Diverso è ammalarsi di demenza a 65 anni, oppure a 85 o 90: allungare l’aspettativa di salute, anche del cervello, è possibile, almeno per una parte consistente di noi. Questo dovrebbe diventare l’obiettivo centrale di un progetto di salute, individuale e sociale, degno del nome. Per un motivo cruciale: l’Alzheimer, e le demenze, non sono curabili. La ragione è tragicamente semplice. Quando compaiono, è già stato distrutto l’80% dei neuroni “colinergici”, le cellule nervose che utilizzano come parola chiave l’acetilcolina. Questi neuroni ci consentono di pensare, di ricordare, di associare, di progettare. Più sono lesi fino a morire, più si sgretola la capacità di ricordare. E’ la memoria la garante necessaria del sapere chi siamo, chi siamo stati, chi sono le persone che amiamo e sono preziose per noi, ma anche la capacità di pensare il futuro. Il 20% di neuroni residuo, che continua a morire, non è più in grado di svolgere funzioni complesse. Ecco perché dai sintomi iniziali – la difficoltà di acquisire nuovi ricordi e ricordare eventi recenti – si passa progressivamente alla difficoltà di organizzare la giornata (“memoria prospettica”). Con il tempo, si perde poi la capacità di ricordare eventi della propria vita (“memoria episodica retrograda”) e le conoscenze acquisite (“memoria semantica”). Per ultima viene lesa la capacità di eseguire automaticamente azioni semplici quotidiane, come il mangiare o il vestirsi (“memoria procedurale”).
Bisogna allora cercare di prevenire, o meglio, rallentare la degenerazione delle cellule nervose, non solo colinergiche, per la verità. Il 40% dei malati di Alzheimer soffre infatti anche di Parkinson, malattia che compare quando è distrutto l’80% dei neuroni motori (“dopaminergici”), che come parola chiave per comunicare tra loro usano invece la dopamina. Per rallentare la neurodegenerazione, dobbiamo agire sui fattori che causano l’Alzheimer e le demenze, divisibili in fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento. Alcuni sono (per ora) immodificabili: l’età, primo nemico del cervello, e l’accumulo di amiloide, sostanza geneticamente determinata che intossica i neuroni fino a distruggerli, sono i veri killer neuronali che causano l’Alzheimer. Altri sono modificabili. Qui c’è lo spazio per agire. Per funzionare, le cellule nervose devono essere nutrite: ricevere aminoacidi, acidi grassi essenziali, oligoelementi, zuccheri, ossigeno, ed eliminare i prodotti tossici. Se le autostrade che portano i nutrienti sono intasate e ristrette per l’accumulo di zolle di colesterolo, nutrizione e depurazione sono sempre più limitate, fino alla morte dei neuroni: è questa la base della demenza aterosclerotica. Tenere pulite e sane le arterie il più a lungo possibile è dunque essenziale: ecco perché sono necessari alimentazione corretta, essere normopeso, fare movimento aerobico quotidiano, tenere controllati pressione e glicemia. E’ indispensabile evitare il fumo, tossico per cellule nervose e parete delle arterie; bere con molta moderazione (massimo due bicchieri di vino al giorno per gli uomini, uno per le donne; meglio se rosso, per il resveratrolo, protettivo); dormire almeno 7 ore per notte, meglio 8. Il sonno è il grande custode della salute cerebrale, perché in quelle ore il corpo fa le grandi e piccole riparazioni cerebrali dei danni diurni e consolida le tracce di memoria a breve termine, trasformandole in memoria a lungo termine: ecco perché dormire poco significa minarsi il cervello. E’ bene controllare anche la tiroide e i livelli di B12.
Nutrire biologicamente e riparare, tuttavia, non basta: per continuare a funzionare le cellule nervose devono “parlarsi”, ossia formare sempre nuove connessioni tra loro. Devo essere stimolate: dal nostro fare, leggere, imparare cose nuove (essenziale!), essere attivi, stare insieme agli altri per sentirci vivi, amati e capaci di amare: la depressione, con la sua riduzione di stimoli e di contatti umani, anticipa e accelera ogni demenza. Infine, gli amici ormoni – estrogeni, progesterone testosterone – sono essenziali per la salute del cervello: ecco perché le donne sono più colpite. Le donne in menopausa precoce prima dei 40 anni, e che non fanno terapie ormonali, hanno un aumento del 46% del rischio relativo di deterioramento cognitivo, fino alla demenza, rispetto a quelle il cui ovaio funziona fino a 50 anni. Curarle, e curarci anche dopo i 50 anni, fa parte dei progetti di salute ancora trascurati. Che senso ha vivere più a lungo, se triplichiamo gli anni di malattia, demenze incluse? La demenza non è un destino (precoce) ineludibile: la qualità del nostro futuro di salute è nelle nostre mani, più di quanto si creda.
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