Sintesi dell'intervista e punti chiave
In questa intervista illustriamo:
- perché occorre una grande cautela nell’etichettare un figlio come potenziale omosessuale o transessuale: i comportamenti dei bambini sono molto “plastici” e possono cambiare profondamente con la crescita; inoltre, c’è il rischio che il piccolo aderisca inconsciamente a questa identità, e la faccia propria, senza esplorare altre possibilità di essere ed esprimersi;
- i due processi attraverso i quali si sviluppa l’identità sessuale: l’“identificazione” con il genitore dello stesso sesso e la “complementazione” con quello di sesso opposto;
- il ruolo dei “neuroni specchio” nel processo di identificazione;
- come la presenza di molte donne (madre, nonne, insegnanti, animatrici), soprattutto se il padre è fisicamente e/o emotivamente assente, possa sbilanciare il processo di identificazione “spostandolo” sulla figura della madre, che è prevalente solo nei primissimi mesi di vita. Questa asimmetria può poi ripercuotersi sui comportamenti del bambino;
- l’inutilità e la pericolosità di un atteggiamento punitivo o, peggio ancora, derisorio, che tenti di togliere le bambole al piccolo o di separarlo dalle compagne di gioco;
- il ruolo fondamentale che può svolgere il padre, o un altro affidabile adulto di riferimento, nell’incoraggiare il bambino a sviluppare poco per volta uno sguardo sul mondo più connaturato al proprio sesso, attraverso il gioco, lo sport, il dialogo, e soprattutto l’approvazione affettuosa;
- il contributo positivo degli sport con valenze anche maschili: a parte il solito calcio, la scherma, l’equitazione (magari in un pony club) e le arti marziali sono ottime discipline perché aiutano il bambino a sperimentarsi con il proprio corpo e a coltivare il coraggio, scoprendo parti di sé che altrimenti potrebbero restare in ombra.
Parole chiave:
Bambini
Identità sessuale / Disturbi dell'identità
Omosessualità