Bhave VM, Oladele CR, Ament Z, Kijpaisalratana N, Jones AC, Couch CA, Patki A, Garcia Guarniz AL, Bennett A, Crowe M, Irvin MR, Kimberly WT.
Associations between ultra-processed food consumption and adverse brain health outcomes
Neurology 2024 Jun 11;102(11):e209432. doi: 10.1212/WNL.0000000000209432. Epub 2024 May 22. PMID: 38776524
Valutare l’impatto degli alimenti ultra-processati sul rischio neurologico e cardiovascolare, e se tale rischio possa variare in base allo schema dietetico seguito: è questo l’obiettivo dello studio osservazionale condotto da un team di ricercatori della Harvard Medical School di Boston, della Yale School of Medicine a New Haven e del Dipartimento di Neurologia presso il Massachusetts General Hospital di Boston (Stati Uniti).
Lo studio si proponeva in particolare di:
- stimare la correlazione fra alimenti ultra-processati (ultra-processed foods, UPF) e rischio di deterioramento cognitivo e di ictus;
- rivalutare questa correlazione in funzione dei modelli dietetici raccomandati nello studio REasons for Geographic and Racial Differences in Stroke (REGARDS 2005).
Secondo il sistema NOVA, elaborato dall’Università di San Paolo (Brasile), gli alimenti ultra-processati si distinguono per la presenza di sostanze estranee alle preparazioni alimentari domestiche (come additivi e conservanti): includono per esempio le merendine ricche di grassi, zuccheri aggiunti e sale, le bevande zuccherate, ma anche le creme spalmabili, i cereali per la colazione, le pizze confezionate, i wurstel, le zuppe pronte.
Le altre tre categorie della classificazione NOVA sono
1) i cibi non trasformati o minimamente lavorati: acqua, parti commestibili di piante (semi, frutti, foglie, steli, radici), funghi, alghe e i prodotti di origine animale più semplici, come le uova, il latte e le carni non lavorate;
2) gli ingredienti per la cucina domestica, indispensabili per la preparazione e il condimento dei cibi: oli e grassi, aceto e sale, zucchero, erbe aromatiche e spezie;
3) alimenti trasformati (processed food): pane, pasta, formaggi, carni e pesci nelle lavorazioni più semplici, conserve vegetali.
I modelli dietetici presi in considerazione sono:
- la dieta mediterranea (mediterranean diet, MD);
- le diete anti-ipertensione (dietary approaches to stop hypertension, DASH);
- la dieta per la prevenzione del declino cognitivo (mediterranean-DASH intervention for neurodegenerative delay, MIND), un ibrido dei due schemi alimentari precedenti.
La coorte con deterioramento cognitivo (n = 14.175) era composta da soggetti senza evidenza di deterioramento al basale. La coorte con ictus (n = 20.243) includeva soggetti senza una storia personale di ictus.
Vediamo, in sintesi, i risultati:
- rispetto al deterioramento cognitivo, un aumento del 10% nell'assunzione relativa di UPF correla con un rischio più elevato (HR = 1,16, CI 95% 1,09-1,24, p = 1,01 × 10-5); un maggior consumo di alimenti non trasformati o minimamente trasformati correla invece con un rischio minore (HR = 0,88, CI 95% 0,83-0,94, p = 1,83 × 10-4);
- rispetto al rischio di ictus, si osserva la stessa fondamentale tendenza tra UPF (HR = 1,08, CI 95% 1,02-1,14, p = 1,12 × 10-2) e alimenti non trasformati o minimamente trasformati (HR = 0,91, CI 95% 0,86-0,95, p = 2,13 × 10-4);
- l’impatto degli UPF sul rischio di ictus è maggiore nelle persone afroamericane rispetto a quelle caucasiche (HR di interazione UPF per etnia = 1,15, CI 95% 1,03-1,29, p = 1,50 × 10-2);
- la correlazione tra UPF e deterioramento cognitivo e ictus è indipendente dal tipo di schema alimentare generale (MD, DASH o MIND).
In sintesi:
- per ogni 10% di aumento nei consumi di UPF si registra una crescita del 16% del rischio di declino cognitivo e dell’8% del rischio di ictus;
- al contrario, a una riduzione del consumo di UPF, corrisponde una riduzione del 12% e del 9%, rispettivamente:
- il consumo di UPF si lega a un aumento del rischio anche quando è inserito in un regime alimentare sano.