curabile!
Agire sui fattori di rischio può ridurre in misura significativa la probabilità che il tumore compaia. Alcuni fattori (età, familiarità, età della prima mestruazione o della menopausa) non sono modificabili. Altri invece sì, e i dati parlano chiaro: solo migliorando lo stile di vita, due donne su cento potrebbero evitare il tumore. Una percentuale altissima, che ci deve spingere a una seria assunzione di responsabilità nei confronti della nostra salute. Qualche esempio? Due bicchieri di vino al giorno (20 grammi di alcol) aumentano significativamente il rischio di ammalarsi. Il rischio cresce con l’aumentare della quantità bevuta, ma è indipendente dal tipo di bevanda (vino, birra o supercolici). Quindi: meno si beve, meglio è. Inoltre bisogna assolutamente evitare il fumo, sia attivo sia passivo. Anche l’obesità, soprattutto dopo la menopausa, aumenta il rischio di cancro perché il tessuto adiposo produce l’estrone, un estrogeno “cattivo” che accresce la capacità delle cellule mammarie di trasformarsi in senso tumorale. La persona sovrappeso, inoltre, produce più leptine, sostanze che aumentano la velocità di proliferazione delle cellule tumorali, e quindi l’aggressività della malattia. In particolare, bisogna ridurre i grassi animali, come carni e formaggi, e preferire frutta, verdura, legumi e cereali, specie se ricchi di fitoestrogeni.
Oltre all’alimentazione, anche il movimento fisico quotidiano aiuta molto, perché contribuisce a mantenere un peso corporeo più equilibrato. Infine va ricordato che anche lo stress cronico è un fattore di rischio: deprime le difese immunitarie e quindi aumenta la probabilità che le cellule tumorali sfuggano al controllo del nostro sistema di difesa. La riduzione dello stress, e il rigoroso rispetto del sonno (almeno sette ore per notte, meglio ancora otto), proteggono dunque la nostra salute anche sul fronte oncologico.
Riassumendo: avere familiarità per il tumore al seno non significa andare incontro a un destino ineluttabile. Con i giusti stili di vita si può ridurre anche di molto il rischio di ammalarsi; e con la visita di controllo annuale, completa di mammografia ed ecografia, si massimizzano le chance di individuare la malattia sin dalla fase preclinica, quando cioè non dia ancora sintomi o segni riconoscibili dal medico o dalla donna stessa.
Il tumore della mammella fa paura perché colpisce la donna al cuore della sua femminilità. Perché è vissuto come malattia incurabile e mortale. Al contrario, l’aumento delle diagnosi precoci e la maggiore efficacia delle cure hanno invece aumentato sia la sopravvivenza, sia la qualità della vita successiva alle terapie. Se il tumore ha un diametro inferiore ai 2 centimetri, ed è ben localizzato, ossia senza invasione dei linfonodi, ben il 98,5% delle donne è vivo e sta bene dopo 5 anni. Se i linfonodi invece sono interessati, questa percentuale scende all’88% dopo 5 anni, e all’80% dopo 10. Inoltre, il 63% delle donne con tumore al seno è vivo e sta bene dopo vent’anni dalla diagnosi: a riprova che questa malattia è oggi ben curabile!
Agire sui fattori di rischio può ridurre in misura significativa la probabilità che il tumore compaia. Alcuni fattori (età, familiarità, età della prima mestruazione o della menopausa) non sono modificabili. Altri invece sì, e i dati parlano chiaro: solo migliorando lo stile di vita, due donne su cento potrebbero evitare il tumore. Una percentuale altissima, che ci deve spingere a una seria assunzione di responsabilità nei confronti della nostra salute. Qualche esempio? Due bicchieri di vino al giorno (20 grammi di alcol) aumentano significativamente il rischio di ammalarsi. Il rischio cresce con l’aumentare della quantità bevuta, ma è indipendente dal tipo di bevanda (vino, birra o supercolici). Quindi: meno si beve, meglio è. Inoltre bisogna assolutamente evitare il fumo, sia attivo sia passivo. Anche l’obesità, soprattutto dopo la menopausa, aumenta il rischio di cancro perché il tessuto adiposo produce l’estrone, un estrogeno “cattivo” che accresce la capacità delle cellule mammarie di trasformarsi in senso tumorale. La persona sovrappeso, inoltre, produce più leptine, sostanze che aumentano la velocità di proliferazione delle cellule tumorali, e quindi l’aggressività della malattia. In particolare, bisogna ridurre i grassi animali, come carni e formaggi, e preferire frutta, verdura, legumi e cereali, specie se ricchi di fitoestrogeni.
