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Depressione post parto: cause, sintomi e terapie

04/09/2015

Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

“Gentile professoressa, le scrivo insieme a mia moglie per un problema che ci preoccupa molto: la depressione dopo il parto. Mia cognata, tre anni fa, ha avuto il suo primo figlio ed è stata a lungo in difficoltà, come se fosse incapace di affrontare le nuove responsabilità che la nascita del bambino aveva portato con sé. Ora anche mia moglie Elena è incinta, e vorremmo evitare che questa situazione così triste si ripeta: vorremmo che l’arrivo della nostra primogenita (sarà una femmina, a quanto risulta dagli esami) coincidesse con un periodo di gioia e di fiducia nel futuro, e non di tristezza e disamore per la vita! Che cosa è opportuno sapere? Che cosa dobbiamo fare? Grazie di cuore e un cordialissimo saluto”.
Michele ed Elena (Genova)
E’ molto probabile che sua cognata abbia sofferto di depressione puerperale, che – come vedremo fra poco – può essere causata da diversi fattori. Prima però è bene fare una premessa di ordine terminologico e clinico. Il termine “depressione puerperale” o “depressione post parto” fa infatti riferimento a tre situazioni distinte fra loro a seconda della loro gravità:
a) le “maternal blues” o “baby blues”, che le nostre nonne chiamavano le “lacrime del latte” perché avevano notato la coincidenza fra le crisi di pianto e il momento dell’allattamento: interessano il 40-85 per cento delle puerpere e normalmente scompaiono pochi giorni dopo il parto;
b) la depressione puerperale vera e propria: interessa il 10-15 per cento delle mamme, con un picco del 36 per cento fra le adolescenti. Nella maggior parte dei casi, dura oltre 6 mesi: come dicevo poco fa, è probabilmente questo il disturbo che ha colpito sua cognata;
c) la psicosi puerperale: interessa lo 0,1-1,2% delle puerpere, comporta una grave distorsione del giudizio critico e può causare conseguenze tragiche, fino al suicidio della mamma o all’infanticidio. I sintomi compaiono generalmente entro le prime 4 settimane, ma possono manifestarsi fino a 90 giorni dopo il parto. Un secondo minore picco di incidenza compare tra i 18 e i 24 mesi.

Quali sono le cause della depressione puerperale in senso stretto?

Ci sono fattori biologici, psicologici e relazionali. Fra i primi spiccano:
- la familiarità per bassi livelli di serotonina, il neurotrasmettitore che regola il tono dell’umore;
- la caduta degli estrogeni, che si riducono del 90-95% nelle prime 48 ore dopo il parto;
- le fluttuazioni di altri ormoni, come quelli della tiroide, il progesterone, il cortisolo e la prolattina.
Dal punto di vista psicorelazionale, il crollo dell’umore è più probabile quando la donna è giovane o immatura, ha avuto un parto difficile o traumatico, è single e non riceve aiuto dalla famiglia o dagli amici, ha disturbi d’ansia o di personalità, abusa di alcol o droghe.

Quando ci troviamo di fronte a una vera depressione puerperale, e non a un malessere passeggero?

Per accertarlo si utilizza un algoritmo abbastanza semplice e intuitivo, che permette anche ai familiari di farsi un’idea della situazione. La diagnosi di depressione puerperale è probabile se sono presenti quattro o più dei seguenti sintomi:
- repentini sbalzi di umore;
- perdita di interesse per il neonato;
- difficoltà di concentrazione e decisione;
- agitazione psichica e irrequietezza;
- astenia;
- aumento o scomparsa dell’appetito;
- disturbi del sonno: insonnia o, al contrario ipersonnia;
- ricorrenti pensieri di morte o di suicidio;
- sentimenti di inadeguatezza e sensi di colpa nei confronti del bambino;
- ansia eccessiva nei confronti della salute del neonato.

Come si cura?

Quando sono in gioco fattori prevalentemente biologici, la terapia più efficace si basa sulla combinazione di estrogeni e antidepressivi (triciclici o modulatori selettivi della ricaptazione della serotonina, SSRI), sotto stretto controllo medico. E’ inoltre importante aiutare la neomamma nella cura del bambino, coinvolgendo non solo le nonne, se ci sono, ma anche il partner, gli altri familiari ed eventualmente l’assistenza sociale. Una presenza affettiva rassicurante è infatti un potente fattore di guarigione, perché aiuta a vincere il senso di solitudine e inadeguatezza, amplifica i benefici dei farmaci e riduce la probabilità di ricadute. Quando emergano gravi problemi psicorelazionali, può essere indicata anche una psicoterapia.

Quanto è importante curarsi bene e per tempo?

Una terapia tempestiva è importante, perché una depressione puerperale non curata mette in pericolo l’equilibrata crescita del piccolo. Una mamma depressa e distaccata, infatti, priva il neonato di quel nutrimento d’amore, fatto di sguardi, sorrisi, carezze, coccole, abbracci, parole, che è essenziale per il suo sviluppo intellettivo ed emotivo. Inoltre, i figli delle mamme depresse corrono maggiori rischi nella vita quotidiana: recenti studi indicano, nei primi tre anni di vita, un aumento del 44% dei consulti di emergenza per incidenti domestici e una riduzione del 20% dei controlli pediatrici periodici e delle vaccinazioni.

I casi di psicosi, invece, come vanno affrontati?

Vanno seguiti in ambiente protetto e con personale specializzato. Dopo la dismissione va dedicata una grande attenzione alle cure domiciliari, perché il rischio di recidive è molto alto anche oltre i due anni dal parto.

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