Sintesi dell'intervista e punti chiave
Natale e Capodanno sono vissuti all’insegna della frenesia, del consumismo e, almeno in apparenza, della gioia. Ma non per tutti sono giorni spensierati: le feste di fine anno possono essere tristi e difficili per moltissime persone. Al punto che i medici e gli psicologi parlano di “tristezza da Natale”, o di “Christmas blues”, malinconie natalizie. Per chi è solo, ammalato o in difficoltà economiche, ad esempio, il contrasto fra i luccichii esteriori e il dolore di vivere può essere così stridente da diventare intollerabile, sino alla franca depressione. Lo conferma il triste aumento che, in questo periodo, si registra nei ricoveri per tentato suicidio. Ciascuno di noi, però, può fare qualcosa per alleviare la sofferenza di chi è meno fortunato, dando così un senso più autentico ed umano anche al proprio Natale.
In questa intervista illustriamo:
- chi è più vulnerabile alla tristezza natalizia: le persone con disturbi dell’umore di tipo ciclotimico; le donne che abbiano già avuto episodi di depressione, per esempio dopo il parto, o che soffrano di sindrome premestruale; gli adolescenti; e soprattutto gli anziani, nei quali alla solitudine si associa spesso una riduzione progressiva dei livelli di serotonina, il neurotrasmettitore che modula il senso di benessere e il tono dell’umore;
- le situazioni relazionali e familiari che possono ulteriormente alimentare il senso di isolamento;
- i fattori predisponenti e precipitanti che aumentano il rischio di depressione nel periodo delle festività;
- l’aiuto farmacologico che può derivare dagli “inibitori della ricaptazione della serotonina”, antidepressivi che anche in minime dosi riportano la serotonina a livelli più fisiologici;
- la necessità che gli antidepressivi vengano assunti sin dai primi di dicembre, per permettere alla loro azione di dispiegarsi pienamente proprio intorno al periodo natalizio;
- il contributo che tutti noi possiamo dare sul piano affettivo, andando a trovare chi è ammalato, magari con un piccolo pensiero, telefonando per gli auguri a Natale o Capodanno, invitando a pranzo i parenti o gli amici che sappiamo soli: piccoli gesti d’affetto che costano poco e possono restituire il sorriso.
In questa intervista illustriamo:
- chi è più vulnerabile alla tristezza natalizia: le persone con disturbi dell’umore di tipo ciclotimico; le donne che abbiano già avuto episodi di depressione, per esempio dopo il parto, o che soffrano di sindrome premestruale; gli adolescenti; e soprattutto gli anziani, nei quali alla solitudine si associa spesso una riduzione progressiva dei livelli di serotonina, il neurotrasmettitore che modula il senso di benessere e il tono dell’umore;
- le situazioni relazionali e familiari che possono ulteriormente alimentare il senso di isolamento;
- i fattori predisponenti e precipitanti che aumentano il rischio di depressione nel periodo delle festività;
- l’aiuto farmacologico che può derivare dagli “inibitori della ricaptazione della serotonina”, antidepressivi che anche in minime dosi riportano la serotonina a livelli più fisiologici;
- la necessità che gli antidepressivi vengano assunti sin dai primi di dicembre, per permettere alla loro azione di dispiegarsi pienamente proprio intorno al periodo natalizio;
- il contributo che tutti noi possiamo dare sul piano affettivo, andando a trovare chi è ammalato, magari con un piccolo pensiero, telefonando per gli auguri a Natale o Capodanno, invitando a pranzo i parenti o gli amici che sappiamo soli: piccoli gesti d’affetto che costano poco e possono restituire il sorriso.
Parole chiave:
Anziani
Depressione
Solitudine