Oltre all’alimentazione, anche il movimento fisico quotidiano aiuta molto, perché contribuisce a mantenere un peso corporeo più equilibrato. Infine va ricordato che anche lo stress cronico è un fattore di rischio: deprime le difese immunitarie e quindi aumenta la probabilità che le cellule tumorali sfuggano al controllo del nostro sistema di difesa. La riduzione dello stress, e il rigoroso rispetto del sonno (almeno sette ore per notte, meglio ancora otto), proteggono dunque la nostra salute anche sul fronte oncologico.
Riassumendo: avere familiarità per il tumore al seno non significa andare incontro a un destino ineluttabile. Con i giusti stili di vita si può ridurre anche di molto il rischio di ammalarsi; e con la visita di controllo annuale, completa di mammografia ed ecografia, si massimizzano le chance di individuare la malattia sin dalla fase preclinica, quando cioè non dia ancora sintomi o segni riconoscibili dal medico o dalla donna stessa.
Le strutture dedicate alla prevenzione
Oltre alle strutture universitarie e ospedaliere, nel nostro Paese opera da molti anni la “Lega italiana per la lotta contro i tumori” (LILT), particolarmente attiva su tre fronti: la prevenzione primaria (stili di vita), la prevenzione secondaria (attraverso promozione di una cultura della diagnosi precoce) e l’attenzione verso il malato e la sua famiglia, la riabilitazione e il reinserimento sociale dopo le cure.
Questi obiettivi sono perseguiti attraverso 106 sezioni provinciali e 394 ambulatori dislocati su tutto il territorio nazionale, e con il lavoro di numerosi volontari. Gli ambulatori LILT sono aperti tutto l’anno e sempre a disposizione di chiunque desideri sottoporsi a una visita di controllo. Per conoscere i giorni e gli orari di apertura dell’ambulatorio più vicino, si può chiamare il numero verde 800-998877, o consultarne l’elenco sul sito www.legatumori.it.
Questi obiettivi sono perseguiti attraverso 106 sezioni provinciali e 394 ambulatori dislocati su tutto il territorio nazionale, e con il lavoro di numerosi volontari. Gli ambulatori LILT sono aperti tutto l’anno e sempre a disposizione di chiunque desideri sottoporsi a una visita di controllo. Per conoscere i giorni e gli orari di apertura dell’ambulatorio più vicino, si può chiamare il numero verde 800-998877, o consultarne l’elenco sul sito www.legatumori.it.
L'incidenza della malattia
In Italia, secondo l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (AIRC), il carcinoma alla mammella colpisce una donna su dieci e rappresenta il 25 per cento di tutti i tumori della popolazione femminile.
Ogni anno vengono diagnosticati 37 mila nuovi casi: questo significa che, in media, si ammalano 152 donne ogni 100 mila. L’incidenza dei tumori, però, aumenta nettamente con l’età: tra i 20 e i 24 anni solo una donna su 100 mila ha un tumore al seno, ma questo numero sale a 496 nelle donne tra i 70 e i 74 anni. Anche la mortalità della malattia peggiora con l’età, perché la diagnosi è spesso tardiva. Quindi non bisogna mai abbassare la guardia e fare tutto il possibile a livello di prevenzione primaria e secondaria: facendo fare la mammografia periodica anche alle nostre nonne!
Ogni anno vengono diagnosticati 37 mila nuovi casi: questo significa che, in media, si ammalano 152 donne ogni 100 mila. L’incidenza dei tumori, però, aumenta nettamente con l’età: tra i 20 e i 24 anni solo una donna su 100 mila ha un tumore al seno, ma questo numero sale a 496 nelle donne tra i 70 e i 74 anni. Anche la mortalità della malattia peggiora con l’età, perché la diagnosi è spesso tardiva. Quindi non bisogna mai abbassare la guardia e fare tutto il possibile a livello di prevenzione primaria e secondaria: facendo fare la mammografia periodica anche alle nostre nonne!
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