“Io e mio marito vorremmo tanto avere un figlio. Su Internet però abbiamo letto che molte donne, in gravidanza, si ammalano di diabete. Dato che mia madre e mia nonna hanno avuto entrambe questa malattia, quante probabilità ho di diventare diabetica anch’io? Quali rischi correrebbe il mio bambino? E che cosa potrei fare per non ammalarmi?”.
Valeria 83
Valeria 83
Gentile Valeria, capisco la sua preoccupazione: il diabete ha in effetti una significativa componente ereditaria. Come ripeto sempre alle mie pazienti, però, predisposizione genetica non vuol dire destino ineluttabile: l’espressione dei geni, infatti, è modulata dalla qualità degli stili di vita e dalle circostanze ambientali. La prevenzione è quindi un alleato preziosissimo anche in questo caso!
Il diabete è una malattia caratterizzata da un’eccessiva concentrazione di glucosio nel sangue, dovuta a insufficienti livelli di insulina, un ormone secreto dalle cellule “beta” del pancreas e indispensabile per il metabolismo degli zuccheri. Il diabete di tipo 1 (insulino-dipendente), più frequente nei giovani, è scatenato da infezioni e/o malattie autoimmuni che distruggono le cellule pancreatiche di tipo beta (quelle che producono insulina): questo determina una pressoché totale mancanza di questo prezioso ormone. Il diabete di tipo 2 (alimentare) è normalmente provocato da un eccesso di zuccheri e carboidrati, che induce un’insufficiente produzione di insulina e una ridotta sensibilità dei tessuti alla sua azione (insulino-resistenza). Il diabete gestazionale compare nel 7-14% delle gravidanze e normalmente si risolve dopo il parto: però espone la mamma e il bambino a gravi rischi e, nel 30-40% dei casi, predispone la donna a sviluppare un diabete di tipo 2 entro 5-10 anni dal parto.
Le donne più a rischio di diabete gestazionale sono quelle con maggiore circonferenza addominale, segno di un alterato metabolismo degli zuccheri. Il tessuto adiposo produce infatti una serie di sostanze che concorrono allo sviluppo dell’insulino-resistenza; inoltre è caratterizzato da uno stato di infiammazione cronica che peggiora ulteriormente questa resistenza. Altri fattori di rischio sono l’eccesso di peso, la familiarità, l’avere già avuto un diabete gestazionale o un neonato di peso superiore a 4 chili, una glicemia a digiuno alterata (fra 110 a 125 mg/decilitro), l’ipertensione arteriosa e l’appartenenza a gruppi etnici ad alto rischio (ispaniche, asiatiche, africane). Anche l’età predispone alla malattia, perché le alterazioni ormonali legate alla menopausa aumentano l’impermeabilità delle cellule al glucosio.
Il diabete gestazionale determina un maggior rischio di aborto (solo nelle donne che non controllano la glicemia, o in caso di gravi complicazioni) e di malformazioni congenite (2.5-3 volte nelle donne già diabetiche prima del concepimento e 1.8 volte in quelle che si ammalano in gravidanza). Accresce il rischio di rottura prematura del sacco amniotico e parto pretermine, e di gestosi gravidica. E altera il metabolismo del bambino, che nasce più grande del normale (“macrosoma”), quindi con un parto più problematico e a volte traumatico, e con una maggiore probabilità di sviluppare a propria volta un diabete di tipo 2 nell’infanzia o in età adulta.
Cara Valeria, per prevenire tutti questi problemi è giustissimo “preoccuparsi”, come fa lei, e quindi agire per tenere sotto controllo la glicemia e ridurre il peso corporeo, con la giusta dieta e il movimento fisico quotidiano, così da iniziare la gestazione in forma e con un metabolismo ottimale (vedi box). Durante la gravidanza, è poi fondamentale una diversa distribuzione dei pasti, sia per non ingrassare troppo (non è vero che la gestante deve mangiare per due!), sia per garantire al piccolo il giusto livello di glicemia. Il menu ideale è: al mattino latte, yogurt e cereali; alle 11, una bella spremuta; a pranzo carne, pesce e verdure; a metà pomeriggio: un frutto; a cena: carboidrati e ancora gli amici cereali o legumi, un uovo o una piccola porzione di formaggio (se non si è intolleranti al latte e ai latticini). Seguendo queste semplici regole, una donna anche ad alto rischio può non ammalarsi; e se nonostante tutto sviluppa comunque il diabete, ha una probabilità del 95% di avere una gravidanza serena e un bambino perfettamente sano.
Il diabete è una malattia caratterizzata da un’eccessiva concentrazione di glucosio nel sangue, dovuta a insufficienti livelli di insulina, un ormone secreto dalle cellule “beta” del pancreas e indispensabile per il metabolismo degli zuccheri. Il diabete di tipo 1 (insulino-dipendente), più frequente nei giovani, è scatenato da infezioni e/o malattie autoimmuni che distruggono le cellule pancreatiche di tipo beta (quelle che producono insulina): questo determina una pressoché totale mancanza di questo prezioso ormone. Il diabete di tipo 2 (alimentare) è normalmente provocato da un eccesso di zuccheri e carboidrati, che induce un’insufficiente produzione di insulina e una ridotta sensibilità dei tessuti alla sua azione (insulino-resistenza). Il diabete gestazionale compare nel 7-14% delle gravidanze e normalmente si risolve dopo il parto: però espone la mamma e il bambino a gravi rischi e, nel 30-40% dei casi, predispone la donna a sviluppare un diabete di tipo 2 entro 5-10 anni dal parto.
