Michaëlsson K, Lemming EW, Larsson SC, Höijer J, Melhus H, Svennblad B, Baron JA, Wolk A, Byberg L.
Non-fermented and fermented milk intake in relation to risk of ischemic heart disease and to circulating cardiometabolic proteins in swedish women and men: two prospective longitudinal cohort studies with 100,775 participants
BMC Med. 2024 Nov 8;22(1):483. doi: 10.1186/s12916-024-03651-1. PMID: 39511582; PMCID: PMC11546556
Valutare la correlazione fra consumo di latte fermentato e non fermentato e rischio di ischemia coronarica e infarto miocardico acuto: è questo l’obiettivo dello studio osservazionale di Karl Michaëlsson e collaboratori, del Dipartimento di Epidemiologia presso l’Università svedese di Uppsala. Ai lavori ha preso parte anche il Karolinska Institutet di Stoccolma.
L’indagine è partita dai dati di due studi di coorte prospettici svedesi su 59.998 donne (età media: 54 anni) e 40.777 uomini senza cardiopatia ischemica o cancro al basale, che hanno fornito:
- misure ripetute di fattori di dieta e stile di vita;
- dati di proteomica plasmatica, fondamentali per la stima del rischio cardiovascolare.
Collegando i due registri, sono stati documentati 17.896 casi in ischemia coronarica (IC) in un follow-up fino a 33 anni, che in 10.714 casi avevano portato a infarto miocardico acuto (IM). L’assunzione di latte fermentato o non fermentato è stata rilevata fino al manifestarsi eventuale della patologia cardiovascolare. Utilizzando saggi immunologici multiplex ad alto rendimento, si sono inoltre misurate 276 proteine plasmatiche cardiometaboliche in due sottocoorti, con l’obiettivo di esaminare la correlazione fra livelli proteici e consumo di latte.
Vediamo i risultati. Per il latte non fermentato, i risultati differiscono in base al sesso (p = 0,01).
Nelle donne, il rischio cresce per un consumo superiore a 1,5 bicchieri/giorno (300 mL/giorno). Rispetto a un’assunzione di riferimento di 0,5 bicchieri/giorno (100 mL/giorno) si sono infatti riscontrati, per l’ischemia coronarica, questi tassi di rischio (senza differenze significative fra latte intero, latte parzialmente scremato e latte magro):
- 2 bicchieri/giorno (400 mL/giorno): HR 1,05 (95% CI 1,01-1,08), equivalente a un aumento del rischio del 5%;
- 3 bicchieri/giorno (600 mL/giorno): HR 1,12 (95% CI 1,06-1,19) (ossia +12%);
- 4 bicchieri/giorno (800 mL/giorno): HR 1,21 (95% CI 1,10-1,32) (ossia +21%).
Una relazione simile è stata osservata per il rischio di infarto miocardico acuto.
Negli uomini, invece, una maggiore assunzione giornaliera non correla con un incremento del rischio di ischemia coronarica.
L’assunzione di latte fermentato (in forma, per esempio, di yogurt e kefir) non si associa a un maggior rischio di eventi cardiovascolari, in entrambi i sessi; anzi, la sostituzione quotidiana di un bicchiere di latte non fermentato (pari a 200 mL) con una pari porzione di yogurt o kefir correla, nelle donne, con una riduzione del rischio del 5% per l’ischemia coronarica e del 4% per l’infarto.
L’aumento del consumo di latte non fermentato nelle donne correla infine in modo significativo con una maggiore concentrazione plasmatica di enzima 2 di conversione dell’angiotensina (ACE2) e a una minore concentrazione di fattore di crescita dei fibroblasti 21 (FGF21).
In conclusione
Lo studio svedese, essendo di natura osservazionale, non può confermare direttamente l’esistenza di una relazione causale fra assunzione di latte non fermentato e rischio di ischemia coronarica nella donna.
Secondo gli autori, tuttavia, una maggiore assunzione di latte non fermentato potrebbe negativamente influenzare nella donna i livelli di ACE2 e FGF21, due proteine che – a dosaggi fisiologici – contribuiscono a regolare la pressione arteriosa e la circolazione sanguigna. L’alterazione dei loro livelli per effetto di un eccessivo consumo di latte non trasformato sarebbe quindi all’origine del maggior numero di casi osservati di incidenti coronarici.
Di converso, l’utilizzo di yogurt e kefir riduce, seppur in misura limitata, il rischio di eventi cardiovascolari (5% per l’ischemia coronarica e 4% per l’infarto).