Le donne più a rischio di diabete gestazionale sono quelle con maggiore circonferenza addominale, segno di un alterato metabolismo degli zuccheri. Il tessuto adiposo produce infatti una serie di sostanze che concorrono allo sviluppo dell’insulino-resistenza; inoltre è caratterizzato da uno stato di infiammazione cronica che peggiora ulteriormente questa resistenza. Altri fattori di rischio sono l’eccesso di peso, la familiarità, l’avere già avuto un diabete gestazionale o un neonato di peso superiore a 4 chili, una glicemia a digiuno alterata (fra 110 a 125 mg/decilitro), l’ipertensione arteriosa e l’appartenenza a gruppi etnici ad alto rischio (ispaniche, asiatiche, africane). Anche l’età predispone alla malattia, perché le alterazioni ormonali legate alla menopausa aumentano l’impermeabilità delle cellule al glucosio.
Il diabete gestazionale determina un maggior rischio di aborto (solo nelle donne che non controllano la glicemia, o in caso di gravi complicazioni) e di malformazioni congenite (2.5-3 volte nelle donne già diabetiche prima del concepimento e 1.8 volte in quelle che si ammalano in gravidanza). Accresce il rischio di rottura prematura del sacco amniotico e parto pretermine, e di gestosi gravidica. E altera il metabolismo del bambino, che nasce più grande del normale (“macrosoma”), quindi con un parto più problematico e a volte traumatico, e con una maggiore probabilità di sviluppare a propria volta un diabete di tipo 2 nell’infanzia o in età adulta.
Cara Valeria, per prevenire tutti questi problemi è giustissimo “preoccuparsi”, come fa lei, e quindi agire per tenere sotto controllo la glicemia e ridurre il peso corporeo, con la giusta dieta e il movimento fisico quotidiano, così da iniziare la gestazione in forma e con un metabolismo ottimale (vedi box). Durante la gravidanza, è poi fondamentale una diversa distribuzione dei pasti, sia per non ingrassare troppo (non è vero che la gestante deve mangiare per due!), sia per garantire al piccolo il giusto livello di glicemia. Il menu ideale è: al mattino latte, yogurt e cereali; alle 11, una bella spremuta; a pranzo carne, pesce e verdure; a metà pomeriggio: un frutto; a cena: carboidrati e ancora gli amici cereali o legumi, un uovo o una piccola porzione di formaggio (se non si è intolleranti al latte e ai latticini). Seguendo queste semplici regole, una donna anche ad alto rischio può non ammalarsi; e se nonostante tutto sviluppa comunque il diabete, ha una probabilità del 95% di avere una gravidanza serena e un bambino perfettamente sano.
Diabete ed ereditarietà
Nella popolazione generale la probabilità di avere il diabete di tipo 1 è dello 0,4%. Ma sale all’1-2% se ne è colpita la madre, al 3-6% se ne soffre il padre, al 6% se è colpito un fratello. Il rischio sale al 36% in caso di gemelli monozigoti. Nel tipo 2, la concordanza fra gemelli identici sale al 60-80%.
Questi valori confermano l’esistenza di una forte predisposizione genetica, anche se poi – come abbiamo visto – nello sviluppo del diabete di tipo 2 conta moltissimo la cattiva alimentazione e la mancanza di movimento fisico. La patologia, inoltre, sembra essere “poligenica”, ossia dipendente dall’espressione di più geni coinvolti nella produzione di insulina e nel metabolismo del glucosio.
Questi valori confermano l’esistenza di una forte predisposizione genetica, anche se poi – come abbiamo visto – nello sviluppo del diabete di tipo 2 conta moltissimo la cattiva alimentazione e la mancanza di movimento fisico. La patologia, inoltre, sembra essere “poligenica”, ossia dipendente dall’espressione di più geni coinvolti nella produzione di insulina e nel metabolismo del glucosio.
Le tre regole d'oro per una gravidanza serena
a) Automonitoraggio della glicemia: oggi esistono strumenti di misurazione semplici, economici e accurati, capaci di fornire l’esito nel giro di pochi secondi
b) Alimentazione: è consigliabile essere in perfetta forma (=normopeso per l’altezza) già prima del concepimento. E’ poi indispensabile che il progressivo aumento di peso rimanga contenuto: circa 1 chilo al mese nei primi tre mesi, 1 chilo e trecento grammi/mese nei secondi tre, un chilo e mezzo negli ultimi tre, così da avere un incremento complessivo di 10-12 chili al massimo
c) Movimento fisico: aiuta a non ingrassare troppo e ottimizza l’utilizzo periferico dell’insulina. Studi recenti indicano che le donne fisicamente attive presentano un rischio di diabete gestazionale più che dimezzato rispetto a quelle sedentarie: ben il 56% in meno, percentuale che sale addirittura al 76% se la donna fa almeno 4 ore di sport alla settimana
b) Alimentazione: è consigliabile essere in perfetta forma (=normopeso per l’altezza) già prima del concepimento. E’ poi indispensabile che il progressivo aumento di peso rimanga contenuto: circa 1 chilo al mese nei primi tre mesi, 1 chilo e trecento grammi/mese nei secondi tre, un chilo e mezzo negli ultimi tre, così da avere un incremento complessivo di 10-12 chili al massimo
c) Movimento fisico: aiuta a non ingrassare troppo e ottimizza l’utilizzo periferico dell’insulina. Studi recenti indicano che le donne fisicamente attive presentano un rischio di diabete gestazionale più che dimezzato rispetto a quelle sedentarie: ben il 56% in meno, percentuale che sale addirittura al 76% se la donna fa almeno 4 ore di sport alla settimana